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QT n. 2, febbraio 2018 Trentagiorni

ITAS: bisogna cambiare

Sono di quattro mesi fa le dimissioni da Itas del super presidente Giovanni Di Benedetto. Nel frattempo è cambiato il mondo. E il tema di allora - se il Trentino avesse perso la sua Mutua, passata nelle non tranquillizzanti mani del potente politicante veneto – va rivisto in altri termini. Oggi il problema è come rimettere la Mutua in carreggiata.

Perché nel frattempo, come dicevamo, molto è cambiato. Un fatto è emerso, dirompente: un prestito di 12,5 milioni concesso nel febbraio 2016 dal gruppo tedesco Vhv, registrato però nei libri contabili non come prestito, ma come patrimonio. Il fatto, che incrina solo marginalmente la solidità patrimoniale della Mutua, ha molteplici implicazioni: innanzitutto ha ancor più allertato l’Istituto di Vigilanza sulla Assicurazioni (Ivass) che già aveva acceso un faro sull’Itas. E poi ha dato corpo alle allarmate ipotesi espresse da diversi delegati della Mutua: il rapido aumento del giro d’affari, le grandi acquisizioni ed espansioni, fiore all’occhiello della gestione Di Benedetto, sono frutto di una dinamica sana? Per di più quando a dirigere la società c’era un direttore generale come Ermanno Grassi, finito sotto processo e poi licenziato per una bruttissima storia di disinvolti sperperi voluttuari a carico della Mutua? E lo stesso presidente Di Benedetto, (peraltro anch’egli molto tempo fa finito in galera per una lunghissima serie di reati) quando in assemblea additava i soci trentini come la zavorra, che volevano una società troppo prudente e quindi arretrata, cui contrapponeva chi invece voleva una compagnia grande, moderna, forse spregiudicata ma che vuole crescere in fretta, cosa stava prefigurando?

Dentro un cassetto è stato scoperto il contratto con la Vhv firmato dal presidente e ignoto al cda” spiega il nuovo presidente Fabrizio Lorenz. Non è che ci siano altri cassetti e altri contratti nascosti?

Probabilmente no. Però si apre un problema grande come una voragine: la gestione Grassi-Di Benedetto non è stata affidabile, e non solo per le Porsche, le griffe, gli appartamenti messi in conto alla società o per le reciproche intercettazioni\ricatti, ma per i fondamentali, una espansione troppo rapida che rischia di avere i piedi d’argilla.

Ma allora il tema non è più solo il duo Grassi-Di Benedetto, è la dirigenza tutta che non può non essere messa in discussione.

È con questi presupposti che si è aperto il confronto per la nuova presidenza, che dovrebbe voltar pagina dopo l’era Di Benedetto. E si è aperto in maniera – diciamolo subito – non entusiasmante.

Sono in campo due candidati: l’attuale presidente pro-tempore Lorenz, eletto per traghettare la Mutua al dopo Di Benedetto; cui (abbastanza) inaspettatamente si è contrapposto l’avvocato Andrea Girardi.

Lorenz è persona di specchiata onestà, da tutti apprezzato (buon tennista, anche sui campi in terra rossa, gli è unanimemente riconosciuta correttezza e signorilità, cosa non scontata): era direttore generale prima di Grassi, poi fu messo in seconda fila. A lui, nella bufera, ci si è rivolti per riportare la Mutua in carreggiata. Il suo limite pare proprio questo, essere troppo interno a una società che invece avrebbe bisogno di una profonda rivisitazione. Si è infatti subito speso nel difendere il vicepresidente Giuseppe Consoli, vice anche di Di Benedetto e presente, come rivelato da una foto pubblicata dal Trentino, alla firma del contratto con la Vhv: “Non era al corrente dei termini dell’accordo” è stata la giustificazione addotta da Lorenz. Il quale sostiene anche il direttore generale Agrusti, fortemente voluto al posto di Grassi dallo stesso Di Benedetto, con il quale condivide provenienza geografica (Pordenone) e contiguità familiari (il fratello era stato condannato - in primo grado, prescritto in secondo - nella stesso procedimento che aveva visto Di Benedetto agli arresti). Insomma, l’ottimo Lorenz, traghettatore ideale, non sembra proprio un presidente di svolta.

Vediamo invece Girardi. È noto soprattutto per la contiguità con il presidente della Provincia Ugo Rossi. Candidato alle provinciali nella lista del PATT, non eletto, è stato nominato da Rossi commissario alla Cantina LaVis, per porre rimedio ai disastri provocati dal precedente commissario Marco Zanoni, ben noto ai lettori di QT.

In effetti Girardi, affabile, cortese, diplomatico, si è posto in ben altri termini rispetto agli interlocutori della Cantina, a iniziare dalle banche, che hanno subito riaperto i rubinetti. Girardi è così riuscito a tamponare le falle più pericolose, senza peraltro affrontare i problematici nodi di fondo e senza arginare il lento stillicidio dei contadini che se ne vanno altrove. Rossi poi lo ha nominato alla presidenza dell’Autobrennero: due anni senza infamia e senza lode.

Il profilo di Girardi, già presente in Itas seppur in seconda fila, è poi appesantito dalla sua passata amicizia con Grassi, da cui ci risulta abbia ricevuto, come avvocato, notevoli incarichi. Insomma Girardi, che pur si è pronunciato per un minimo di discontinuità, ipotizzando la rimozione del vicepresidente Consoli, non ci sembra che abbia le caratteristiche, culturali e manageriali, per rinnovare la Mutua. E sinceramente troviamo pesante la contiguità con Rossi: ci mancherebbe che nella compagnia entrasse la politica.

Quello che però meno ci convince, in entrambi i candidati, è l’assenza di un progetto di governance che vada oltre il pressante suggerimento dell’Ivass sulla necessità di dotarsi di un amministratore delegato.

Come abbiamo già scritto, Itas è caratterizzata da uno strampalato statuto che individua l’organo supremo in un’assemblea generale composta da 192 delegati eletti dagli 800.000 soci (gli assicurati), con modalità per cui, in pratica, i delegati sono selezionati dagli agenti. Insomma la società è in mano al suo settore commerciale, cosa notoriamente negativa, come peraltro stigmatizzato da delegati di peso, come Marcello Poli o Diego Mosna.

Finché non si porrà rimedio a questa situazione, magari dando nuovo significato al rapporto tra il territorio, i delegati e la società (“È un ragionamento politico prima che tecnico” ci dice Marina Mattarei, che tra i delegati ha cercato di organizzare un minimo di discorso comune),

Itas non risolverà i propri problemi di fondo. Ma né Lorenz, né Girardi sembrano avere in testa niente del genere.