Create-Net: innovazione o fumo negli occhi?
Innovazione o fumo negli occhi? Un celebre ricercatore americano sbarcato a Trento, un centro di ricerca generosamente finanziato, ma dai dubbi risultati e scarsa trasparenza. Si ripropone il tema della verifica della ricerca, dei possibili sprechi, dei soldi che non vanno investiti a casaccio.
Possibile che il centro di ricerca "Create-Net", finanziato fin dalla sua nascita nel 2003 con diversi milioni di euro dalla Provincia, generi accesi contrasti tra chi lo considera un centro di eccellenza e innovazione e chi lo accusa di essere una struttura poco efficiente, oltre che una fucina di precariato? Sembrerebbe di sì. Vediamo perché.
Create-Net (d’ora in poi CN) è nata nel 2003 come associazione senza scopo di lucro con l’obiettivo di fare attività di ricerca e sperimentazione nel campo delle tecnologie avanzate di telecomunicazione. Per questa ragione CN è stata finanziata dalla Pat, tramite un bando, per una somma di 6 milioni di euro versata nell’arco di tre anni. Membri di CN nel 2003 erano l’Istituto trentino di cultura (allora ITC), l’Università di Trento, il CNR di Pisa, il Budapest Institute of Technology e l’Israel Institute of Technology (Technion). Associati fondatori erano anche il Politecnico di Torino ed il TKN di Berlino, che però successivamente uscirono, troncando i rapporti con CN. Principale ideatore e presidente di CN era ed è Imrich Chlamtac, celebre ricercatore americano, tra l’altro già legato professionalmente a ben tre dei cinque organismi fondatori rimasti in CN, ovvero l’università di Trento, il Technion israeliano e l’istituto di Budapest. A Trento Chlamtac è professore straordinario ad Ingegneria, ma sembra impossibile scoprire quali corsi abbia tenuto o tenga agli studenti dal momento che il sito dell’Università non ne segnala nemmeno uno e il professore non ci ha risposto alla mail inviata ai suoi due indirizzi dell’università.
CN si è prefissata il compito di sviluppare tecnologie avanzate nel campo delle telecomunicazioni che possano essere di servizio ai cittadini, agli enti pubblici ed alle industrie e che attirino ricercatori internazionali in Trentino. Il 27 aprile del 2004 l’assessore provinciale alla ricerca Gianluca Salvatori affermava al Corriere del Trentino che sarebbe stata valutata nei tre anni "la capacità del centro di generare, attraverso la ricerca, nuove imprese". Rispetto ai buoni propositi del 2003 cosa ha dunque realizzato CN?
Per scoprirlo partiamo da uno specifico documento che dovrebbe, apparentemente, eliminare qualsiasi dubbio: il "Rapporto finale dell’attività di monitoraggio di Create-Net" steso nel dicembre 2006 dall’ing. Cesare Mossotto, monitore di CN per conto del "Comitato tecnico scientifico per la ricerca e l’innovazione" della Pat. Leggendo il documento si rimane affascinati dai risultati conseguiti in tre anni da CN: un riconosciuto prestigio internazionale grazie ad oltre 100 pubblicazioni ed all’organizzazione di una cinquantina di eventi scientifici, accordi siglati con oltre 250 istituti europei e mondiali, una stretta rete di collaborazione con il territorio ed un forte impatto sui progetti di interesse pubblico, il finanziamento di 14 progetti da parte dell’Unione Europea e del Ministero, la creazione di un’organizzazione composta da più di cinquanta persone tra manager, ricercatori internazionali e giovani laureati e dottorati trentini che hanno potuto lavorare al meglio poiché - sono parole del monitore Mossotto - "uno dei punti di forza di Create-Net è l’ambiente di lavoro considerato stimolante e cooperativo".
Tombola! Cosa dovrebbe dunque concludere chiunque indagasse sull’operato di CN? Ovvio: che CN ha realizzato i suoi obiettivi e che i milioni di denaro pubblico (almeno 7,4 tra il 2003 e il 2007) sono stati ottimamente spesi.
