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QT n. 12, dicembre 2011 Cover story

La guerra degli scaffali

I due consorzi che riforniscono i dettaglianti si contendono le Famiglie Coop: sono entrambe cooperative ma una, forse la più efficiente, viene scomunicata: “è tutto il sistema cooperativistico trentino ad essere sotto attacco”. Come mai?

“Liberista e senza scrupoli”. Con queste parole - che forse per un berlusconiano sarebbero musica, ma che nel mondo cooperativo sono anatema e condanna al rogo - il presidente della Federazione Diego Schelfi ha bollato Dao, cooperativa di dettaglianti alimentari che sta inanellando una bella serie di successi economici (145 milioni di fatturato attesi per il 2011, un incremento del 12% in tempo di crisi). Ma cos’ha fatto Dao per attirarsi le ire di Schelfi, sempre bonaccione, mai una posizione decisa su niente, e invece qui trasformatosi in Grande Inquisitore, feroce custode dell’ortodossia cooperativa?

L’argomento interessa l’insieme del mondo cooperativo e, più in generale, i cittadini: è lo scontro tra Sait e Dao, i due grandi consorzi che riforniscono i punti vendita alimentari; in mezzo, le famiglie cooperative ma anche gli altri dettaglianti; spettatori non disinteressati, i consumatori.

Sull’ortodossia cooperativa ragioniamo più avanti. Qui parliamo del motivo alla base del conflitto, come rappresentato nello specchietto: la concorrenza. Come si vede, Sait è una cooperativa di secondo grado, in cui si sono consorziate le Famiglie Cooperative (FC) per operare unitariamente sul mercato all’ingrosso, con evidenti economie di scala. Dao invece è nata come consorzio di dettaglianti privati, che analogamente si sono associati in cooperativa con lo stesso scopo, costruirsi il grossista. Il conflitto nasce da quando, tre anni fa, in Dao cominciano ad entrare anche Famiglie Cooperative: la Val di Non, la Val di Fassa e poi altre tre. Il Sait vede erodersi la propria base sociale; quando anche la Famiglia di Aldeno e Mattarello avvia le procedure per il passaggio di campo, è la dichiarazione di guerra: questo divorzio e nuovo matrimonio non s’ha da fare, “è tutto il sistema cooperativistico trentino ad essere sotto attacco”.

Un lungo conflitto

Gli attriti tra Sait e alcune FC datano da anni: le cooperative, dentro il grande consorzio gestito dai manager, o delegano o si sentono a disagio. È lo stesso meccanismo che da tempo il mondo cooperativo denuncia, ma solo a parole: i soci, teoricamente padroni, di fronte agli amministratori non contano niente. Finché le cose vanno bene la maggioranza si adegua e una minoranza mugugna, quando vanno male... ma questa è un’altra storia. Dunque, alcune FC nel sistema Sait sono a disagio, ritengono che vengano fatte passare sopra la loro testa scelte difficili da digerire: gli alimentari Sait al dettaglio che un po’ vengono visti come concorrenziali e di cui, soprattutto, non si riesce ad avere i dati economici disaggregati, con il latente sospetto che siano le stesse FC a finanziarne possibili buchi; i Superstore, che indubbiamente hanno tenuto dentro il sistema tutta una serie di consumatori, ma che altrettanto certamente praticano una politica dei prezzi aggressiva, con cui le FC, specie quelle periferiche come appunto quella di Aldeno-Mattarello, si vedono in difficile competizione.

È in questo clima che la FC di Aldeno, nel 2009, pensa di espandersi a Trento, dove intravede la possibilità di aprire un supermercato nei locali degli ex magazzini Nicolodi nella centrale via Torre Verde. Per l’acquisto chiede supporto al Sait che, forse temendo di favorire una concorrenza ai propri negozi al dettaglio come quello non lontano di piazza Lodron, cincischia. Così, a fine dicembre, Nicolodi vende a un altro acquirente, dai riflessi più pronti: Dao.

Dao vorrebbe affidare il negozio a uno dei suoi soci privati. Poi ci ripensa, e lo subaffitta a una neonata società, la Alpica Srl, messa in piedi da tre FC “dissidenti”, Aldeno, Pinzolo, Carisolo, con la clausola che si approvvigioni non da Sait, ma appunto da Dao. E così le tre FC mettono un piede fuori dal sistema Sait.

Ma non basta: Alpica va bene, e soprattutto le FC possono sperimentare in prima persona le condizioni offerte da Dao. Constatando come la qualità degli approvvigionamenti (forniti dal supergruppo d’acquisto nazionale Conad) sia uguale a quella garantita dal colosso Coop, a parte il prezzo. Cioè all’origine, da Conad e da Coop, i prezzi sono praticamente uguali, ma poi, nel percorso attraverso Sait o in quello attraverso Dao, si differenziano: i listini di Sait sarebbero più cari del 3%. Sait contesta questi ed altri dati (riportiamo il batti/ribatti nel box sotto); comunque sia, è evidente che il legame fiduciario si è rotto. Non è più il disagio di sentirsi solo delle pedine, c’è la convinzione di avere a che fare con un partner-padrone poco efficiente, che ti scarica addosso le sue magagne. Quando invece c’è l’alternativa bell’e pronta.

