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Code

Code ai mercatini natalizi; code per andare a sciare, ma soprattutto file vergognose per avere un permesso di soggiorno.

Code sulle strade e nelle stazioni di turisti desiderosi di respirare l’atmosfera dei natali bolzanino, meranese, brissinese, una tradizione risalente ormai a una diecina d’anni e contestata con veemenza dai commercianti nostrani ai vicini trentini, tacciati di essere "copioni" e comunque non all’altezza. Il centenario mercatino natalizio di Norimberga e l’antico Viktualienmarkt di Monaco se la ridono elegantemente. Code di turisti, davanti alle baracche di legno del mercatino di Natale, per la gioia dei venditori di prodotti tipici e anche di quelli meno tipici, come le corna d’alce con lampadina annessa, vendute da uno dei più strenui difensori della "sudtirolesità" del mercatino e non solo. Scoperto con le mani nel sacco, ha negato l’evidenza. Il padre, esponente dell’ala conservatrice della SVP, ha commentato ironico: le corna si fanno o si portano. Non si vendono. Code nelle strade del capoluogo e delle maggiori città del Sudirolo, puzzolente accompagnamento delle feste invernali.

Code in andata e ritorno per raggiungere le strapiene stazioni sciistiche. La neve è solo artificiale, i prati marrone, ma la stagione va benissimo.

Altre code dei vecchietti caduti o raffreddati all’inospitale pronto soccorso bolzanino, affollato di sciatori. Non sono un’eccezione di questi giorni le code alle poste, che nel periodo di festa hanno dato il meglio di sé, sempre strapiene, con sempre meno addetti, sempre più lenti.

Ma le code più originali del 2007 sono state quelle dei migranti in cerca del permesso di soggiorno. Mentre nel resto d’Italia la gara informatica ha sostituito lo strazio delle lunghissime attese, in provincia di Bolzano si è deciso di rispettare la tradizione. Beninteso, la gara informatica è altrettanto ingiusta nella sua indifferente casualità, ma qui torniamo – o rimaniamo – alla lotta per la sopravvivenza fisica. Dalla sera di venerdì 14 dicembre o anche prima, armati di coperte e termos si sono messi in fila. Largo ai più resistenti – la Repubblica non è nata dalla Resistenza? – a chi può passare 24 ore perché non lavora o perché è più robusto, o perché fa parte di un gruppo solidale nel suo interno e aggressivo verso gli altri e le altre. Soprattutto le donne, la grandissima parte badanti, piangevano, riportano i cronisti e le croniste.

Il presidente della consulta denuncia che per compilare il documenti alcuni "aiutanti" si fanno pagare 160 euro. Il giorno dopo, per aiutare chi ha problemi e cede al ricatto per timore di vedersi respinta la domanda a causa di imperfezioni formali, si fa avanti un’associazione di volontariato. Non la Provincia.

In una delle prime notti gelide di dicembre si è consumata l’indegna gara di resistenza fisica, primo requisito di cittadinanza. "Umiliante" - ha commentato il presidente della Consulta degli immigrati e delle immigrate. "Il sistema più rapido" - ha risposto l’assessora responsabile dal calduccio del suo comodo ufficio, ignara di quanto lunghe siano state quelle ore per le povere persone in coda. "Nel resto d’Italia hanno dovuto aspettare anche 20 minuti per spedire la domanda" - conclude per convincere dell’inaffidabilità della gara informatica. Meglio ventiquattr’ore all’addiaccio?

Il giorno dopo si fa accompagnare in visita alle file, mentre cerca inutilmente di convincere le persone a non fare la fila, ma presentarsi all’apertura degli sportelli.

Gli immigrati rimangono. Conoscono bene la doppia lingua dell’amministrazione, e sono loro ignoti i "criteri" con cui le loro domande verrebbero valutate. Si adeguano perciò al principio deciso nel resto d’Italia: ordine di arrivo. Per gli altri, di arrivo delle domande spedite per e-mail, per loro decise da una lunga attesa in una coda autogestita.

Il giorno dopo, di fronte all’indignazione generale, la giunta provinciale corregge il tiro, e fa sapere che "più dell’ordine cronologico, conta il bisogno della famiglia che richiede una badante o una collaboratrice domestica". Dopo la coda delle assistenti domestiche, ci sono state quelle per il lavoro stagionale, artigianato, commercio.

Qui si dovevano presentare i datori di lavoro. Ma anche in questo caso naturalmente la maggioranza sono i diretti interessati. I giornali discutono sul numero dei permessi delle assistenti domestiche, le cosiddette badanti. Troppo pochi, si dice. Oppure, troppi. Le associazioni che si occupano di questo settore spiegano che moltissime migranti si dedicano a questa attività, ma una volta ottenuto il permesso di soggiorno cercano di migliorare, lasciando il pesante lavoro nelle famiglie.

Sta di fatto che le badanti legali sono di gran lunga troppo poche per soddisfare il bisogno. Una gran parte lavorano illegalmente, anche se molti "datori di lavoro", vecchietti e vecchiette non autonome, e le loro famiglie, le vorrebbero legali.

Il sistema preferito dall’amministrazione provinciale per esaminare le domande è rapido, come dice l’assessora, ma perché il numero di legalizzazioni possibili è basso. Lei giustifica dicendo che, nel caso se ne prendano di più, si deve dare loro abitazioni e servizi. Se sono clandestine il problema non c’è?

I quotidiani infiorettano i servizi sulle vergognose file, con affermazioni risibili, tipo: "Le badanti fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare: primo fra tutti, assistere gli anziani".

Ma gli italiani non li hanno mai fatti questi lavori di cura, perché li hanno sempre fatti le italiane! Poiché i legislatori sono uomini, i servizi alle famiglie sono scarsi, sostituiti da un po’ di soldi, che oltretutto si fa di tutto per non dare, nella pervicace convinzione che le donne comunque si arrangeranno con il doppio e triplo lavoro.

Intanto davanti alle poste, all’apertura del mattino, si scatena la bagarre, e volano gli spintoni. Uomini contro donne, robusti contro deboli.

Questa è la selezione sudtirolese degli immigrati. Mentre Germania e Norvegia cercano di favorire intellettuali e tecnici, e di governare una migrazione ordinata, in Italia si adotta la pesca miracolosa e in Sudtirolo passa chi è più forte o disperato o violento. O raccomandato.