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QT n. 6, 25 marzo 2006 Servizi

Il candidato venuto da lontano

Conversazione a più voci con Giorgio Tonini, candidato (contestato) per l’Unione a Trento.

Il nostro secondo dibattito vede al centro il candidato dell’Unione nel collegio di Trento, Giorgio Tonini: candidatura anche vivacemente contestata in quanto imposta da Roma. Con Tonini (trentino acquisito da "soli" vent’anni, e che peraltro a Roma ha saputo guadagnarsi stima e apprezzamento) discutiamo del significato di questa sua candidatura, e più in generale dei temi di queste elezioni; assieme al giornalista Carmine Ragozzino (suo esplicito contestatore) e al prof. Giovanni Pegoretti, ordinario di Economia all’Università di Trento.

Iniziamo a discutere della candidatura di Giorgio Tonini e delle perplessità che ha suscitato, del fatto che è stata recepita come un esempio di imposizione romana. Per esplicitare meglio questa posizione, diamo la parola a Carmine Ragozzino (giornalista ed ex consigliere comunale), che anche sulla stampa ha in merito pubblicamente espresso pesanti riserve.

Il nostro dibattito: da sinistra, Giovanni Pegoretti, Carmine Ragozzino, Giorgio Tonini.

Ragozzino:La classe politica trentina non ha alcuna capacità né di rinnovarsi né di mettersi in sintonia con chi non è dentro gli apparati; cioè con gli elettori, i quali, ancor più ora grazie alla nuova legge elettorale proporzionale a liste bloccate, non hanno proprio più alcuna voce in capitolo. L’unico modo per contare è partecipare alla decisione delle candidature, ma se alle primarie trentine vengono presentate in giro nelle assemblee delle persone e poi nessuno di queste entra in lista, è chiaro che siamo di fronte ad una colossale presa in giro. L’errore, capitale, è sequestrare le decisioni, non considerando un mondo che avrebbe diritto di partecipare, e invece lo si prende in giro. Ora, sia chiaro, non sto facendo un problema di singoli candidati: è un problema di metodo, di come vengono gestiti i rapporti con l’elettorato, e con questi metodi le persone si allontanano. Così facendo, molta gente disillusa voterà semplicemente perché bisogna fermare Berlusconi, non per reale convinzione, o perché aderisce ad un partito, o ha fiducia nel governo di centro-sinistra.

Tonini:Questa espressa da Ragozzino è una reazione comprensibile e giustificata. Bisogna però tenere conto di alcuni fattori. Con il passaggio dal proporzionale al maggioritario, si è andati incontro ad una nuova distribuzione sul territorio delle forze politiche. I collegi ai quali tutti i senatori prima appartenevano sono scomparsi in tutta Italia, ed in Toscana, dove ero stato eletto, i seggi sono diminuiti ed il mio spazio elettorale non c’è più. A quel punto la direzione centrale dei DS ha deciso che era più opportuno che io mi candidassi in Trentino e così sono stato proposto come candidato. Da noi si presentava una situazione in cui si doveva scegliere fra tre opzioni: io, Gianni Kessler, candidato uscente, ed una donna di cui si doveva ancora delineare il nome. Il partito ha deciso che fra i tre fosse meglio rinunciare a Kessler. Gli eventi purtroppo si sono susseguiti rapidamente, in quanto il cambio di legge elettorale è avvenuto solo tre mesi fa e non siamo riusciti a fare le primarie in Trentino con me tra i candidati, in quanto allora sembrava che dovessi presentarmi in Toscana.

Sul coinvolgimento degli elettori, c’era già un progetto, e se fosse andato avanti il sistema dei collegi uninominali, già in queste elezioni si sarebbe sicuramente sperimentato qualche tentativo di primarie in Italia. Purtroppo l’avvento del proporzionale ha creato grossi problemi organizzativi sia interni al partito, che riguardo al progetto delle primarie.

Sta di fatto che in Trentino delle para-primarie si sono fatte, ma sono state una burletta. Perché se si dovevano designare due candidati, una eccezione sul suo nome, per i motivi che lei ha spiegato, è comprensibile. Ma due eccezioni, cioè il 100%, no. Così non ci siamo proprio...

Tonini:Posso concordare. E bisogna arrivare, in positivo, a una soluzione. Che a mio avviso può consistere nella creazione di un partito forte ed allargato: in un organismo grande ci sono meno personalismi, più democrazia, e si può gestire meglio anche questo aspetto della politica.

Veniamo a temi più generali, iniziando dall’Autonomia. E’ chiaro che il Trentino esercita una grande attrazione sui centri montani delle regioni vicine; il che è frutto di specifiche politiche orientate alla montagna, ma anche dei soldi dell’Autonomia. E allora si ha la reazione delle altre Regioni, che attaccano una disparità di trattamento fiscale che oggi si fatica un po’ a giustificare.

Pegoretti:Il Trentino gode di un’Autonomia di rilevanza storica ed ha una buona capacità di autogoverno. E allo stesso tempo è piccolo e quindi ci si può permettere di farne un laboratorio, di sperimentare nuovi metodi nei campi più disparati e dare, perché no?, dei modelli istituzionali per l’intero Paese. Ad esempio, nella scuola si può sperimentare se il preside-manager è un fattore positivo o meno. Certo, queste sperimentazioni costano, ma in una realtà piccola costano poco, e possono servire a tutti.

