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QT n. 4, aprile 2018 Servizi

ITAS, due presidenti, pochi cambiamenti

La Mutua ha magagne più gravi del previsto

Hanno fatto un certo scalpore dichiarazioni e memoriali dell’ex presidente di Itas Giovanni Di Benedetto e dell’ex direttore Ermanno Grassi. Dichiarazioni che intendono coinvolgere nelle vicende più controverse della società gli attuali vertici, il presidente Fabrizio Lorenz e il vice Giuseppe Consoli, che sono anche capofila di una delle due liste che concorrono per l’elezione, a fine aprile del nuovo cda della Mutua.

Diciamo subito che queste rivelazioni a noi sembrano solo relativamente importanti. Non tanto perché evidentemente dettate da greve malanimo di chi (Di Benedetto) è stato allontanato dalla società di cui si riteneva padrone; o da chi (Grassi) è addirittura finito in pesanti guai in una vicenda giudiziaria peraltro definitivamente risoltasi con l’assoluzione dell’imputato da tutte le accuse. Ma anche perché testimoniano di pecche e limiti già altrimenti noti. Di Benedetto infatti pubblica messaggi stomachevolmente adulatori inviatigli da Consoli: ma evidenziano un clima da basso impero durante la sua presidenza, di cui si era già a conoscenza; né alcuno pensava che Consoli fosse un uomo tutto di un pezzo. Chiarisce anche che Lorenz percepiva fior di stipendi: a noi non sembra motivo di scandalo alcuno. Sostiene che Consoli in combutta con Grassi lo avrebbero fatto pedinare da un investigatore privato per poi poterlo ricattare: grave accusa, però inficiata dal fatto che non ci sono stati conseguenti sviluppi giudiziari. Infine i due, Di Benedetto e Grassi testimoniano come Lorenz e Consoli fossero perfettamente a conoscenza, nonostante le loro attuali smentite, dell’ultimo fatto oscuro emerso, il prestito di 12,5 milioni concesso nel febbraio 2016 dal gruppo tedesco Vhv, registrato nei libri contabili non come prestito, ma come patrimonio.

Questo ci sembra l’addebito più pesante. Anche se, in vista delle imminenti elezioni, non ci sembra presentare sconvolgenti novità. Infatti è già chiaro (vedi “ITAS: bisogna cambiare” su QT dello scorso febbraio) come quella di Lorenz, per di più appesantita dal ticket con Consoli, sia una candidatura di continuità. Per la storia interna ad Itas del personaggio, per le sue caratteristiche personali, da Fabrizio Lorenz ci si può aspettare che faccia una certa pulizia dentro la società, non che la trasformi. Ulteriore dato che evidenzia un’eccessiva continuità è poi il mantenimento – oltre a Consoli – del direttore generale Raffaele Agrusti, fortissimamente voluto da Di Benedetto in sostituzione di Grassi; tutti segnali che tra molti delegati hanno creato imbarazzo.

D’altronde nemmeno la candidatura concorrente, quella dell’avvocato Girardi - amico di Grassi, da cui aveva ricevuto consistenti incarichi professionali - ci sembra prospettare l’adeguata discontinuità.

Il fatto è che Itas soffre di profondissimi problemi strutturali. Il punto base è che la Mutua è una società senza padroni, governata da un pesantissimo conflitto di interessi. “C’è un problema di governance” ha certificato l’Istituto di Vigilanza sulla Assicurazioni (Ivass). I padroni teorici infatti sono i soci, che però sono centinaia di migliaia, e si esprimono in assemblee organizzate dagli agenti, nei loro uffici, con modalità di convocazione labilissime (basta un cartello appeso in agenzia). Insomma, la compagnia è in mano agli agenti. Il che crea un grave conflitto di interessi, e una potenziale collusione agenti-management difficilmente controllabile, perché il controllo proprietario – quello degli 800.000 soci – è del tutto aleatorio.

Fabrizio Lorenz

È in questa condizione strutturale che sono nate le degenerazioni della gestione Grassi-Di Benedetto. È a questa condizione che si dovrebbe porre rimedio, come ha raccomandato appunto Ivass, e come, a nostro avviso, si è ovviato solo molto parzialmente con le ultime bozze di riforme statutarie.

Su questi argomenti abbiamo intervistato i due candidati.

Fabrizio Lorenz in sostanza rimanda a prossime modifiche statutarie: “Precisiamo subito che gli agenti non determinano i delegati eletti come rappresentati dai soci assicurati. Le assemblee sono convocate dalla direzione (non dagli agenti), tutte nella stessa data. La pubblicazione della convocazione delle assemblee è normata dallo statuto ma già dall’assemblea di ottobre saranno modificate le regole a riguardo, rendendo l’accesso alle informazioni più semplice e immediato anche attraverso le tecnologie digitali e informatiche. Sempre dall’autunno saranno valutate nuove modalità di convocazione individuale dei soci e saranno pubblicate, con congruo anticipo sul sito della Compagnia, tutte le informazioni necessarie.”

Più in generale, la Mutua è degli agenti o dei soci? Al suo interno, quanto si pensa debba contare il settore commerciale?

