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Una pizzetta da 280 euro

Barbara Unterhofer, Sadbhavana Pfaffstalle

Egregio presidente Kompatscher, siamo due cittadine pendolari che ogni giorno, nel rispetto delle misure di sicurezza, si recano al lavoro a Bolzano. Seguiamo con preoccupazione lo sviluppo degli effetti del negli ospedali, per fortuna, per ora, sempre da distanza. Da mesi i nostri contatti sono limitati. Indossiamo la mascherina, da tempo non sappiamo più cosa sia un abbraccio. Lo accettiamo, sempre nella speranza che prima o poi usciremo da questa situazione. E questo succederà solo se spingiamo tutti nella stessa direzione, come ripete Lei da mesi.

Tutte e tutti siamo diventate/i esperte/i del saluto senza contatto. Se incrociamo qualcuno lo evitiamo, spesso, da pedone, invadendo la corsia delle auto. Vedremo per quanto sopravviveremo incolumi.

La nostra vita sociale è ormai ridotta al minimo. Non ci lamentiamo. Aspettiamo con fiducia e speranza il vaccino.

Rispettiamo l’enorme prestazione del personale medico e di cura.

In questo periodo la nostra settimana si svolge in questo modo: lavoro, viaggio in treno, restare a casa. Eppure non possiamo rinunciare al cibo.

Da mesi ci arrangiamo con un mix di pasti precotti, inbis e panini. Ma una pausa pranzo sana, interrompere per un’ora l’attenzione dal lavoro sono fondamentali per il fisico e per la psiche di ogni persona.

L’unica cosa che ci concediamo al momento è, una volta alla settimana, mangiare un boccone insieme all’aperto.

Ci sediamo ognuna ai lati di una panchina e sorridiamo dell’elefantino che deve avere spazio tra di noi. Da settimane questo appuntamento è l’highlight della nostra settimana. Solo che ieri, 11 marzo, si è fermata una pattuglia della polizia davanti alla “nostra” panchina. Da lontano ci è stata scattata una foto a cui è seguito l’ammonimento che non è permesso mangiare all’aperto, né da soli né in compagnia. Il tutto coronato con una multa di 280€ a testa.

Ora, noi siamo entrambe sostenitrici delle regole, soprattutto quando queste hanno un senso. E il senso di questa regola lo vorremmo davvero capire. Signor Kompatscher, per favore, ci spieghi perché mangiando una pizzetta all’aperto contribuiamo alla diffusione del virus. Perché ci è stato detto che dovevamo mangiare in uno spazio chiuso. Significa quindi che dobbiamo rinchiuderci in due in un ufficio? Cosa che tra parentesi poi abbiamo fatto.

Signor Kompatscher, così ci sta perdendo. E questo significa che sta perdendo tutti coloro che vogliono partecipare e che prendono la situazione seriamente; tutti coloro che non reagiscono di riflesso o con spirito di ribellione. Tutti coloro che portano la mascherina con convinzione, che non abbracciano e non toccano i loro cari. Ma non ci tolga questo pizzico di umanità che ci è rimasto. Rinunciamo a molte cose, ma il rischio è che non ce la facciamo più.

L’episodio di ieri è stato il triste coronamento delle esperienze vissute in tutto l’anno passato.

Trovare il giusto equilibrio tra salute psichica e fisica e libertà è come fare una passeggiata su una fune, ci è chiaro. E non la invidiamo. Ma, per favore, non ci tagli la fune completamente. È l’unica cosa che ci resta.

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