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MUSE il grande museo n° 2

Dopo il MART, il MUSE. Andrà meglio? Una scommessa importante per la cultura trentina.

Le foto sono di Alberto Gianera

Un nuovo grande Museo. Disegnato, come il Guggenheim di Bilbao o il nostro Mart di Rovereto, da un archistar, Renzo Piano. Un grande investimento, 100 milioni di euro. Attesa nazionale per l’inaugurazione, un autentico evento, per il quale anche la compianta Margherita Hack si sarebbe volentieri spesa.

Tante suggestioni quindi. Anche tante polemiche, perché il grande museo sembra figlio di un’epoca finita con la crisi. “Oggi non lo farebbero più” ci sussurrano dall’interno dell’istituzione. Infatti la domanda “Sì, ma quanto costa?” che si fa astiosa quando si parla di cultura - sia una stagione teatrale o il Festival dell’Economia - questa volta è più stringente, e viene ripresa all’interno della stessa intellettualità trentina: “Cosa si metteranno a tagliare per mantenerlo?” Cerchiamo di mettere ordine in questi sentimenti e ragionamenti.

Partendo da un parallelo, il Mart. Anche il grande museo di Rovereto partì in modo analogo: grande struttura, grandi nomi, grandi costi, grandi aspettative. Tutto si è ora ridimensionato. Il Muse sarà come il Mart? E che senso ha una politica che sforna una grande iniziativa dopo l’altra, per poi abbandonarla? “Per fare il primo grande museo, il Mart, Rovereto ha combattuto per anni, per fare il secondo, il Muse, si è dato via libera subito, senza dibattito alcuno. - ci dice sconsolato un intellettuale roveretano - Ma che razza di politica culturale è mai questa?”

Ecco, questo ci sembra il punto di partenza. Il Muse è figlio della presunta onnipotenza dellaiana, quando si decideva come se le risorse fossero infinite: il museo potrà reggere la fine di quell’illusione?

Il Grande Museo n°2 e la speculazione

Partiamo dalla struttura, che spieghiamo meglio qui. Come il Mart, essa “prolunga il centro”, come ebbe a dire l’allora sindaco Bruno Ballardini. Situata a ridosso del Palazzo alle Albere, entra in sinergia con esso (Piano aveva progettato una più profonda simbiosi, del tipo di quella del Louvre e della Piramide di Pei, ma fu fermato da speciose eccezioni, in realtà dalla volontà politica di far sorgere l’edificio non su terreno pubblico, come da ipotesi di Piano, ma sul terreno degli speculatori delle Albere - leggi Isa, la tristemente nota finanziaria del vescovo).

E proprio il rapporto con la speculazione è costitutivo del progetto. La grande piazza interna al museo dà da una parte sul giardino del palazzo, dall’altra si apre sul viale principale del nuovo quartiere di Renzo Piano. È una bella visuale, un viale alberato moderno, ampio e pedonale, con le alte case dalle facciate in legno e la prospettiva che conduce al parco fluviale: “Come mai i trentini non vogliono comperare questi appartamenti?” viene da chiedersi. Ma se poi si sale sulla terrazza panoramica in cima al museo, la risposta viene da sola: dietro al grande viale, gli altri caseggiati sono accatastati uno addosso all’altro, in plastica esemplificazione di cosa sia una speculazione edilizia. Al posto del grande parco fluviale dedicato alla cultura e allo sport che la città si aspettava, l’accoppiata Dellai-Isa ha confezionato un quartiere ben poco attraente. Logico che la città lo rifiuti.

La speranza è che non rifiuti il museo, che assieme al nome dell’archistar, di questa operazione è stato il fiore all’occhiello.

La mission

Le Albere, il Muse e il quartiere di Renzo Piano

Per entrare nel cuore dei cittadini, una grande istituzione deve convincere. Avendo obiettivi chiari, condivisi, all’altezza del supporto che si vuole ottenere. “La nostra mission - ci risponde il presidente del Museo prof. Marco Andreatta, già preside a Scienze - è rappresentare un grande centro di promozione della cultura scientifica. Di divulgazione dei grandi problemi internazionali sulla natura. Nel campo c’è un’arretratezza in Italia, che proviene da lontano ed è ancora profonda. E va superata”.

Il tema è “la sensibilizzazione della popolazione sulla ricerca scientifica” ci dice Stefano Oss, responsabile del laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche dell’Università. Il valore turistico dell’imponente struttura (a differenza del messaggio a suo tempo passato per il Mart) dovrebbe passare così in secondo piano, lasciando spazio invece alla cultura scientifica e alla discussione di problematiche ritenute oggi fondamentali. Il direttore Michele Lanzinger, ideatore del nuovo museo, afferma a chiare lettere che “il valore turistico del Muse ci sarà, ma non sarà il valore primo. Quando noi ci siamo impegnati in questo progetto abbiamo pensato anzitutto alla nostra comunità, a rivolgerci ad essa”.

