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QT n. 10, ottobre 2020 Servizi

Per salvare gli affreschi di Trento

Avviato il progetto “Trento città dipinta”, che si propone di censire, catalogare e studiare lo straordinario patrimonio di facciate affrescate di Trento. Ne parliamo con lo storico dell’arte Ezio Chini, coordinatore del progetto.

Palazzo Geremia.

Italia Nostra, Sezione trentina, ha annunciato l’avvio del progetto “Trento Città Dipinta”, sul quale tu personalmente sei intervenuto più volte - anche con un saggio su “Art e Dossier” giusto un anno fa (nel numero di settembre del 2019) - lanciando un allarme sullo stato di degrado di questo patrimonio raro, che fa di Trento un caso tra i più notevoli di città affrescata.

Sul tema vorrei iniziare riportando qualche frase di quanto scritto da Innocenzo Cipolletta, in modo illuminato e autorevole, sul Sole 24 Ore del 31 ottobre 2019: “Ho sempre pensato che anche l’Italia avrebbe bisogno di una legge che rendesse obbligatoria, con qualche sovvenzione, la pulizia e la manutenzione periodica delle facciate dei palazzi delle nostre città (...) Si potrebbe avviare un progetto di miglioramento estetico delle nostre città, di salvaguardia del nostro patrimonio artistico (...) e si creerebbe una domanda permanente che farebbe nascere nuove tecnologie, nuove imprese, nuove professioni e nuovo lavoro. (...) Le facciate dei palazzi non appartengono solo ai legittimi proprietari. Esse appartengono agli abitanti che risiedono nelle città, ai turisti che le visitano, e più in generale al Paese tutto”.

Considerato il degrado o addirittura il rischio di perdita irrimediabile di molte facciate affrescate, da tre anni, la sezione trentina di Italia Nostra sta cercando di prendersi cura in modo diretto del problema. L’associazione non può e certo non vuole assumersi funzioni e compiti che spettano per legge alla pubblica amministrazione e ai suoi organi tecnici di tutela; ma non può rinunciare a porsi come stimolo (e come catalizzatore di svariate energie culturali) perché si giunga presto a un deciso cambio di rotta su questi temi. Pertanto promuove il censimento di tutte le testimonianze pittoriche esterne (le più soggette a degrado) degne di un minimo di attenzione: dai frammenti sparsi e trascurati alle intere facciate dipinte rinascimentali; dai decori murali del secolo XIV a quelli del XXI. Da intendersi come una sorta di “dono” alla cittadinanza: si salva, si protegge e si valorizza solo ciò che si conosce e di cui si ha piena consapevolezza. Anche per questo è in atto da qualche tempo una importante collaborazione con l’Università di Trento, con il Comune e il suo Archivio storico, e con la Soprintendenza per i beni culturali. Da quest’ultima ci si attendono soprattutto una verifica tecnica sullo stato conservativo dei dipinti e la possibilità di accesso e utilizzo degli archivi fotografici e delle vecchie documentazioni di restauro. Due aspetti davvero essenziali.

A quando risalgono gli ultimi interventi di salvaguardia, e ci sono ora le condizioni per un impegno sistematico su questo fronte?

A Trento l’attenzione verso la pittura murale esterna è stata esemplare negli ultimi due decenni del Novecento, sia per gli studi (fra cui l’ottimo, ma ormai invecchiato, “Luochi della Luna”, edito nel 1988) che per i numerosi interventi di risanamento promossi, finanziati e curati dal Comune e dalla Provincia. Restauri importanti ma anch’essi ormai “invecchiati”. Infatti col passar del tempo il degrado ha ripreso a manifestarsi, al punto che molti di questi decori murali sono a rischio di perdita.

Ciò sta accadendo per varie ragioni e fra esse è certamente importante l’inquinamento atmosferico; ma soprattutto sono stati trascurati, nel corso del tempo, i controlli dello stato di conservazione e ogni manutenzione pianificata.

Vorrei aggiungere una cosa fondamentale, a mio avviso: la cittadinanza, nel suo insieme, nel suo assetto culturale e nella relativa élite (fin troppo passiva sui problemi dei beni culturali), ma anche e soprattutto nell’apparato politico e amministrativo che dovrebbe gestire la tutela, non sembra aver preso piena coscienza del valore straordinario di Trento quale città d’arte.

Particolare degli affreschi di casa Cazzuffi Rella.

L’importanza del patrimonio decorativo della Trento storica è stata forse meglio compresa dai visitatori esterni che dai suoi abitanti e amministratori?

