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Farewell to Keith Emerson

Keith Emerson

Siamo tutti mortali. Ma questo spiacevole handicap non ci mette al riparo da critiche mentre siamo in vita. Perciò non riesco a provare rimorso per l’articolo su Emerson (tristemente scomparso lo scorso 10 marzo) che ho scritto parecchi anni fa sulle colonne di Questotrentino. Già dal titolo “L’irresistibile caduta di Keith Emerson” se ne intuiscono i toni critici. In particolare, dopo aver celebrato l’indiscutibile talento espresso dall’artista in un lustro d’oro a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70, ne rilevavo il rapido e drammatico inaridimento, imputandone la causa a una sorta di chiusura culturale. Ovvero all’essersi rintanato, dopo l’exploit iniziale, in un guscio autoreferenziale, blindato rispetto al mondo che gli stava cambiando intorno... Consegnandosi prigioniero a cliché che ne hanno caricaturato la personalità musicale.

Dalla sua apparizione sul web (era il 2004), l’articolo ha generato un forum tra i più longevi e frequentati del nostro giornale, suscitando commenti, a volte saggi e misurati ma più spesso incazzati, da parte dei fan del grande tastierista inglese. Fan che, dopo la sua scomparsa, sono ovviamente tornati a farsi sentire con sonorità vieppiù tonanti, non risparmiando apprezzamenti sulle mie scarse doti pianistiche fino all’attribuirmi soavi perversioni sessuali, con un cortese invito a suicidarmi. Eppure quello che ho scritto allora continuo a pensarlo: il genio di Emerson si è purtroppo spento molto prima della sua reale dipartita.

Per circa un decennio il suo poster ha dominato sopra il mio letto al posto di crocefissi e madonne. Per me Emerson ha rappresentato un alto modello di ispirazione, specialmente per il marchio inconfondibile che ha saputo imprimere al suo sound di pianista e tastierista. Mi riferisco al “grande Emerson”, la cui fantasia creativa veniva sublimata da una potente fisicità interpretativa. Mi piace salutarlo sulle note e con i versi di Take a Pebble, pezzo splendido in cui il pianoforte di Keith soffonde preziose pennellate evocative, ora intense - ora intime - ora rarefatte: “The daybreak is your midnight, the colours have all died / Disturbing the waters of our lives”.