Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Abbasso l’architettura contemporanea!

La quale, a volte, “rutta”, dice l’esperto della conservazione.

In autunno, avremo un convegno del Consiglio d’Europa sul dialogo fra architettura contemporanea e monumenti storici. Un dialogo fra sordi, da noi. Ci presenteremo con una vergogna alle spalle: un concorso urbanistico silurato, un nuovo progetto di una mediocrità paurosa, una concezione spaventosa della protezione dei centri storici: i "dieci comandamenti" della protezione, come ebbe a dire tristemente un architetto.

Mariatheresienstrasse (SIGNA HOLDING / HOFHERR COMMUNICATION)

Nella centralissima Mariatheresienstrasse, doveva nascere un centro commerciale, il "Tyrol", al posto di un emporio chiuso da anni (vedi QT n.13 del 2006: Mariatheresienstrasse monumento nazionale?).Un gruppo di investitori ha voluto rivitalizzare il centro della città, storico centro del commercio, per essere competitivo nei confronti dei centri commerciali della periferia. Dal concorso urbanistico, imposto dal Consiglio comunale, uscì vincente un progetto degli architetti viennesi BEHF. Un progetto rischioso ed eccitante, ma allo stesso tempo molto rispettoso della tradizione urbanistica. La quale, qui, consiste soprattutto nel fatto che questa bellissima via – che in realtà è una piazza – è stata continuamente costruita e ricostruita in tre secoli di sviluppo urbano. Prima che iniziasse il concorso, il Denkmalamt, l’ente per la protezione dei monumenti storici, aveva annunciato l’intenzione di mettere sotto protezione l’intera via. Come dire: fine della storia, l’aspetto attuale va pietrificato per sempre. Puntualmente alla fine del concorso, nell’autunno del 2006, arrivò l’ordinanza. Il Consiglio votò, quasi all’unanimità, che il progetto vincente andasse realizzato lo stesso. Mai e poi mai, replicò il Denkmalamt, e sulla stessa linea si schierò il ministero da cui esso dipende.

Gli investitori, con una valanga di perizie, hanno tentato di combattere l’ordinanza. Intanto, cambio di governo, nuovo ministro, la signora Schmied, socialdemocratica. Ma la commissione di esperti della protezione restava la stessa, e siccome lo sapevano tutti che il progetto troppo "moderno" non era gradito al Capitano, la ministra non si mosse. Finalmente, gli investitori si arresero e abbandonarono il progetto vincente del concorso, incaricando un nuovo gruppo di architetti, che dovevano sviluppare i piani sotto il controllo strettissimo del presidente della commissione degli esperti del ministero, il prof. Hueber, dell’università tecnica di Vienna.

Il 27 aprile, investitori, architetti, il prof. Hueber – ed il vicesindaco, in barba a quanto aveva votato il Consiglio – hanno presentato alla stampa il nuovo progetto, fissato con una nuova ordinanza del ministero.

L’ordinanza permette, con deroga eccezionale, la demolizione di due delle tre case che costituiscono il complesso e la costruzione di un nuovo complesso – ma solo e soltanto quello giudicato "ammissibile" dagli esperti ministeriali. Ammissibile in quanto sarebbe un compromesso fra la funzione (un centro commerciale, cioè, che non può che differire da un palazzo borghese dell’Ottocento) e la preservazione dell’insieme, dichiarato "monumento nazionale".

Sarebbe ammissibile, bontà loro, perfino un "linguaggio architettonico contemporaneo", purché "adeguato" al contesto storico. "Purtroppo, è arcinoto che l’architettura contemporanea parla e rutta (sic, testualmente) in diversi dialetti", sentenzia il professore della conservazione, dunque questa architettura va disciplinata, controllata, in ogni piccolo dettaglio materiale, dagli sporti alla forma delle finestre.

Ora, il senso di "adeguato" è sotto gli occhi di tutti: Una nullità. Una noia pomposa, da emporio novecentesco bulgaro ai tempi del socialismo reale, senza offesa per il nuovo stato membro dell’Unione Europea. E per questo si sarebbero battuti i baluardi della protezione dei centri storici? Questo sarebbe il compromesso storico fra sviluppo urbanistico e rispetto della tradizione culturale? L’imperatore Massimiliano al quale s’ispira il Capitano – appunto, quello che ha fatto costruire il "Tetto d’Oro" rinascimentale in una città gotica – di fronte a questa vergogna si sarebbe suicidato. O magari sarebbe stato colpito di un infarto ridendo troppo.

Chi, in futuro, prenderà sul serio un concorso urbanistico, se risulta possibile ignorarlo? Chi, quando bisogna rinnovare la tessitura urbanistica, oserà rischiare, magari anche fallendo, se il più importante dei 10 comandamenti impone di "non dare fastidio"? In questo modo, la città, organismo vivente per eccellenza, rischia di morire pietrificata.