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La stupidità è un’abitudine

“La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé”. (Ennio Flaiano).

Circa 50 anni fa l’autore della Solitudine del satiro coglieva magistralmente il nesso tra neo-stupidità e mass media. Il dopoguerra, con lo scalpitare dell’economia e della tecnologia, aveva dato la stura a un sistema info-comunicativo esteso e capillare: radio, televisione, stampa di tutti i tipi... dal quotidiano al rotocalco sexy. Una eruzione di parole, musiche, immagini, spettacoli che raggiungeva livelli di flusso e velocità di propagazione inimmaginabili solo qualche decennio prima. Ma, constata Flaiano, la comunicazione di massa non va per il sottile. In questa vulcanica lava di dati, arti, mode, culture e sottoculture ci sta di tutto, pure una rinnovata forma di demenza e la sua orgogliosa glorificazione. Flaiano indica gli elementi che configurano l’essenza della stupidità postmoderna: fenomeno in drammatica espansione, creatura proteiforme in quanto ispirata da nuove idealità, genere di altissimo consumo, attitudine che si impone con strafottenza rispetto al comune ragionare, mostro socialmente temibile perché logicamente imprevedibile.

La sconsolata riflessione è profetica. Gli effetti catalizzatori del web moltiplicano casi in cui si esplicita la stupidità secondo i canoni di cui sopra. Così per esempio apprendiamo che a Torino due giovani autoproclamati sceriffi si sono vantati (plauso della loro rete di gringos con smartphone al cinturone) di aver bloccato in nome della legalità un’ambulanza perché trasgrediva il codice della strada: dura lex sed lex per il poveraccio, che dovrà scontare danni permanenti grazie al ritardo del suo ricovero in rianimazione. Oppure veniamo a conoscenza che tante comunità vegane hanno simpaticamente gioito del pestaggio a morte subìto dal ragazzo di Alatri, botte più che meritate viste le sofferenze che lui infliggeva alle triglie in quanto pescatore dilettante.

La catena di montaggio dei deliri seriali che sbocciano qua e là sfornava i primi esemplari già mezzo secolo fa. Allora ci volevano le antenne sopraffine di Flaiano per accorgersi delle insidie e segnalarle. Oggi, per dirla con Tenco (altro grande di quei tempi), la stupidità ormai è un’abitudine.