La nostra inchiesta finirebbe qui se CN non fosse al centro di una polemica non ancora sopita tra la dirigenza e i ricercatori dipendenti. E se il consigliere provinciale dei DS Bondi non avesse promosso ben due interrogazioni sul caso, costringendo l’assessore Salvatori ad una risposta incompleta e impacciata, come ci ha confermato anche il consigliere provinciale di Forza Italia Mauro Delladio.
Per prima cosa è doveroso precisare che il lavoro dell’ing. Mossotto, di cui non si intende mettere in dubbio né la professionalità né la buona fede, non scrive la parola fine sul monitoraggio e sulla valutazione del lavoro svolto da CN da parte della Pat. Anzi.
Nel "Programma pluriennale della ricerca per la XIII legislatura" della Pat si promuove l’attività di due enti distinti che hanno il compito di valutare l’operato dei centri di ricerca finanziati dalla Provincia. Il primo di questi enti è il già citato CTS, "Comitato tecnico-scientifico per la ricerca e l’innovazione" (a cui fa riferimento il monitoraggio di Mossotto), che ha il compito di valutare i singoli progetti e l’attività di ricerca. Il secondo ente è il CVR, il "Comitato di valutazione della ricerca", che in maniera indipendente dal primo valuta i risultati ottenuti dai progetti. Il prof. Gianluigi Gorla, membro del CTS, ci consente di comprendere meglio la differenza tra i due comitati: "Il CTS lavora per indirizzare e promuovere la ricerca, incluse le attività di selezione e monitoraggio. Le sue valutazioni sono ex-ante e in processo, ovvero riguardano le singole iniziative e il loro merito. Il "Comitato di valutazione" invece si pone la domanda: quali sono le ricadute sul territorio di natura economica, produttiva, tecnologica, sociale dei progetti? Il ‘Comitato di valutazione’ deve essere distinto dal ‘Comitato tecnico-scientifico, altrimenti come potrebbe valutare, con distacco, i risultati ai quali lo stesso ‘Comitato tecnico-scientifico’ ha concorso?".
A quanto sembra, dunque, per avere un’effettiva e distaccata valutazione dell’impatto sul territorio dei centri di ricerca quali CN non basta il monitoraggio dell’ing. Mossotto, ma è opportuno attendere anche la relazione del "Comitato di Valutazione" che, avendo iniziato i lavori solo nel gennaio scorso, deve ancora pubblicarne gli esiti.
Entriamo ora nel merito della relazione del monitore. Partiamo dal rapporto esistente tra CN e i suoi ricercatori dipendenti. A differenza da quanto affermato da Mossotto, il clima in CN sembra essere tutt’altro che stimolante e cooperativo, almeno a quanto risulta dalla dura vertenza sindacale che ha scosso l’associazione per diversi mesi tra la fine del 2006 e l’inizio del 2007, trovando ampia eco sui quotidiani locali. Mirko Carotta, della CGIL, ci conferma che "il clima era diventato tale che molti ricercatori decisero di andarsene perché impossibilitati a lavorare serenamente". In effetti se si confronta lo staff di CN presente nel documento di monitoraggio (dicembre 2006) e quello attuale, risulta che in un anno una decina di ricercatori se ne sono andati.
Il direttore associato di CN Alessandro Zorer, in altre occasioni molto disponibile, ha glissato sull’argomento non fornendoci i dati che avevamo richiesto in proposito. Così come non abbiamo potuto verificare con certezza quale sia attualmente il numero preciso dei ricercatori con un contratto a tempo indeterminato. Zorer si è lasciato scappare solo una quantificazione approssimativa: circa quattro-cinque. Tenendo conto che i ricercatori di CN sono una quarantina, è facile trovare la percentuale degli stabilizzati. Forse anche per questo la fuga da CN sembra non essersi fermata.
"CN rispecchia un modello tipicamente americano, portato dal presidente Chlamtac e basato sul motto: ‘La società è privata e tutte le sue scelte riguardano solo noi dirigenti’" – prosegue Carotta. Peccato che i 7,4 milioni di euro siano pubblici e che la Pat rimanga l’unica ancora di salvezza per coprire le spese ordinarie e strutturali.
