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Malgrado il liceo classico…

Machismo, incultura, pefino scarso senso politico: alle radici del disgustoso sessismo del Presidente della Lega

Alessandro Savoi con Alessia Ambrosi prima del tradimento

L’Adige del 21 marzo ha stilato un breve elenco delle trascorse intemperanze di Alessandro Savoi; noi, esattamente un anno fa, avevamo dedicato un’intera pagina ad un’antologia di questi suoi eccessi (“Alessandro Savoi, 6 mesi d’amore”). E sono entrambe liste che comprendono solo quanto di scritto ha lasciato l’ormai ex presidente della Lega trentina, senza tener conto degli show in Consiglio provinciale (dito medio rivolto ai colleghi ed altri gestacci).

Savoi, che presentandosi su Facebook ci informa di aver fatto il liceo classico, è solito alternare i suoi insulti a bersagli collettivi (“Le Sardine puzzano”, “I Cinque Stalle ignoranti e stupidi”, sindacalisti “parassiti”, ecc.) ad aggressioni ad personam: “Zingaretti e Di Maio: pagliacci da circo!”. “Vergognati, Boschi, fai pena, anzi schifo”, Ugo Rossi “pirla”, Danilo Fenner “zecca rossa... bastardo”. Il tutto accompagnato da una singolare affermazione: “Dove c’è la Lega c’è la civiltà di amore. Dove c’è la sinistra c’è solo miseria e rancore”.

Finora però le reazioni a queste sfuriate erano sempre state molto blande, a volte semplicemente divertite; indicativo in proposito questo commento di Maurizio Fugatti ad una delle sparate più fragorose: “Conoscete Savoi, sapete com’è fatto”.

Ma l’ultima corbelleria, il pesante insulto a due colleghe consigliere passate dalla Lega a Fratelli d’Italia dopo l’ingresso nel governo del partito, ha indignato tutti, facendo notizia fin nei quotidiani nazionali e costringendo Savoi a dimettersi da presidente della Lega, non essendo state sufficienti le consuete scuse ipocrite.

Alla domanda di un cronista se la Lega abbia un problema di classe dirigente, l’on. Diego Binelli ha spiegato che il suo partito “è formato da gente preparata e valida. Ma è chiaro che un partito cresciuto fin oltre il 30% abbia problemi nel garantire più rappresentanza nelle istituzioni”. Peccato che Savoi non sia proprio l’ultimo arrivato: è tra i fondatori della Lega in Trentino, consigliere provinciale, ex segretario e fino a ieri presidente.

In tema di sessismo leghista c’era già stata un’eloquente anteprima qualche tempo fa con la foto, comparsa oltretutto alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne, di una torta di compleanno guarnita con la scritta “W la Lega – W la f...” (i pudibondi puntini sono nell’originale), con sullo sfondo Savoi, Mirko Bisesti e Gianluca Cavada che sorridono soddisfatti per la simpatica trovata. E se chi osò obiettare si ebbe come replica la consueta giustificazione (“Lasciamo che la gente si diverta come vuole”. “Non potete togliere alla gente un pizzico di sana goliardia”), da Savoi si trovò qualificato di “culattone”.

Dietro queste manifestazioni di becero machismo ci sono diverse cose: una carenza culturale in senso lato, che però con qualche avvertenza si riuscirebbe forse a mascherare mantenendosi nell’ambito della decenza. Ma se a quella lacuna si somma uno scarso intuito politico, la frittata è fatta. Voglio dire: in tempi di “Me Too” e di femminicidi quotidianamente in prima pagina, come poteva pensare, il buon Savoi, di poter definire “troie” due colleghe consigliere senza che gli crollasse addosso il mondo? “La cultura politica – scrive il direttore dell’Adige - è quella che non ti fa fare certi errori, che ti fa analizzare bene le cose prima di uscirtene con determinate frasi”. Insomma, se non sei un Einstein, almeno fatti furbo!

A condire questa sgradevole miscela di manchevolezze, per finire, una assenza di empatia nei confronti del prossimo che facilmente si traduce in xenofobia.

E in questo anche una delle vittime di Savoi, Katia Rossato, ha saputo distinguersi in una delle sue rare uscite pubbliche: quando ha lamentato che le famiglie di immigrati residenti nel suo quartiere (Vela) “girano per il paese e occupano il parchetto... Utilizzano i posti che erano nostri... Si sono appropriati dei nostri spazi”. Una tipica lagnanza leghista, che comunque troverà pieno consenso anche nel suo nuovo partito.

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