Fin dal secolo XVI i visitatori, i viaggiatori, gli eruditi, gli storici d’arte (fra essi Cesare Brandi) hanno posto in evidenza con ammirazione il sorprendente fenomeno dell’uso di dipingere le facciate delle case e delle residenze signorili, consuetudine che si ispirava soprattutto alle città del Veneto. Proprio in questi tempi sto per pubblicare una testimonianza preziosa: un libro di Pierre Le Monnier che nel 1614 fece stampare i ricordi risalenti a qualche anno prima. Nella primavera del 1610 infatti passò per Trento diretto al Nord, nelle Fiandre francesi; prese nota, fra l’altro, di ben tre case affrescate della metà del Cinquecento, purtroppo non più esistenti, tutte affacciate sulla piazza del Duomo.

Si tratta di un progetto editoriale che presuppone un impegnativo lavoro di censimento delle opere sulle facciate. Come si articolerà il progetto? Come e chi gestirà il progetto? Ci sono dei modelli di metodo e di organizzazione cui fare riferimento?

Il progetto è certo ambizioso, ma di sicuro è irrinunciabile. Prevede in primo luogo un esito a stampa, possibilmente entro il 2021; ossia un atlante in grado di documentare uno per uno tutti i dipinti. Ad esso si aggiungerà una versione digitale. Un punto di riferimento, ma sia detto con modestia, per noi è l’eccellente volume “Treviso Urbs Picta”, edito tre anni fa con il sostegno della Fondazione Benetton Studi e Ricerche e curato da Chiara Voltarel e Rossella Riscica. Al libro è annessa una poderosa banca dati consultabile on line.

Il progetto è complesso, ma può essere realizzato in tempi ragionevoli. A patto che vogliamo veramente bene alla nostra città e alla sua storia, che crediamo nei messaggi che le raffigurazioni continuano a inviarci dal passato. Per dirci, fra l’altro, che dovremmo valorizzare meglio, anche a fini di promozione turistica e di prestigio cittadino, questi doni che ci provengono da tempi lontani. Da un sano atteggiamento di cura e rispetto delle nostre ricchezze culturali e dall’attuazione in tempi brevi di manutenzioni e restauri secondo criteri di priorità dipendono la conservazione oppure la perdita graduale, ma irreversibile, di un tesoro di storia e di arte; ossia la perdita della stessa identità storica della città di Trento.

Sono state finora individuate poco più di 140 testimonianze pittoriche (in stato di conservazione molto variabile, dal buono al pessimo) all’esterno di edifici: pubblici, privati e di enti diversi, compresi quelli ecclesiastici come le chiese. È stato formato un comitato scientifico di esperti, con funzioni di supervisione e di consulenza: è composto da Ezio Chini (come coordinatore del progetto, affiancato da Salvatore Ferrari), da Aldo Galli e Denis Viva (docenti all’Università di Trento), da Francesca Raffaelli (restauratrice della Soprintendenza per i beni culturali), da Roberto Perini (restauratore, già della Soprintendenza per i beni culturali), Franco Cagol (Archivio Storico del Comune di Trento) e Daniela Dalla Valle (esperta in biblioteconomia).

Pittore veneto (?), San Rocco, (ottavo decennio del sec. XVI). Affresco sulla facciata di una casa in piazza Pasi (proprietà Niccolini), messo in luce e restaurato nel 2020.

La schedatura delle oltre 140 opere è affidata a un gruppo di studiosi, comprendente un buon numero di giovani laureati in storia dell’arte, che generosamente, senza alcuna garanzia di remunerazione, hanno aderito al progetto. Finora hanno assicurato il loro contributo: Giuseppe Sava, Pietro Marsilli, Vittorio Fabris, Elisabetta Doniselli, Giulia Gambarotto, Sara Retrosi, Lavinia Larcher, Chiara Tozzi, Silvia Coraiola, Chiara Radice, Sara Tonni, Nicolò Faccenda, Alessandra Campestrini, Valentina Delbianco.

Occorre aggiungere che il lavoro prevede anche un breve profilo di carattere storico sulla città di Trento in connessione con la produzione artistica e una riflessione sulle antiche relazioni d’arte con il territorio veneto; inoltre, finora mai effettuata, la raccolta completa e commentata delle fonti, a partire dalle più antiche, relative alle decorazioni murali.

È un’operazione che richiede un impegno finanziario notevole. Come e dove pensate possano essere recuperate le risorse necessarie?

Già ci siamo assicurati alcune risorse esterne a Italia Nostra, che non dispone di finanziamenti pubblici, come è noto, e si basa sul volontariato culturale. Contiamo di reperire risorse partecipando a bandi pubblici e rivolgendoci all’imprenditoria privata, a fondazioni e a istituti di credito del territorio. Ma contiamo anche sulla sensibilità della nuova amministrazione comunale appena eletta.