Tonini:C’è una ragione per cui la Regione ha questa autonomia, ed è il problema della convivenza dei tre distinti gruppi etnici, italiani, tedeschi e ladini. Da questo punto di vista si è fatto un ottimo lavoro e le risorse investite sono state ben utilizzate rispetto a quanto succede in molte altre zone di confine di altri Paesi. E anche dal punto di vista strettamente economico il ritorno è certo: l’Italia ha speso in fondi destinati alle comunità locali, invece che in polizia, esercito, ecc.

Questo per il passato recente. Per l’oggi il problema dell’Autonomia si intreccia con quello del federalismo. Ciò che manca all’Italia è il federalismo fiscale: si deve andare verso di esso, permettendo nel tempo che ogni Regione si faccia carico delle proprie spese e di una propria quota del debito pubblico (e questo oggi è il nostro problema maggiore: il Trentino non concorre a pagare il debito dello Stato). Ora, il federalismo fiscale comporta vari problemi, non si può pensare che se in uno Stato le strutture produttive sono concentrate in alcune aree a ciò vocate, le conseguenti risorse rimangano tutte lì. E se vi sono aree che territorialmente hanno dei problemi, come appunto le nostre aree montane, non se ne tenga conto.

Comunque sull’argomento la destra si è dimostrata ampiamente antifederalista, perché nel suo disegno di legge con la devolution il governo centrale continua a decidere il livello di tassazione che deve essere uguale per tutti.

Specifico meglio: in Europa si può scegliere fra il modello britannico a bassa tassazione e a basso investimento sociale ed il modello scandinavo con alta tassazione ed alto investimento sociale, l’importante è rimanere in pari con il bilancio stabilito da Maastricht; la destra italiana, invece di federalizzare, centralizza, decide lei, da Roma, il livello di tassazione, non permettendo alle Regioni di mettere il livello di imposte più congeniali al territorio in cui ci si trova.

L’idea di creare un laboratorio in Trentino come motivazione di un relativo privilegio fiscale è un discorso giusto? Prodi parla di un modello di formazione professionale, da sperimentare nella regione sostanzialmente in cambio della difesa dell’Autonomia…

Tonini:Prodi è stato molto chiaro in merito, quasi brutale, dicendo che difenderà l’Autonomia in cambio della capacità del Trentino di rendersi utile al Paese sperimentando, ad esempio avviando un modello di scuole tecniche. Credo che sia un discorso che sta in piedi, in quanto in Trentino ci sono le risorse disponibili per poter investire in questi progetti e, in caso di riuscita del progetto, di esportarlo in tutto il paese. Il Trentino deve essere una regione all’avanguardia in Italia, ne ha tutte le potenzialità.

Ragozzino:Ho qualche dubbio in proposito: in Trentino esiste un problema di classe politica che ha carenze spaventose in fatto di competenza, di innovazione e di creatività. Con questo non voglio assolutamente negare ciò che fino ad ora in Trentino di buono è stato fatto, ma contesto che questa regione abbia le capacità per investire in progetti nuovi e d’avanguardia. Da noi si investe in strutture, in mattoni, non nelle cose che nelle strutture devono vivere.

Giorgio Tonini con Romano Prodi.

Tonini:Rimango al tema della scuola. Al laboratorio per la scuola tecnica ci credo molto: l’istituto trentino di valutazione sulla scuola è un esempio. E’ stato il primo in Italia, viene preso ad esempio, ed inoltre ci ha confermato che il livello delle nostre scuole è molto buono, anche rispetto al resto d’Europa. Insomma, ci sono tutte le premesse per fare un buon esperimento sulla formazione. E io credo a questa visione di Prodi, di puntare ad un’Autonomia aperta a nuove idee, nuovi progetti e, attraverso questa strada, ad un’integrazione del Trentino con il resto dell’Italia.

Veniamo al tema dei rapporti con la Chiesa. La legge sulla fecondazione assistita può essere cambiata se la coalizione di sinistra vincerà le elezioni? Oppure il centrosinistra si spaccherà su questo argomento?

Tonini: Abbiamo lavorato molto in questi anni, nel tentativo di arrivare ad una posizione politica comune su questi temi, dove il centrosinistra tende a spaccarsi sull’asse laici-cattolici. Si denota quindi un’esigenza interna alla nostra coalizione di confrontarsi ed arrivare ad una mediazione ed anche a un compromesso che permetta di trovare soluzioni buone. Sul caso specifico della fecondazione assistita, il tentativo attraverso il referendum è fallito, ma il metodo del confronto comincia a funzionare. Infatti vi sono già degli accordi su temi analoghi: il centrosinistra lavorerà per il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto ed un accordo analogo c’è anche sul testamento biologico. Questo metodo, se reggerà, potrà essere generalizzato.

E per quanto riguardo i rapporti con la Chiesa?

Tonini:Personalmente ho in mente come modello De Gasperi, che era contemporaneamente un vero cattolico ed un vero laico, riuscendo ad opporsi alla Chiesa su svariati temi. Ma questo è stato possibile perché aveva un partito forte alle spalle. Per noi invece, con un pulviscolo di partiti che si inchinano a tutti i poteri compreso quello della Chiesa, il compito risulta più difficile. Questo è un ulteriore motivo per cui è importante che nasca un partito forte, il Partito Democratico, di laici e cattolici, più grande dei singoli Ds e Margherita sommati.

Ma questa non è una ragione per cui alla Chiesa conviene che il Partito Democratico non si faccia?

Tonini:Eh... sì. Però la politica ha la sua autonomia e la Chiesa deve stare al suo posto. Esprime le proprie opinioni come ha il diritto di fare, ma la mediazione politica devono farla i laici, credenti o no che siano. Chi crede in una politica con una forte attenzione alla cultura cristiana, ha tutto l’interesse a costruire un partito unico e forte in cui credenti e non credenti si confrontino.