Il punto è che il Trentino ha cercato in questi anni di creare una ricerca e una sua ricaduta industriale, legata alla green economy. Con buoni risultati teorici (si pensi alla casa in legno testata a Tokyo), con applicazioni industriali di successo anche se ancora troppo di nicchia. Si sente quindi più che mai la necessità di spostare l’attenzione sulla cultura scientifica e la ricerca, che popolano già il territorio, ma che non hanno avuto ancora la possibilità di essere apprezzate; di qui il valore di una vetrina di prestigio, che metta in luce il connubio tra natura e novità tecnologiche; di fronte ai cittadini, ma anche al resto della nazione, che ci conosce per il nostro ambiente, non per le nostre conquiste in tecnologia ambientale.

Di qui il ribaltamento di un’impostazione anche turistica. Anni fa non si propagandava Trento città d’arte, in quanto messaggio ritenuto perturbante rispetto al Trentino regno della naturalità; ora Trento città e Trentino natura possono contribuire assieme a creare un unico messaggio: qui sulle scienze ambientali siamo all’avanguardia. E infatti la sostenibilità ambientale è una delle principali tematiche sviluppate nel Museo.

“Confido che il Muse diventi un’icona della città, la gente conosca e venga a Trento per il Museo” afferma Andreatta.

“Negli ultimi anni è nata una diversa attenzione alle nostre risorse culturali come destinazione turistica. - dice il direttore - Fra Trento e Rovereto la presenza di realtà culturalmente forti come il Muse e il Mart possono trasformare la regione in una destinazione competitiva dal punto di vista urbano oltre che naturalistico”. Anzi, un connubio tra natura e cultura.

E la ricerca?

“Non meno di 160.000 visitatori l’anno” è l’obiettivo secondo Lanzinger. Più o meno quanti arrivano al Castello del Buonconsiglio, quanti arrivavano al Mart con le grandi mostre (le più fortunate sfondavano i 200.000). Decisamente di più di quanto totalizzava il Museo di Scienze di via Calepina (tra i 50.000 e i 120.000, a seconda delle mostre). A vedere il Muse in fase di allestimento, l’obiettivo sembra sicuramente raggiungibile nei primi anni, quelli della novità: la sostenibilità ambientale e la difesa delle biodiversità sia locali che mondiali attraverso la conoscenza, lo sviluppo sociale e di innovazioni tecnologiche sono i concetti che possono rendere il nuovo museo competitivo a livello nazionale e internazionale. Il tema è se, per reggere sulla lunga distanza, non ci sia il pericolo di dirottare troppe risorse sulle esposizioni, a scapito della ricerca. In termini brutali, anteporre lo spettacolo alla scienza.

“Esposizione, internazionalizzazione e ricerca sono strettamente correlate - ci dice Andreatta - Negli ultimi anni ci siamo legati a una rete internazionale di musei e con il Muse questi legami si amplieranno, causa la maggior visibilità; per esempio la serra tropicale ospiterà piante delle Udzungwua Mountains in Tanzania, dove il museo ha da alcuni anni una sede di ricerca e cooperazione scientifica (hanno fatto cose bellissime, individuato nuove specie di mammiferi) e sarà un momento di visibilità e riconoscimento”. Lo stesso allestimento della mostra permanente è stato effettuato con la collaborazione di altri musei, come il Science Museum di Londra e pure la progettazione deriva da esperienze internazionali. “Un museo deve esporre; c’è chi espone solo, mentre il Muse ha il punto forte di fare ricerca; e promuovere dibattito scientifico aiuta, è sinergico con la ricerca. Sono fiducioso su questo punto”.

“Non soffermiamoci sulla quantità di oggetti in esposizione o sul numero di metri quadri che musei come il Deutsche Museum hanno a disposizione; loro possono esporre una locomotiva, o mezza nave. - afferma Lanzinger - Il concetto su cui fonda le radici questa nuova nostra esperienza, è proprio questo intreccio tra ricerca, sostenibilità, esposizione. E questo la rende confrontabile con gli alti livelli dei musei europei”.

Il direttore rivendica proprio l’incremento della ricerca: “C’e stata negli anni una crescita progressiva, nel ‘98 eravamo 23 di cui tre laureati, oggi siamo in 76 a tempo indeterminato, più altri 30, di cui 90 laureati. È un luogo dove le risorse vanno in lavoro, e lavoro qualificato”.

Il problema dei soldi

E i soldi? Sì, i soldi, dove è inciampato il Mart. Ed è l’argomento, come dicevamo in apertura, che più rende diffidenti.

“Il nostro progetto prevede aumenti minimi. - risponde Lanzinger - I costi di gestione sono di 8 milioni annui di cui 2 ripianati attraverso nostre entrate, biglietti e soprattutto fondi europei. Costeremo alle casse pubbliche 6 milioni, non molto più di quanto costiamo ora”.

Forse sarà così. Abbiamo chiesto e ci è stata assicurata un’analisi più dettagliata dei costi ma, dopo una settimana, non abbiamo ottenuto risposta.

Confidiamo comunque che in un Museo delle Scienze sappiano fare bene i conti. E in ogni caso, l’impresa è notevole, può essere molto importante, può dare un qualcosa in più a Trento e al Trentino: non possiamo che fare i più sentiti auguri.

