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QT n. 12, dicembre 2018 Cover story

Idealisti e neo-autoritari, maschi e femmine, ricchi e poveri: le differenze

Ci sembra di poter dire che la gioventù attuale non solo chiede rispetto, ma cerca anche protagonismo sociale

Un volantino di Bologna del 1968

Tra i nostri 500 studenti, quali sono quelli che si sentono più vicini agli ideali del ‘68? Nelle prime 16 pagine del nostro (lungo) questionario, portiamo una serie di fatti e argomenti, su cui chiediamo valutazioni; nell’ultima poniamo una domanda finale, sui motivi della fine del movimento: essersi trovato “stretto nella morsa delle bombe neofasciste da una parte, dal terrorismo rosso dall’altra”; non riuscire più “a concretizzare le sue idealità nella società”; “movimento idealmente confuso, giustamente finì perchè aveva, fin dall’inizio, poco senso”.

È evidente che chi concorda con l’ultimo giudizio esprime sul ‘68 una valutazione pesantemente negativa (li chiameremo “No 68”); al contrario, chi sottoscrive il secondo giudizio (chiamiamoli “Idealisti”) individua nelle idealità di una nuova società il motore del movimento, con cui sembra trovare, come verificheremo, diverse consonanze; chi invece attribuisce – peraltro in linea con diverse interpretazioni dei media – l’involuzione del movimento all’azione del terrorismo rosso e nero, pur essendo anche molto favorevole al movimento stesso, non attribuisce molta importanza alla sua carica ideale (li chiameremo “Rigidi”).

Difatti, anche nelle risposte alle altre domande, i tre gruppi si dimostrano molto coerenti con il giudizio finale. I No 68 lo sono praticamente su tutti i fronti: condannano (al 57%, venti punti in più degli Idealisti) le occupazioni di scuole e università in quanto atti radicalmente illegali, o episodi di goliardia (50,6%); reputano “idee controproducenti” l’ugualitarismo nella società (59%); e frutto di “un’irrazionale esaltazione collettiva” i collettivi operai-studenti (49% contro il 32% degli Idealisti); la democrazia diretta è “confusione istituzionale” (63%), frutto di “mancanza di realismo”; e liquidano l’estensione planetaria del movimento come effetto di un “lato emotivo che prevalse sulla razionalità” (65%). Addirittura contestano aspetti sociali e di costume che sembrerebbero acquisiti: il 45,6% rimpiange i tempi in cui venivano allontanati dalla scuola gli studenti in jeans; il 47% ritiene il femminismo “uno sgradevole fenomeno passeggero”.

Una gioventù che chiede rispetto

Un volantino del Messico del 1968

Paradossale, ma fino a un certo punto, l’unico punto di contatto tra i No 68 e il movimento di allora, le bocciature a scuola: l’affermazione “Volere che la scuola punti ad insegnare senza bocciare, era giusto. In Italia si continua a bocciare troppo” viene approvata dal 42% (di cui un 21,7 approva “pienamente”) mentre la percentuale scende al 31,9% (con dentro solo un 6,3 di approvazioni “piene”) per gli Idealisti. Insomma, gli anti sessantottini sono per l’ordine e la disciplina in tutti i campi, ma non nello studio. Viceversa, coloro che oggi condividono le idealità sessantottine, distinguono con nettezza (probabilmente anche più di quanto facessero i loro predecessori) carica valoriale e opportunismi spiccioli.

Ora che abbiamo iniziato a delineare alcune caratteristiche dei tre gruppi, vediamo quanto sono consistenti (vedi tabella), e come sono formati al loro interno.

Studenti Idealisti, Rigidi, No 68: chi e quanti sono
Perché il ‘68 è finito?TuttiSecondaQuintaMFValliCittàScuola
ClassicoScientificoLinguisticoTecnicoProfes.
Bombe e terrorismo (Rigidi)20,6%22,3%21,1%22,3%21,1%23,2%20,4%16,9%16,8%20,6%26,1%22,7%
Idealità non più concretizzate (Idealisti)60,5%59,1%68,7%57,9%70,6%60,9%66,7%75,4%77,9%61,9%56,3%54,7%
Movimento senza senso (No 68)13,8%18,6%10,1%19,8%8,3%15,8%13,0%7,7%5,3%17,5%17,6%22,7%

I risultati (inaspettatamente?) danno una robusta maggioranza agli Idealisti, oltre il 60%, e relega a uno sparuto 13,8% i No 68. I due dati ci sembrano significativi e convergenti.