Così a fine estate il Cda della Famiglia Cooperativa di Aldeno decide di rescindere il rapporto con Sait e di passare a Dao. E sulla stampa si scatena il finimondo.

C’è cooperativa e cooperativa?

“Il punto non è Dao, che fa il suo gioco, il punto sono le Famiglie Cooperative. Che visione di fondo hanno? Se ritengono che la cooperazione sia un sistema, non dovrebbe esserci la sirena Dao” afferma Renato Dalpalù, presidente del Sait. A dire il vero, fatichiamo a comprendere questo punto di vista: anche Dao è una cooperativa; se fa lo stesso lavoro di grossista di Sait (e anche marketing, impostazione prezzi e campagne promozionali, nonché assistenza nelle difficoltà), e alcune FC pensano che lo faccia meglio, dov’è lo scandalo?

“Sait ha come soci le FC, che come soci hanno i consumatori: la filiera è orientata ai consumatori. Dao invece - risponde Dalpalù - associa dei commercianti, e la filiera è orientata non al socio consumatore, ma al socio negoziante. Con due conseguenze: una FC non è proprietà privata come un negozio, non è trasmissibile ai figli, rimane patrimonio della comunità; e se una FC si trova in difficoltà, viene aiutata dalle altre, il che non capita tra i commercianti”.

Replica Ivan Odorizzi, amministratore delegato di Dao: “Queste differenze non le vedo. Anche Sait serve piccoli alimentaristi privati attraverso una catena dedicata, la God Market, serve alberghi. Il che è legittimo, ma non capisco perché Sait possa muoversi a 360 gradi e a noi invece lo si vorrebbe impedire. La differenza è che in Sait i piccoli privati sono affiliati, da noi sono soci a pieno titolo, come le FC. È in questa differenza il tradimento dello spirito cooperativo? Sta di fatto che a noi viene riconosciuto il 94% di mutualità prevalente (attività dedicata ai soci), mentre Sait non arriva al 70%. Chi è più cooperativo, noi o loro?”

DAOSAIT
Fatturato 2010129 milioni343 milioni
Ristorni (premi ai soci)11 milioni4 milioni (+ 1 di dividendo)
Dipendenti97Circa 600 (con i negozi al dettaglio)
Base sociale155 privati e 5 coop76 coop
Punti vendita327390

Comunque c’è la storia, che giustamente pesa. Sait è il consorzio che dal 1899 ha permesso alle FC di paese di crescere, di fornire nelle valli approvvigionamenti a prezzi accettabili, perno di un sistema articolato e solidale. “Non rinneghiamo le origini” raccomanda Dalpalù.

“Sulla storia non discutiamo. Ma anche sul presente, Sait fa il suo mestiere, noi contestiamo che pretenda un’esclusiva - replica Odorizzi - In quanto all’aiuto alle FC in difficoltà, come mai la coop di Martignano è stata venduta a Poli? Anche noi, quando un socio è in difficoltà, possiamo venirgli incontro prestando soldi a tassi agevolati, in genere la metà di quello che noi paghiamo alle banche. E così quando un socio - FC o privato - apre un nuovo punto vendita o lo rinnova, interveniamo con tassi dimezzati per 5 anni. Inoltre: ora un socio è entrato in difficoltà, noi gli abbiamo rilevato il punto vendita, pagandogli l’affitto”. Né più né meno di quanto sta facendo Sait a Villalagarina... “Certo, siamo cooperative entrambi, le finalità sono le stesse. L’unica differenza è che Dao non guarda se il socio è una FC o un privato”.

Il peso del magazzino

Il discorso quindi si sposta sulla convenienza economica. Un terreno forse più difficile per Sait, sui cui conti pesa il nuovo grande magazzino presso l’Interporto. Doveva costare 36 milioni, sono stati 60. “È troppo grande. - sibilano alle FC - la produttività degli operatori (quanti colli movimentano in un’ora n.d.r.) è scesa, in uno spazio più ampio devono effettuare percorsi più lunghi... Il voler fare tutto in casa, e farlo da megalomani, è tipico di una burocrazia autoreferenziale, e porta a questi risultati”.

Dalpalù non ci sta: “Abbiamo completato il trasferimento a luglio; solo uno sciocco può pensare che un sistema così complesso, governato da due ingegneri esperti in logistica, vada a regime in qualche settimana. L’operatore in via Maccani lavorava con scaffali alti 7 metri, ora in via Innsbruck sono 10: non è immediato abituarsi alle diverse condizioni di lavoro. Né abbiamo deciso di esternalizzare la logistica a qualche finta cooperativa, che sfruttando il lavoro spunta prezzi un po’ più contenuti”. Il magazzino è evidentemente un punto dolente: “Perché i nostri soci non vengono a vedere i nostri processi e suggeriscono miglioramenti, invece di sparare addosso al consorzio?”