“Ovviamente la Mutua è dei soci. Gli agenti costituiscono gli intermediari sul territorio che hanno un ruolo commerciale molto importante: permettono lo sviluppo e la crescita della Compagnia fungendo da “acceleratore” in sinergia con la direzione centrale. I soci sono la base di ITAS e proprio per renderli sempre più consapevoli della vita dell’azienda, dall’autunno rafforzeremo il rapporto con i loro delegati per avere rappresentanti sempre più informati e formati, in modo da dare un contributo attivo e qualificante alla nostra Mutua.”

Andrea Girardi

Con l’avvocato Girardi abbiamo trovato più difficile affrontare l’argomento.

“Non credo che io debba parlare attraverso i giornali, Itas è una società, io mi rivolgo ai delegati”

Ma i delegati sono eletti dai soci. Non intende rivolgersi a loro?

“I soci danno il mandato ai delegati attraverso delle assemblee”

Assemblee in cui discuteranno delle linee strategiche della Mutua. E lei non intende rapportarsi con loro?

“Con quelli che lo chiedono, gli altri semplicemente non li conosco. Non è che la mia lista organizza una campagna elettorale di stampo politico.”

Quale ruolo deve avere la struttura commerciale? Non è che attualmente è il commerciale ad avere in mano la società?

“Queste sono le regole attuali, si potrà pensare di cambiarle. Occorrerà confrontarsi, per vedere se quello in vigore è ancora un sistema rappresentativo della mutualità. Il punto decisivo è che noi puntiamo su tre caratteristiche per Itas: alta reputazione, alta professionalità, integrità morale. E sull’ultimo punto ci sono stati cedimenti, e se ne sono visti gli effetti negativi.”

C’è poi l’ultimo risultato da commentare. La società Fitch ha assegnato a Itas il rating BBB, che significa “qualità media: società sensibile alle circostanze avverse del mercato”. Non è una valutazione lusinghiera. Il fatto è che la società, sotto la guida Grassi-Di Benedetto, è cresciuta rapidamente, forse troppo rapidamente: per acquisire le filiali italiane della compagnia inglese Rsa ha emesso un prestito obbligazionario in Irlanda al 7-8%, tasso molto alto, che indica il grado di rischio, la valutazione non lusinghiera degli investitori.

Insomma – chiediamo ai candidati – oltre alla gestione allegra del direttore Grassi, quanto ha inciso la politica di grande espansione di questi ultimi anni? È stata una politica avveduta? Oppure Itas è cresciuta troppo, e troppo in fretta?

“Come compagnia assicurativa italiana, dipendiamo inevitabilmente dal rating assegnato alla nazione di appartenenza - risponde Lorenz - e non possiamo pensare di poterlo superare (a dire il vero Assicurazioni Generali con Fitch ha un rating di A- ndr) ITAS è inserita nel rating solo da alcuni anni ma sempre in modo positivo e soddisfacente nonostante questo limite. Le gestioni poco ortodosse di manager precedenti, non incidono minimamente su compagnie che hanno volumi come i nostri e non intaccano in nessun modo questi parametri. Per quanto riguarda l’espansione, si tratta di un elemento necessario e irrinunciabile anche perché l’evoluzione normativa e gli inevitabili adeguamenti ad essa (anche a livello europeo) hanno aumentato la complessità gestionale degli enti sottoposti a vigilanza come le assicurazioni. Rimanere al passo con queste evoluzioni non sarebbe più possibile con una dimensione aziendale contenuta. Certamente, dopo una crescita pianificata che ha richiesto importanti investimenti, è necessario un consolidamento anche dal punto di vista della solvibilità che, ricordo, è comunque rimasta sempre ben al di sopra dei limiti imposti dalla legge.”

Andrea Girardi: “La compagnia è solida, B non è A, d’accordo, ma la compagnia c’è. In quanto a possibili correzioni di rotta, le valuteremo se e quando saremo al comando. Il nostro gruppo di persone (cui in questi giorni si sono aggiunti rappresentanti del mondo sudtirolese ndr) ha stilato un programma, il che non significa che quanto fatto finora non è stato buono.”

E come valutate l’ingrandimento? È stato positivo oppure una rana che si gonfia fino a scoppiare?

“Itas indubbiamente si è ingrandita di molto, ma è prematuro dire se è stata una scelta vincente. In ogni modo, questa è ormai la società, su questa bisogna lavorare”.

Aggiungiamo un’ultima considerazione. Se occorresse un aumento di capitale perché devono aumentare le riserve (cosa non infrequente in una grande compagnia assicurativa), Itas, che è una Mutua, come fa ad aumentarlo? Lo chiede ai soci, che non hanno controllo alcuno e non avrebbero remunerazione? Itas questo problema lo ha da 150anni, eppure la Mutua funzionava egregiamente perché era locale, non si avventurava in grandi operazioni. Ma ora? Sono diventati soci tutti gli assicurati di Rsa, i soci non controllano, ma neanche mettono ulteriore capitale, di fatto c’è un’autoreferenzialità del circuito agenti-management. Questa è l’ambiguità di fondo di Itas e la sfida che si trova davanti.

Gli attuali candidati alla presidenza si pongono il problema?