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QT n. 15, 15 settembre 2007 Servizi

I soldi e il pluralismo: un dibattito complesso

Il timore di un doppio binario scolastico, ugualmente finanziato dai soldi pubblici, la scuola paritaria per i benestanti, quella pubblica per gli svantaggiati.

Le accuse mosse alla legge provinciale partono da una constatazione concreta: non si possono togliere soldi alle scuole pubbliche per favorirne altre. Nadia Bort, segretaria dei Leali al Trentino, è decisa: "Per il meglio di pochi, si vanno a spendere i soldi di tutti".

L'assessore provinciale all'istruzione Tiziano Salvaterra.

"Non è così semplice. - stigmatizza Salvaterra - Il fatto è che per ogni studente che si iscrive ad istituti paritari, le finanze pubbliche risparmiano migliaia di euro (pensiamo a tutte le spese, per i libri, il personale, gli strumenti, gli edifici...). Aiutare dunque tali istituti a mantenersi in vita è un investimento per la nostra provincia."

I referendari ribattono che si bara con le cifre: il costo di uno studente delle paritarie è inferiore a quello delle pubbliche: queste ultime si fanno carico dell’istruzione diffusa, anche nei luoghi periferici, e generalizzata, anche ai giovani svantaggiati (con handycap fisici e psichici, o culturali, i figli degli immigrati) e problematici; insegnare nelle città, ai ragazzini per bene, ovviamente costa meno.

Ed è proprio il temuto configurarsi di un doppio binario scolastico, ugualmente finanziato dai soldi pubblici, la scuola paritaria per i benestanti e benpensanti, quella pubblica per gli svantaggiati, a portare i referendari al cuore della questione che difatti, prima ancora che economica e logistica, è di natura ideologica: sui temi del pluralismo e della laicità anzitutto.

Relativamente al dibattuto articolo 33 della Costituzione (vedi box sottostante): secondo Gaspare Nevola, politologo presso la facoltà di Sociologia di Trento, il dettato costituzionale può essere interpretato in molteplici modi, per quanto, se preso alla lettera, sostiene chiaramente che lo Stato non prevede finanziamenti per le scuole private pur ammettendone la presenza.

Il problema di fondo è che il nostro Stato, e ancora di più il nostro Trentino, hanno una storia tutta particolare. Anzitutto, pur proclamandosi formalmente laico, lo Stato italiano si mantiene sui generis, riconoscendo esso stesso alla religione cattolica un ruolo importante, diverso e privilegiato rispetto alle altre confessioni. E poi vi è sempre stato un pluralismo limitato, che ha fatto sì che gli istituti privati fossero spesso fortemente cattolici. Le responsabilità di questo proliferare di scuole monocolore vanno divise tra la classe politica e gli ambienti non cattolici, spesso troppo morbidi e deboli.

"E’ altresì vero - spiega Nevola - che in fondo i vertici cattolici hanno fatto e fanno tutt’ora un ragionamento non illegittimo, tenuto conto dell’humus culturale latente cattolico delle famiglie italiane, vero o presunto che sia. Insomma, se la richiesta prevalente è tale, perchè non seguire questa tendenza?"

La soluzione, o per lo meno una lettura che propone lo stesso Nevola, è un sistema di scuole pubbliche pluralistico e prioritario rispetto agli istituti privati. "E’ giusto che accanto al sistema dell’istruzione pubblica vi siano anche delle nicchie, ma non vanno finanziate direttamente con i soldi pubblici. Sarebbe più intelligente un bonus per tutte le famiglie, che potrebbe magari incentivare chi ha il desiderio ma non le possibilità, ad iscrivere i propri figli alle scuole private".

"E’ ciò che si propone in effetti nell’articolo 76, il più contestato, della riforma; – spiega Walter Viola, tra i promotori del comitato per il no – le disposizioni sono infatti mirate agli studenti e non direttamente agli istituti."

Per i promotori del sì, la rivendicazione di una scuola pubblica di qualità passa necessariamente attraverso un sistema pluralistico che non limiti né renda obbligata la scelta: se la scuola pubblica è necessaria, quella privata è solamente possibile. Nadia Bort ricorda che, mentre in città esisterebbe sempre la possibilità di scelta, nelle valli questo sarebbe impossibile, dal momento che per la nuova legge, in presenza di un istituto privato non ne serve uno pubblico, con la conseguenza che ad alcuni sarebbe preclusa la scelta di una scuola pubblica. E questo potrebbe comportare seri problemi, specie nella futura società multiculturale: come farà il giovane musulmano che risiede in un paese dove magari c’è solo una scuola privata cattolica? O il ragazzo che abita laddove c’è solo una scuola privata musulmana (perché no? Si tratta anche in quel caso di istituti privati e parificabili tanto quanto quelli cattolici).

Trento, il Sacro Cuore.

Gli istituti privati portano insegnanti e famiglie ad aderire ad un progetto di tendenza, diversamente dalle scuole pubbliche, luogo di confronto e sintesi delle differenze. Le finalità diverse richiedono due sistemi diversi, non uno unico e integrato.

Nella nostra realtà le scuole private hanno specifici obiettivi; la gran parte sono cattoliche. Insomma, è insensato che un sistema come quello pubblico, che si propone un obiettivo generale, venga fatto arretrare a favore di un sistema che si propone solo specifici obiettivi particolari.

"E’ iniquo tagliare le risorse per le scuole pubbliche se queste finiscono dirottate in scuole che hanno finalità legittime, ma parziali. Non lo dovrebbero volere neppure i cattolici seri e laici. - spiegano Bonmassar e alleati - La funzione della scuola deve essere quella di confrontare nella diversità percorsi diversi per integrarli e farli convivere. Diversità che può essere anche culturale: spesso abbiamo in mente la tendenza religiosa, ma non è la sola".

Secondo i sostenitori del sì, questi finanziamenti dovrebbero essere dirottati per la valorizzazione del sistema di istruzione pubblico, l’unico servizio che garantisce determinate finalità costituzionali, per una garanzia d’integrazione.

Ma le ragioni del sì non sono di natura ideologica – ci tengono a chiarire alla CGIL, come se ci fosse qualcosa di male – e non si tratta neppure di una crociata contro le scuole private, bensì di difesa di un Paese civile capace di far dialogare i propri cittadini, cattolici, musulmani, di qualsiasi razza e religione essi siano.

I perché di un referendum

1. Eliminare ulteriori finanziamenti alle scuole private (notiamo comunque che già da anni in Trentino tali finanziamenti vengono erogati; per quanto difficilmente quantificabili, possiamo stimarli attorno ai 10 milioni annui).

2. Garantire una possibilità di scelta il più possibile ampia (non costringere quindi la famiglia a iscrivere il proprio figlio in un istituto parificato, magari confessionale, perché in quella località non esistono istituti pubblici), ribadendo così la priorità della scuola pubblica statale.

3. Rispettare la Costituzione italiana, che recita testualmente, nel suo trentatreesimo articolo, che "enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato".

Maggiori informazioni possono essere reperite sul sito www.referendumscuola.it, dove sono anche indicati gli estremi per sostenere economicamente il comitato promotore.