Ecco quindi le difficoltà crescenti di Sait: si trova a dover ammortizzare un investimento maggiore del previsto, che finora non sta dando più redditività ma più costi, con una base sociale inquieta, che programma di andarsene, aumentando così i problemi per chi resta. Di qui la risposta molto dura di Dalpalù, in sinergia con Schelfi, che tra Dao e Sait non è stato super partes, ma è sceso inopinatamente e decisamente in campo a favore di un contendente, Sait.

E così all’ultima assemblea di Sait si sono iniziate le procedure per sbarrare le porte. Uscire non si può, bisogna attendere due-tre anni dall’ultimo investimento deliberato. “Noi abbiamo un’altra visione - ribatte olimpico Odorizzi - Abbiamo anche noi investito in un nuovo magazzino, ma per chi vuole uscire, porte aperte; due FC sono recentemente tornate a Sait, nessun problema, è un loro diritto”.

Odorizzi gira il coltello nella piaga: “Il nostro scopo è lavorare per i soci. Nel 2009 e 2010, a chiusura bilancio, abbiamo distribuito ai soci utili (tecnicamente ristorni, n.d.r.) per 10-11 milioni (contro 3-4 di Sait). Il punto è che in Italia i consorzi, le cooperative, tendono a tenersi i soldi, a capitalizzare, nell’ottica che più forte è il consorzio, più forte è il sistema. Invece noi no; pensiamo che più forte è il socio, più forte è il sistema”.

Il ritorno all’ovile

La Famiglia Cooperativa di Aldeno è intanto tornata all’ovile. Alla vigilia di un’assemblea che doveva decidere sull’abbandono di Sait, sotto il ricatto incrociato da una parte di una campagna stampa che presentava l’abbandono come un tradimento, dall’altra del possibile inizio di una frana, Maistri (presidente di Aldeno) e Dalpalù hanno sottoscritto un accordo per un rientro in cambio di assicurazioni su un nuovo “rapporto dialettico” e sulla “messa a disposizione di risorse sul territorio”, come pure una “compatibilizzazione dell’attività commerciale” di Superstore con la vicina FC. Garante Diego Schelfi. Belle ma vaghissime parole. Reggeranno alla prova dei fatti?

Reggerà Sait alla concorrenza di Dao, che sembra oggi più agguerrita? E la cooperazione come gestirà il principio di concorrenza interna? Secondo il criterio che tutte le coop sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre?

La disputa dei numeri

Alcune Famiglie Cooperative sostengono che i listini di DAO sono più convenienti del 3% di quelli di Sait. “Non so proprio come facciano questi calcoli, peraltro complessi: basti pensare agli sconti e alle loro modalità, diversificate per ogni fornitore - obietta il presidente di Sait Renato Dalpalù - Basta non computare nel costo il trasporto e si sballa già del 2%”. “I conti sono presto fatti: una volta conteggiate le rimanenze, basta sottrarre alle vendite totali il totale dei costi di acquisto, quello che rimane è il nostro margine, appunto del 3% maggiore con Dao - ribattono i presidenti di FC che abbiamo sentito - Quanto ai costi di trasporto, è un problema inesistente: noi non paghiamo nessun trasporto, è comunque a carico di Sait e di Dao”.

Inoltre: la FC di Aldeno lamenta una sorta di balzello introdotto da Sait nell’ultimo anno: “Mensilmente Sait ci fornisce un tabulato con i costi delle merci fornite e i ricarichi suggeriti per arrivare al prezzo al consumatore. Questo ricarico è il nostro margine, quello entro cui dobbiamo far stare i nostri costi e ricavare un utile: bene, nell’ultimo anno il margine è diminuito dell’1%, vale a dire Sait ha ridotto il nostro e aumentato il suo”. Dalpalù contesta questi calcoli (“sono molto complessi e i risultati poco credibili”), ma gli si ribatte: “Sono gli stessi rapporti Sait che riportano questi confronti con l’anno precedente!”.

Dalpalù replica alla credibilità dei numeri portati: “Odorizzi, presidente di DAO, a gennaio sosteneva di aver dato un ristorno a fine anno ai soci del 10%, contro il 3% di Sait, quindi 7 punti in più. Ora salta fuori che questi punti sono 3. Si vogliono mettere d’accordo?”

“Il presidente di Sait mescola due cose diverse. - replica Odorizzi - A gennaio confrontavo gli utili che noi distribuiamo ai soci (10% nostro e 3% loro) ora la FC di Aldeno ha confrontato i due listini, trovando che noi facciamo pagare le merci un 3% in meno. I due dati non sono da confrontare, semmai da sommare”.

Un’ultima battuta di Dalpalù: “A fine settembre 2010 hanno chiuso il bilancio due FC di DAO e 14 di Sait: l’incidenza dei prezzi di acquisto per le due realtà era allineato, anzi con un 0,5% a favore delle nostre”.