Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Una legge che fa acqua da tutte le parti

Daniele Barni

La legge Fini-Bossi sembra essere la soluzione finale all’annoso problema dell’immigrazione, soprattutto clandestina. I permessi per accedere in Italia saranno concessi solo per soddisfare le esigenze di manodopera che il nostro paese ha, per sopperire alla mancanza di disponibilità di forza lavoro locale. Un meccanismo che risolve tutti i problemi dell’immigrazione, in quanto potranno entrare in Italia solo coloro che hanno già un contratto di lavoro. Per la casa ugualmente non ci saranno problemi. Sarà il datore stesso a dare vitto e alloggio all’extracomunitario.

Nella nostra zona sono diverse le aziende che fanno uso di manodopera extracomunitaria. Molte di queste sono costrette a farlo, loro malgrado, per la mancanza di disponibilità di manodopera locale a svolgere attività faticose o prive di soddisfazioni. E’ il caso dell’Agricooper di Pistrino, una delle più importanti cooperative tabacchi della zona. Parliamo del problema con Stella Gavagna, che fa parte della direzione dell’azienda.

In che modo, attualmente, reperite i lavoratori stranieri?

"Noi richiediamo la manodopera alla direzione provinciale del lavoro che ci deve rilasciare delle autorizzazioni. In pratica chiediamo, anche in maniera nominativa, delle persone, familiari o conoscenti di lavoratori che già da tempo sono occupati nella nostra cooperativa. Ma si tratta di un’impresa quasi impossibile. Il nostro è un lavoro stagionale di pochi mesi, per lo più al momento della raccolta. Il periodo di massima necessità va da agosto a ottobre. Nell’arco di questi mesi abbiamo bisogno di forza lavoro in volumi diversi e con disponibilità immediata. Già ora la burocrazia è tanta e non ci facilita il compito".

La legge prevede che sia l’azienda che ha richiesto il lavoratore a provvedere al suo vitto e al suo alloggio. Che ne pensa?

"Finora quelli che chiamavamo erano persone già residenti in Italia o erano amici di residenti e quindi venivano ospitati da loro. Se dovessimo essere noi a trovare una sistemazione ai lavoratori, dovremmo accollarci un onere insostenibile. Ammettendo di poter creare le strutture, si presenterebbe poi il problema di gestirle. Noi siamo una cooperativa e i nostri lavoratori extracomunitari sono tanti, di varie etnie, non si conoscono fra di loro e a volte sono solo di passaggio. Se in più dovessimo pensare anche al vitto, allora sarebbe proprio la fine".

Ma neanche nel reperimento del personale crede che ci sarebbero dei vantaggi?

"Il problema sta nell’alta variabilità di bisogno di manodopera. Non possiamo prevedere quanti braccianti ci serviranno di preciso. L’anno scorso ne abbiamo richiesti 8, ma erano insufficienti. Potevano essere troppi e si sarebbe posto il problema contrario. L’iter attuale per la richiesta di lavoratori di certo non ci facilita. L’unico modo sarebbe trovare extracomunitari già inseriti, con regolare permesso di soggiorno, invece di andarli a cercare e richiedere tutte le autorizzazioni".

La legge prevede che gli extracomunitari possano entrare in Italia solo se hanno già un contratto di lavoro. Che tipi di contratti hanno qui da voi?

"Visto il tipo di lavoro, dobbiamo fare dei contratti stagionali, ma se poi si va a vedere molti lavorano tutto l’anno. Fra il periodo in campagna e quello di essiccatura del tabacco, sono sempre impegnati. Quando non lavorano sono coperti da brevi periodi di disoccupazione. Spero che la legge non preveda che queste persone debbano tornare nei propri paesi una volta che scade un contratto: saremmo proprio a terra".

Un altro punto nodale della legge stabilisce che i posti che possono essere occupati da italiani debbano essere coperti da italiani…

"Sì, a trovarli! Noi non ci riusciamo. C’è tanta disoccupazione, ma non c’è disponibilità a fare questo tipo di lavoro, neanche fra gli studenti, come accadeva qualche anno fa. Se la legge dovesse essere approvata così, sarebbe un problema".