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Resistere, ma come?

Le manifestazioni di piazza non si traducono in impegno quotidiano sul fronte del lavoro

Walter Ferrari

Ho letto con molto interesse l’editoriale del numero di maggio di Questotrentino e concordo con Ettore Paris quando afferma che qualche cosa “non ci convince” nella partecipazione, pur “segnata da un convinto concorso di giovani”, alle manifestazioni del 25 aprile.

Purtroppo, alle manifestazioni di piazza nelle quali sventolano le bandiere dei partiti che si definiscono di sinistra e quelle della Cgil, non corrisponde quasi mai un reale impegno quotidiano sul fronte del lavoro. Ed è su questo fronte che il Capitale ha condotto in questi anni la sua offensiva principale determinando appunto il deprezzamento, la precarizzazione e lo svilimento del lavoro salariato. Così come è sulle conseguenze di tutto questo che le destre europee stanno conducendo la loro vittoriosa offensiva politica, appunto strumentalizzando il disagio di quel 40% della popolazione che “vive un peggioramento delle proprie condizioni di vita”. Addirittura assistiamo ad atteggiamenti che giustificano l’abbandono di una seria politica che si faccia carico degli interessi dei ceti sociali meno abbienti adducendo il fatto che tra essi imperversano idee di destra, confondendo con ciò in maniera interessata i sintomi con la malattia al fine di nascondere dietro a un dito le proprie responsabilità.

Anche nel settore del porfido Cgil e Cisl hanno giustificato con lo scarso seguito operaio la firma di un contratto, nell’autunno 2017, che ha sancito un potenziale arretramento di 40 anni.

Quando però quegli stessi lavoratori, il 4 agosto 2016, respinsero unanimemente la proposta sindacale che si faceva carico non delle loro esigenze ma bensì di quelle padronali, chiedendo il coinvolgimento del Coordinamento Lavoro Porfido (C.L.P.) nella conduzione della vertenza per il rinnovo contrattuale (avviata dalle organizzazioni sindacali. senza il consenso dei lavoratori) e dimostrando con ciò, nonostante tutto, una sufficiente capacità di resistenza, le loro richieste vennero ignorate.

Il Sindacato preferì a quel punto respingere ogni collaborazione con il C.L.P. (al quale si è sistematicamente cercato anche di impedire ogni comunicazione con i lavoratori, all’unisono con l’Ente Sviluppo Porfido, il consorzio che unisce i cavatori) e chiamare in soccorso elementi provenienti dal “mondo di mezzo” per far passare la volontà della controparte, approfittando anche di una inspiegabile quanto sospetta passività dell’Unione Sindacale di Base locale.

Di fronte ad una situazione estremamente grave di degrado del settore, in particolare per quanto riguarda le condizioni di lavoro ma non solo, messa in luce ancora una volta dalla coraggiosa inchiesta iniziata da QT, nessuna formazione politica di sinistra compresa la Cgil ha cercato di contattare il C.L.P. o almeno di rilanciare tra i lavoratori i temi sollevati. Sottolineo il fatto che fin dal 2008 (Comitati Sighel e Dignità) qualcuno aveva posto al centro dell’attenzione proprio le condizioni di lavoro al fine di contrastare certe derive e che nel 2014 il C.L.P. ha messo, non a caso, al centro della propria azione proprio la difesa dei diritti dei lavoratori italiani o extracomunitari che fossero, troppo spesso calpestati nell’indifferenza o con la complicità di chi avrebbe dovuto occuparsene.

Per parte mia penso che la riflessione contenuta nell’editoriale del direttore di QT vada posta al centro dell’attenzione se realmente si vuole fronteggiare “il montare di sentimenti di destra profonda”.

Qui passa la differenza tra la resistenza di cui oggi abbiamo bisogno e la retorica della Resistenza che nasconde solo la volontà di resa.

Walter Ferrari, del Comitato Lavoro Porfido

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