I ricercatori, inoltre, in questi anni non hanno potuto beneficiare di una programmata rete di formazione interna che consentisse di trasmettere conoscenze e di consolidare le competenze. Un giovane ricercatore ci ha addirittura riferito che al massimo era stato organizzato per i dipendenti un corso di inglese, che però sembra non sia nemmeno partito.
La questione contrattuale, per quanto delicata e importante, non è tuttavia l’unica ombra presente in CN. Nel documento elaborato dal monitore si faceva riferimento alla realizzazione di oltre 100 pubblicazioni, tra saggi e articoli. Non siamo in grado di giudicare lo spessore delle riviste sulle quali sono comparsi gli articoli, la cui valutazione, come ci dice Michele Andreaus, coordinatore dell’Osservatorio provinciale sulla ricerca dal 2002 al 2004, è piuttosto complessa e controversa. Ci limitiamo a rilevare che se queste pubblicazioni sono le stesse presenti sul sito di CN, allora dovrebbero essere quanto meno ridimensionate nel numero, dal momento che sul sito sono citati anche articoli o saggi pubblicati nel 2001 e nel 2002, ovvero prima della nascita di CN.
Il prestigio, inoltre, non deriverebbe soltanto dalle pubblicazioni, ma anche dall’organizzazione di una cinquantina di conferenze internazionali. Zorer gongola a pronunciare queste cifre perché, dice, "sono questi gli elementi che ci permettono di farci notare a livello mondiale". Certamente. Ci sorge, tuttavia, un dubbio: se i ricercatori (la quarantina di precari di cui sopra) sono impegnati ad organizzare 15-20 conferenze all’anno, sono anche in grado di mantenere alto il livello delle conferenze e, allo stesso tempo, di proseguire con efficienza negli altri progetti di CN?
Il tema della conferenze, peraltro, riserva una sorpresa. "Le conferenze - afferma Zorer - sono organizzate dal punto di vista scientifico da CN e da quello logistico da altri enti". Tra questi enti il principale partner di CN è l’ICST, una società texana che dovrebbe curare l’aspetto organizzativo, ovvero la prenotazione delle sale, la sottomissione degli articoli, la preparazione del materiale da consegnare ai partecipanti, finanche il coffee-break. Per facilitare la logistica è stato realizzato un software, si badi bene da parte di un ricercatore di CN, denominato "Cocus", che di fatto semplifica il lavoro di ICST. Ciascun partecipante alle conferenze deve pagare una cifra che varia all’incirca tra i 300 e i 700 dollari ad evento (vitto e alloggio esclusi). Perfino gli stessi ricercatori di CN devono pagare la quota d’iscrizione per partecipare. O meglio paga CN, ovvero la Provincia.
Ma a chi viene versata questa quota? A quanto viene indicato dall’iscrizione online, la quota finisce all’ICST, mentre CN per tutto il lavoro svolto ("Cocus" compreso) sembra non percepire un centesimo. E’ singolare, poi, che cliccando sul sito di ICST alla pagina "Scientific Council" si venga a scoprire che il presidente del Comitato scientifico è proprio… Imrich Chlamtac, cioè il presidente di CN.
Ma CN non dovrebbe occuparsi di pubblicistica scientifica e di organizzazione di conferenze. Come tante volte affermato sui giornali e confermato da Mossotto, dovrebbe anche collaborare con il territorio alla realizzazione di progetti di interesse pubblico. E’ la stessa CN che sul suo sito critica il modello europeo della ricerca in quanto "poco produttivo", a differenza del proprio che viene definito "incisive and visible". E’ così?
In questa direzione doveva andare il Testbed, del quale ci ha parlato l’ing. Roberto Grasso, dipendente e responsabile proprio del Testbed per CN e poi diventato uno dei cervelli in fuga dal centro: "Posto che non tocca a me dare valutazioni, rileggendo la proposta del progetto che ha ottenuto il finanziamento dalla Provincia, mi sembra che esso fosse molto imperniato sulla realizzazione di un Testbed cittadino, ovvero un sistema tale da rendere la città di Trento un unico laboratorio di sperimentazione di nuovi servizi ed una fucina di start-up e di brevetti. Questo punto rappresentava un elemento qualificante della proposta e tale da giustificare l’ingente investimento. Ma non mi sembra che i risultati siano eclatanti".
