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Paesaggio che cambia

Francesco Borzaga

Ho visitato la bella mostra “Paesaggio trentino trasformato” organizzata da Italia Nostra in piazza Battisti a Trento. A partire dagli anni Sessanta i cambiamenti, documentati dalle immagini esposte, sono stati enormi. In verità, non solo il paesaggio, ma tutto il nostro mondo è cambiato, al punto che la comprensione tra la mia e le precedenti generazioni mi sembra difficile e comunque incerta. Anche i valori generalmente accettati non sono più gli stessi.

Il lago di Levico visto da Tenna

Dopo tanti anni che mi interesso al tema, mi chiedo cosa mai si possa intendere con il termine “paesaggio”. Forse è l’immagine proiettata su di noi da quanto ci circonda. Da questo punto di vista costituiscono paesaggio sia le vecchie baite di Primont di sopra esposte in piazza Battisti, sia i grovigli di strade e rotatorie che in un altro settore fanno mostra di sé. Anche l’apparentemente inarrestabile dilagare di case, condomìni e supermercati in quel di Riva e Arco costituisce paesaggio.

Diverso è però l’impatto emotivo che queste immagini suscitano in ciascuno di noi. Per quanto mi riguarda, le baite danno una forte sensazione di bellezza, sono motivo di nostalgia e offrono un consolante contatto con la natura. Strade ed espansione edilizia mi provocano piuttosto inquietudine, unita ad un senso di angoscia, come di fronte a qualcosa di inarrestabile, a un divenire contro il quale ogni opposizione appare vana.

Mi chiedo però quali sentimenti le stesse immagini possano provocare in tanti giovani d’oggi, cresciuti fra Internet, sport estremi e rock. Possono natura e baite portare anche a loro un messaggio?

Ho avuto occasione, giorni fa, di recarmi a Roma con un treno ad alta velocità. Certamente il tragitto, durato più o meno quattro ore, è stato breve e comodo. Ma buona parte del viaggio, soprattutto ma non solo fra Bologna e Firenze, si è svolto in galleria, al buio, e in questa maniera l’Appennino è stato cancellato e per così dire rimosso. Ugualmente avverrà per le Alpi, qualora venisse realizzato - cosa che non mi auguro - il nuovo collegamento fra Verona e Monaco di Baviera, tanto caro al nostro mondo politico. Per i viaggiatori del futuro tutta la nostra regione, o almeno gran parte di essa, sarà destinata a non esistere. Ormai viaggiare non è più attraversare, e così conoscere paesi nuovi e diversi, ma semplicemente essere trasferiti, a mo’ di pacchi postali, da una località all’altra.

Si è tenuta a Levico, alla fine di marzo, l’assemblea annuale degli albergatori. Con una certa sorpresa ho letto del deciso intervento del presidente Roberto Crivellaro a difesa dell’ambientee del paesaggio della Valsugana, minacciati dal cemento e dall’asfalto: “Se oggi le sponde del lago di Levico e Caldonazzo fossero tutte terrazzate a vigneto, avremmo una meravigliosa immagine e un ambiente da far invidia alle vallate del Bordeaux e dell’Alsazia”. Mi fa molto piacere che anche gli operatori economici del turismo si rendano conto dell’importanza di ambiente e paesaggio, nonché dell’assurdità del mondo virtuale verso il quale ci stiamo incamminando. In quel di Tenna, non lontano da Levico, due o tre anni fa, ha avuto luogo una vera e propria sollevazione popolare contro il progetto di un’industria agro-alimentare per la produzione di insalata, i cui giganteschi capannoni avrebbero dovuto stagliarsi a coronamento del piccolo altopiano. Il progetto fu allora fermato, ma da quel momento su Tenna è sceso il silenzio. Tenna è una straordinaria località a cavallo di due laghi e con una vista aperta su una vastissima cerchia di montagne. Il presidente Crivellaro converrà con me sul fatto che l’attuale stato di sostanziale abbandono di Tenna costituisce un delitto.

Aggiungo due righe di considerazioni finali. La famosa “programmazione urbanistica provinciale” varata da Bruno Kessler e proseguita dai suoi successori è stata in larga parte un bluff e comunque un fallimento.

L’attuale politica turistica trentina, basata sugli “eventi”, sullo sport soprattutto agonistico e sulle grandi emozioni (di cui la proposta di portare a Trento le Olimpiadi è frutto e simbolo), è sbagliata, costosissima e alla lunga suicida. Occorre invece uno sforzo comune, lungo e impegnativo, per ricostruire nei limiti del possibile un paesaggio e un ambiente trascurati e feriti. Occorre anche costruire un mondo di uomini capaci di apprezzare e godere la natura, l’arte e la storia, non topi virtuali costretti a vivere sotto terra. Per questo sono necessari la collaborazione e l’impegno di tutti. Affidarsi alla sola benevolenza e alle decisioni dell’ente pubblico non è cosa raccomandabile.

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