Il MUSE e i suoi fratelli a confronto
MUSEMuseo delle scienze naturali di TrentoMuseo della Scienza e della Tecnologia MilanoMuseo delle scienze e dalla tecnica di Monaco
Metri quadrati totali12.0001.15050.00051.000
Visitatori all’anno160.000 (previsti)45.000-120.000 (dipende dalle mostre)400.0001.300.000
Dipendenti120120110-
Costi di gestione8 milioni?6 milioni--

Il MUSE val bene una messa?

Il direttore del Muse, Michele Lanzinger

Nel 2000, al Comitato per la Valutazione di Impatto Ambientale, il rappresentante del Museo di Scienze votò a favore degli impianti sciistici in Val Jumela. L’atto segnò una frattura: il mondo ambientalista da una parte, il Museo da un’altra, assieme a Dellai. Da allora, attraverso assensi o benevole astensioni, il Museo seguì le indicazioni della Giunta provinciale, attirandosi giudizi pesanti da parte delle associazioni ambientaliste, che accusavano il direttore Lanzinger di aver svenduto l’autonomia e l’autorevolezza del Museo, teoricamente a capo della salvaguardia ambientale, per avere i finanziamenti per il nuovo Muse.

Insomma, Il Muse val bene l’ambiente?

“La Jumela era un ambiente delicatissimo e molto importante per la biodiversità, vi albergava una pianta unica...” - ci risponde Michele Lanzinger.

E voi avete dato l’ok agli impianti che l’hanno sconvolta.

“Io ho votato contro”

La prima volta. Poi Dellai è andato su tutte le furie, ha cambiato i funzionari provinciali, ha riproposto la votazione e gli avete detto di sì.

“Io non c’ero”.

C’era il Museo.

“Non voglio nascondermi, ma non ho presente bene...”.

E così diverse altre volte. Lei è diventato la bestia nera degli ambientalisti.

“Può essere. Sta di fatto che qui noi facciamo cultura ambientale”.

Quando però dovete votare negli organismi di controllo, vi allineate. Il Muse val bene una messa?

“Io non ho mai ceduto ad alcuna richiesta, semplicemente perché mai, dico mai, nessuno mi ha telefonato per darmi ordini”.

Giriamo il quesito al Presidente, prof. Marco Andreatta.

“Non ho presente la vicenda, sono al Museo da un anno e mezzo”.

Ma il Museo quando vota, segue scienza e coscienza oppure il volere della Giunta?

“Non ho dubbi al riguardo”.

Eppure in tanti dubitano, e affermano che il Muse è stato l’oggetto dello scambio.

“Bene, allora discutiamone. Facciamo un dibattito pubblico: sui comportamenti passati e su quelli attuali”.

È un impegno?

“Assolutamente sì. Se le associazioni ambientaliste hanno dei dubbi sul Museo, è bene che si chiariscano”.

La prendiamo in parola, professore.

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Articoli attinenti

Nello stesso numero:
Muse: un piano dopo l’altro
In altri numeri:
Il museo che verrà
Homo Sapiens
Il Museo e l’ambiente
Muse: il debutto

Commenti (2)

Sicuri che i numeri siano giusti? David Hume

Prendendo per buoni i dati esposti il costo del Muse (ora che è all’apice del suo splendore) equivale ad una perdita netta di 6 milioni di euro all’anno!
Vero è che grazie al Muse (magari in accoppiata con i mercatini di Natale) il turismo e il relativo indotto quest’anno è andato bene.
Le domande però sono semplici…
1) per quanto questo costo sarà sostenibile?
2) per quanto questo museo eserciterà un così grande richiamo di gente?
3) Sono stati inclusi i costi di mantenimento di un museo che sarà anche bello architettonicamente ma sembra sia un pozzo di San Patrizio nella gestione?
Ricordiamoci che, ad esempio, l’estate devono andare a pieno regime i condizionatori e così anche l’inverno se solo ci batte su un po’ di sole mentre la notte si devono riscaldare le vastissime volumetrie per le enorme superfici vetrate…

Errori urbanistici Guido Kiniger

Una breve notazione a margine dell'articolo: ritengo che la collocazione urbanistica del Muse sia un grave errore urbanistico poiché blocca di fatto l'apertura del quartiere delle Albere al centro storico di Trento.
L'impianto progettuale che si espande dalla ferrovia a via Sanseverino, occupando in larghezza tutta la fascia a ridosso del Palazzo delle Albere, non consente un naturale percorso pedonale di avvicinamento e ingresso al viale principale del quartiere a sud, se non entrando ed uscendo dalla hall del Museo.
In realtà l'ipotesi originaria di Renzo Piano prevedeva questo viale nord-sud (perpendicolare all'asse est-ovest che dal portale a tre fornici su via Tre novembre corre fino al Palazzo delle Albere), riprendendo in toto la previsione urbanistica di alcuni partecipanti all'allora concorso di idee dell'anno 2000.
Ritengo quindi che questo blocco dell'accessibilità al quartiere a sud del Muse sia ancora più grave se saranno confermate le previsioni di collocazione della nuova Biblioteca nel quartiere a sud del Muse.
Cordialmente.
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