Forse è colpa, come ci ha suggerito Zorer, del periodo troppo breve (quattro anni) che non consente di valutare al meglio i risultati della ricerca. L’ing. Grasso non sembra pensarla allo stesso modo: "Sul lungo periodo siamo tutti morti! Il MIT, per esempio, valuta i progetti dopo 3 anni. Quelli che non hanno conseguito risultati sufficienti vengono chiusi e nuovi progetti vengono aperti. Sistema un po’ spietato ma funzionante". Piuttosto esplicito.
Un altro dei progetti maggiormente pubblicizzati sui giornali e citati anche dal monitore è il cosiddetto progetto "Assist". Fin dal 2004 il presidente Chlamtac aveva annunciato a breve la realizzazione di un sistema grazie al quale era possibile raccogliere informazioni "viaggianti", sfruttando cioè le automobili come veicoli non solo di persone e merci ma anche di informazioni. In questo modo, ad esempio, sarebbe stato possibile monitorare in tempo reale le strade di montagna maggiormente soggette alla formazione di ghiaccio ed avvertire del rischio gli automobilisti ed i servizi deputati della Provincia. Il progetto sta proseguendo attraverso la collaborazione con Algorab che, secondo uno dei suoi fondatori, Mirko Gremes, "vorrebbe industrializzarlo appena giunto a maturità e dopo aver risolto alcuni problemi, come ad esempio l’autonomia di lungo periodo delle batterie". Il progetto sembra interessante e siamo curiosi di vederne i risultati futuri, ma il sito di CN inspiegabilmente afferma che "sarà completamente operativo a giugno 2007". Giugno 2007? Il ritardo è già di sei mesi…
Per giunta l’originario progetto "Assist" non riguardava soltanto i sensori di ghiaccio, ma anche un sistema che avrebbe consentito agli automobilisti di Trento di sapere subito quali parcheggi erano liberi nelle vie di loro interesse. Un altro progetto futuristico del quale però possiamo evitare di verificare i risultati, dal momento che dopo essere stato pubblicizzato con entusiastici articoli su L’Adige e il Trentino, è stato tristemente messo in soffitta, senza mai giungere alla prova dei fatti.
Il caso che però ha gettato le maggiori ombre sulla ricerca di CN a favore del territorio, è il cosiddetto progetto "Convergenza-TuttoIp", dalla vita un po’ complicata. Il progetto nacque dall’idea di un imprenditore sudtirolese, Christof Erckert, che diede vita con CN alla TuttoIp srl, prima di vendere la propria quota ad Alpikom e darsi agli impianti a biogas. Anche perché, nonostante i 2.519.000 euro di contributo provinciale giunti nel marzo 2006, l’idea iniziale era stata nel frattempo superata dall’evoluzione tecnologica, che aveva reso quel progetto obsoleto e bisognoso di una trasformazione radicale.
Un ex ricercatore di CN, Matteo Piazza, nel luglio scorso ha denunciato pubblicamente con una lettera all’assessore Salvatori (http://trasparenze.blogspot.com/2007_07_01_archive.html) lo stato di semiabbandono del progetto e la complicità in questo di Alpikom e CN.
Ma che ne è stato ora del grande sogno "Convergenza-TuttoIp"? "Attualmente, ci ha riferito il direttore generale di Alpikom Roberto Loro, il progetto consiste nello sviluppare una piattaforma di servizi per comunicazione dati, audio e video a vantaggio delle aziende. Tale compito è svolto dalle risorse interne di Alpikom e dall’Università di Pisa".
