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QT n. 1, gennaio 2019 Cover story

I profughi nel Trentino profondo

Il caso di sette richiedenti asilo approdati a San Lorenzo in Banale, nelle opposte visioni dell’ex-sindaco e di una consigliera leghista.

Elisa Zanoni
San Lorenzo in Banale

San Lorenzo in Banale, il Trentino profondo. Come reagisce all’arrivo dei neri? È una realtà in cui la denatalità è stata compensata dagli immigrati dall’est europeo, soprattutto albanesi. Presentati da alcuni come il male assoluto 30 anni fa, ora sono perfettamente integrati, gestiscono aziende, sono una componente propulsiva del paese. Ora il male sono i neri.

Così, quando nell’aprile 2018 Cinformi, l’agenzia provinciale che dal 2001 si occupa dell’accoglienza dei migranti, ha trasferito 7 richiedenti asilo, provenienti dall’Africa nera, dalla residenza Fersina di Trento ad appartamenti adiacenti all’hotel di San Lorenzo, è scattata la protesta. “Le norme provinciali stabiliscono un rapporto di tre profughi ogni mille abitanti – ci dice Cinzia Parisi, consigliera comunale leghista a Comano - mentre qui abbiamo 7 profughi per una popolazione di 1157 persone. E poi la loro presenza in una struttura adiacente ad un albergo, rischia di danneggiare l’economia dell’hotel e delle zone vicine”.

Il proprietario dell’albergo non era sembrato contrariato nell’affittare i locali, ma tant’è; in una giornata e mezza la Lega ha raccolto 200 firme per una richiesta di referendum consultivo presso il Comune: “Sì o no all’accoglienza di profughi richiedenti asilo sul territorio di San Lorenzo Dorsino”. Il referendum veniva poi dichiarato inammissibile perché non rispettava il diritto italiano e internazionale, ma era comunque indicativo, sostiene Parisi “dei numerosi problemi creati in paese dalla presenza dei sette profughi”.

Valter Berghi, ex sindaco di San Lorenzo dal 1986 al 2005 racconta però una storia diversa: “È stata un’integrazione di successo, che ha portato alla creazione di rapporti personali e lavorativi tra i profughi e le persone offertesi volontarie per gestire l’accoglienza, controllare e aiutare questi ragazzi”.

Soprattutto attraverso due attività: il Progetto Scuola e le attività lavorative. “Il percorso formativo è stato possibile grazie all’apporto di 10/15 volontari, che hanno gestito tre lezioni settimanali. Le barriere culturali erano evidenti, fin nelle piccole cose: a questi giovani risultava difficile concepire le unità di misura, fare di conto, orientarsi davanti a una cartina geografica. I risultati sono stati molto positivi, sia per i profughi che per i volontari, sono nate molte amicizie e tra le fila dei volontari hanno deciso di partecipare diversi ragazzi e ragazze”.

Cinformi ha stipulato anche dei contratti di tirocinio formativo con aziende o strutture turistiche del luogo: 2 alberghi, agritur e la Famiglia cooperativa di San Lorenzo. La collaborazione, limitata al periodo estivo ed esauritasi a dicembre, è andata bene, tanto che alcuni ragazzi sono stati richiamati dagli albergatori per la riapertura invernale.

Non concordo con questo giudizio positivo - obietta Parisi – questo è stato sfruttamento. Il contratto di tirocinio formativo prevede uno stipendio mensile di €150, così gli albergatori o la Famiglia cooperativa risparmiano, e non assumono lavoratori del luogo. Questa è concorrenza sleale da parte di Cinformi”.

Controbatte Berghi: “Il contratto è di 300 euro, e questa è la cifra massima con cui, ovunque, si pagano i tirocinanti”.

C’è poi stato un episodio sgradevole. A metà giugno del 2018, a seguito di un blitz delle forze dell’ordine nella residenza Fersina a Trento, uno dei ragazzi ospitati a San Lorenzo è risultato implicato, e quindi accusato per spaccio di droga durante la sua permanenza nel capoluogo. Cinformi lo ha subito espulso dai suoi programmi e dall’appartamento affittato a San Lorenzo; al richiedente asilo, però, è stato imposto l’obbligo di dimora presso il Comune. Risultato? Oggi viene ospitato dalle persone del luogo.

La piccola criminalità adesca i migranti perché non indipendenti dal punto di vista economico e culturale – commenta Berghi – Ma in paese c’è stata una mobilitazione, che ritengo encomiabile, per aiutare questo ragazzo, che è solare, sprizza simpatia. Lo si è ospitato, e gli sono stati dati diversi lavoretti, che lui svolge con piacere”.

Non concordo. – replica Parisi - Al ragazzo è stato riservato un trattamento di favore, unicamente perché migrante: noi vogliamo parità di trattamento tra cittadini italiani e profughi”.

“Chiariamoci, non siamo qui ad accettare ogni comportamento – ribatte Berghi - ma non vogliamo nemmeno far diventare i profughi dei cani rabbiosi, o peggio, manodopera per la criminalità organizzata. Quello che dobbiamo chiederci è: vogliamo avere un gruppo di fantasmi che vagano in piazza Dante oppure delle persone inserite in contesti comunitari che possano essere di utilità per sé e per gli altri?”.

Noi Lega Trentino crediamo ancora nel motto ‘Aiutiamoli a casa loro’. Chi sbarca sulle coste italiane dovrebbe essere rimandato nel suo paese tramite trattative e accordi bilaterali, per aiutarli meglio”.

Sarà. Noi ci permettiamo di rilevare come la Giunta Fugatti stia invece provvedendo a tagliarli, gli “aiuti a casa loro”.

Comunque, nonostante le divergenze, entrambi i nostri intervistati concordano nel ritenere che, nel complesso, i servizi di Cinformi sono stati positivi per il futuro dei sette profughi. Grazie al servizio di volontariato, hanno potuto raggiungere uno standard minimo di cultura di base e un’esperienza formativa lavorativa.

E la popolazione del paese? Tranne una piccola parte contraria, la maggioranza appare favorevole o mal che vada non ostile alla presenza dei 7 richiedenti asilo. Forse l’esperienza di San Lorenzo, in futuro, verrà considerata una storia di successo nell’integrazione dei disperati che fuggono da guerra e miseria.