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Una cattiva riforma (e senza quorum)

Giovanna Giugni

Se fosse stato un referendum, la votazione per le Comunità di Valle non avrebbe raggiunto il quorum di validità. E le schede sarebbero state aperte a soli fini statistici.

Se fosse stato un referendum abrogativo, avrebbe avuto bisogno di essere richiesto da almeno 500000 elettori. Invece la riforma istituzionale del 2006, che ha istituito le Comunità di Valle, è una legge, una delle tante, approvata da un’assemblea rappresentativa. Con numeri certamente minori e con consensi esigui sul territorio.

Gli elettori hanno fatto chiaramente intendere che non l’hanno gradita.

I numeri ci dicono che il quorum non c’è stato. Ed aggrapparsi alla constatazione, fin troppo ovvia, che tale quorum non è necessario per il legislatore (mentre lo è per il cittadino che si affida al referendum) è ingiusto e superficiale. Una cattiva riforma (e l’Italia ne è stata spesso vittima, purtroppo) non è come il buon vino: non migliora col tempo, specie quando parte con il piede sbagliato.

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