Le decorazioni pittoriche di Trento, fatto salvo il loro valore di documento, sono però assai differenziate in termini di valore artistico. Quali vanno considerate assolutamente imperdibili?

Quanto dici è fuori di dubbio. La parte del leone comunque spetta alla piena età rinascimentale, ossia al secolo XVI, con molti edifici importanti, purtroppo in gran parte in degrado. Basta ricordare il Palazzo Del Monte (di proprietà privata) con le sue due magnifiche e deperitissime facciate poste ad angolo, su una delle quali campeggia lo stemma imperiale di Massimiliano. Il monarca asburgico è protagonista, anche degli affreschi di palazzo Geremia (sede di rappresentanza del Municipio di Trento). Inoltre le due case con portici nella piazza del Duomo, di proprietà privata. Senza trascurare la deliziosa, quattrocentesca Casa Balduini, posta di fronte. Tutte queste facciate appartengono a quanto di meglio l’arte italiana del Rinascimento produsse nella prima metà del Cinquecento, in questo ormai raro e prezioso genere di decorazioni.

Il progetto si occuperà degli aspetti di censimento, catalogazione e salvaguardia, o produrrà anche una rinnovata analisi critica sul livello qualitativo e sul significato storico delle opere?

Il progetto mira anche, per quanto possibile, a produrre nuovi dati sulla storia della città con una rinnovata analisi critica dei dipinti murali, ma noi tendiamo soprattutto a un aggiornamento e a una sintesi delle conoscenze finora acquisite in tante ricerche su palazzi ed affreschi. L’obiettivo più urgente, è quello del censimento: si tratta di costruire per ogni dipinto una “carta d’identità” che contenga i dati essenziali in una decina di voci: sarà la base sulla quale poggerà, si spera, l’auspicata azione di salvaguardia e recupero ed anche ogni ulteriore indagine.

Il libro e gli altri esiti del progetto, potranno anche dare luogo a nuovi strumenti divulgativi che consentano una rinnovata lettura della città e della sua storia?

Certamente l’aspetto della buona divulgazione non sarà trascurato. Essa va di pari passo con l’”Educazione al patrimonio”, un progetto nazionale di Italia Nostra ormai in atto da anni. Va detto poi che la nostra Associazione sta collaborando con il FAI per l’attuazione dell’importante progetto formativo destinato agli studenti più giovani che prende il nome di “Apprendisti Ciceroni”. Il tema scelto per la città è proprio la “narrazione” al pubblico delle case affrescate.

Recentemente sono stati scoperti e messi in luce brani di affresco su una facciata in piazza Pasi. Puoi dirci qualcosa al riguardo? E quante probabilità ci sono che altri affreschi emergano da lavori di restauro delle facciate di Trento?

La scoperta è recente, del tutto inaspettata e di grande importanza. Sotto diversi strati di tinta (l’ultimo era del 1983) è emersa una intera facciata affrescata del tardo Cinquecento. Pur danneggiata dall’ampliamento (forse ottocentesco) delle finestre, la decorazione murale è ancora ben apprezzabile.

Fu realizzata probabilmente poco dopo l’epidemia di peste che colpì Trento nel 1574 e nel 1575: un ringraziamento alla Madonna di Loreto per la cessazione del contagio, che infierì terribilmente in Italia, specie a Venezia nel 1576. Proprio questa rivista ne ha dato ampia notizia (luglio 2020) quando i lavori di recupero e di restauro erano ancora in corso. Sono terminati nei primissimi giorni di settembre.

A Trento alcune antiche case hanno ancora vecchi intonaci e vetuste tinteggiature; può darsi che al di sotto esistano decorazioni di pregio. Una di queste facciate, quella sopra la farmacia Gerloni, in piazza del Duomo, è in restauro proprio in questi giorni.

C’è anche un fenomeno contemporaneo della pittura murale, che riguarda soprattutto le periferie. Cosa ne pensi?

Sono decorazioni realizzate specie negli ultimi trent’anni. Si trovano sia a Trento che in centri minori, anche periferici, nelle valli; si possono ricordare, come esempio ben noto, i dipinti murali di Balbido, nel Bleggio superiore. In genere sono di pregio variabile; ma non poche mostrano una fattura raffinata; comunque meritano considerazione e salvaguardia. Infatti il nostro progetto di censimento tiene conto anche dei dipinti significativi realizzati a Trento fra il 1950 e il 2020.