Da una parte i contrari al movimento (al cui interno, come abbiamo visto, è vivace un’ideologia autoritaria, che rimpiange i présidi che decidevano loro come dovessero vestirsi gli studenti) ci sono, ma sono un’esigua minoranza, a evidenziare una gioventù che ancora chiede rispetto. Dall’altra parte coloro che attribuiscono centrale importanza alle idealità come motore dei movimenti (e probabilmente della storia) anche rispetto ad accadimenti drammatici eppur ritenuti meno risolutivi (il terrorismo), costoro rappresentano una larga maggioranza assoluta. Insomma, ci sembra di poter dire che la gioventù attuale non solo chiede rispetto, ma cerca anche protagonismo sociale.

Questa conclusione sembra rafforzata dall’analisi delle risposte del terzo gruppo, i Rigidi. I quali sono favorevoli al movimento, sono in testa nell’approvazione degli slogan (“Studenti operai uniti nella lotta” e “Il potere deve essere operaio” condivisi da quasi l’80% - e un 30% condivisione piena), ma poi si contraddicono nel giudizio sul movimento operaio del ‘69, in cui vedono prevalere “il clima di caos e confusione” (36% concorda parzialmente, e 35% pienamente) oppure cavalcano – meno dei No 68, ma molto più degli Idealisti – l’opportunismo della lotta alle bocciature.

Ma come si differenziano al loro interno, questi tre gruppi? Le differenze sono molto significative, soprattutto se consideriamo i due opposti, Idealisti e No 68. I secondi sono soprattutto maschi (più del doppio delle femmine) e quindicenni; gli Idealisti sono soprattutto ragazze e diciottenni. Già nel numero di giugno avevamo rilevato come la consonanza con il movimento del ‘68 crescesse con l’età e fosse più marcata nelle femmine (globalmente più studiose, determinate, consapevoli dei coetanei maschi, come da mille ricerche e dagli stessi risultati scolastici); la composizione dei tre gruppi lo conferma. Un’altra discriminante la troviamo nella scuola frequentata. I No 68 frequentano soprattutto le scuole professionali (22,7%) pochissimi ai licei, classico (7,7%) e scientifico (5,3%). Al contrario gli idealisti, che raggiungono il massimo nei licei (75-77%) e il minimo nelle professionali (54%).

Le differenze sociali contano ancora

Un volantino tedesco del 1968

Una tendenza di classe già nota cinquant’anni fa (famosa l’invettiva di Pasolini contro i sessantottini “figli della borghesia”) e confermata ancor oggi: le scuole frequentate dalle classi abbienti sono più sensibili a ideali antiautoritari e ugualitari di quelle che preparano a lavori subordinati. La dinamica è confermata se guardiamo il livello d’istruzione dei genitori: i No 68 sono più numerosi (29,3%) tra i ragazzi i cui genitori hanno come titolo di studio più elevato la licenza media inferiore.

Queste considerazioni si ritrovano pari pari, e vengono quindi rafforzate, se si analizzano le risposte alle altre domande: l’adesione ai valori sessantottini è costantemente più flebile nelle scuole professionali rispetto ai licei come agli istituti tecnici.

Ed è vero che questo è dovuto alla differenza di genere (nelle professionali c’è una fortissima prevalenza di maschi), ma solo in parte: i professionali sono praticamente in tutte le risposte meno sessantottini della generalità dei maschi.

Infine un’ultima considerazione: le differenze valli-città. Quando nel lontano 1983 avevamo sviluppato un analogo sondaggio sui consumi culturali degli studenti di allora, i valligiani erano risultati meno evoluti dei cittadini: leggevano di meno, si informavano di meno, seguivano programmi Tv più popolari, ecc. Trent’anni dopo abbiamo riproposto lo stesso sondaggio (aggiornato rispetto ai nuovi media): la differenza valli-città era quasi scomparsa (e d’altra parte, come abbiamo accennato prima, si era ribaltato il rapporto maschi-femmine, con le ragazze che in trent’anni avevano raggiunto e superato i coetanei).

Bene, anche nel sondaggio sul ‘68 le differenze tra residenti in valle oppure nelle città (Trento, Rovereto, Riva) sono molto esili. Esiste una preferenza cittadina verso il ‘68 – ad esempio il 66,7% dei cittadini appartiene al gruppo degli Idealisti, contro il 60,9% dei valligiani; ed ancora, i No 68 sono leggermente più rappresentati in valle, 15,8%, che in città, 13% - ma, nell’insieme delle risposte, le differenze non sono molto significative. Il Trentino dei giovani è molto più omogeneo di una volta. E, dalla nostra ricerca, è ancora idealista.