E CN, come mai è sparita dal progetto? "In realtà - assicura Loro - CN non è sparita ma è stata coinvolta in un secondo tempo per portare avanti una parte del progetto, rivolto ad un sistema di videocomunicazione per la gestione dei servizi socio-assistenziali". Un dubbio ci assale: perché a CN è stata affidata soltanto una parte dello sviluppo della piattaforma, nonostante l’idea iniziale fosse stata avanzata proprio da lei? "Questione di specificità diverse sulle competenze", risponde Loro.
Diplomazia della retorica! Come a dire, meglio che della piattaforma di servizi per le aziende (ovvero l’originale progetto TuttoIp) si occupi qualcun altro.
Anche in questo caso staremo a vedere se Alpikom e CN rispetteranno in pieno i loro impegni. O se aveva ragione Matteo Piazza a denunciarne l’immobilismo.
E veniamo, alla questione brevetti. Un centro di ricerca, come è scritto sul sito, dovrebbe produrre come risultato del suo lavoro dei brevetti commercializzabili. Bisogna precisare però che nell’iter previsto il primo passo è quello della sottomissione dei brevetti (che chiunque può fare pagando, poiché si tratta di depositare un’idea), mentre il secondo passo, quello decisivo, riguarda l’accettazione dei brevetti stessi secondo il protocollo previsto dall’Unione Europea. Ad oggi CN, a detta di Zorer, ha sottomesso quattro brevetti, ma ancora nessuno di questi è stato accettato secondo il protocollo UE. Anche in questo caso la colpa è attribuibile ai tempi lunghi della burocrazia?
Per finire, è interessante andare a vedere quale sia il rapporto tra CN e le industrie. Sul sito si ribadisce che gli imprenditori sono figure strategiche per trasferire i risultati della ricerca nell’industria. Siamo andati a chiederlo ad un importante imprenditore sudtirolese che in passato è stato contattato da CN per una stretta collaborazione. Le sue parole non lasciano adito a dubbi: "Questi enti di ricerca sono impostati male, perché invece di concentrarsi in un campo specifico e puntare all’eccellenza, spaziano in molteplici campi dove altre strutture più organizzate nel mondo ( in California o in Giappone) sono molto più avanti. La politica invece concede milioni di euro in contributi per questi centri intermedi poco collegati con le aziende ed incapaci di capirne le necessità. Anche a me, come a molti altri in regione - glielo assicuro - è accaduto questo e di conseguenza mi sono rivolto altrove".
Perché, verrebbe da chiedersi, l’ente pubblico non si rende conto del possibile spreco derivante da un finanziamento a pioggia di questo genere? Il nostro interlocutore ci ha fornito una risposta interessante: "I politici credono di portarsi in casa dei geni, che invece diventano solo una causa di sperpero di denaro pubblico. La Provincia sostiene profumatamente questi presunti geni, finendo per togliere risorse alla ricerca di base dell’Università o alla ricerca innovativa promossa dalle aziende. Ma nessuno ci fa caso, perché il mondo di chi concede questi contributi e di chi li ottiene è lo stesso. Insomma, si proteggono tra loro e bisogna stare attenti a muovere delle critiche: non sono capaci di accettarle e appena possono si scagliano contro chi le ha sollevate. Ecco perché molti industriali parlano di queste cose tra loro ma non si fidano a dirle in pubblico". E per questo stesso motivo il nostro interlocutore ha chiesto di mantenere l’anonimato.
Da tutta la vicenda la nostra impressione è che, nonostante le informazioni raccolte, sia quelle elogianti l’operato di CN sia quelle tese ad evidenziarne le ombre, manchi tuttavia una trasparenza di fondo. Il consigliere Bondi al proposito è esplicito: "Nella vicenda di CN e in generale in tutta la questione riguardante la nuova FBK (la Fondazione Bruno Kessler all’interno della quale CN è confluita, n.d.r.) dire che manca trasparenza è un eufemismo. Il mio sospetto è che ci sia stata e ci sia ancora un’oscura gestione di denaro pubblico. Le pare possibile, per esempio, che nessuno possa venire a conoscenza dei contratti dei dirigenti della FBK (interamente finanziata dalla Provincia) che sono stati tutti selezionati senza concorso? E’ l’emblema di come il potere politico consideri ‘proprio’ il denaro pubblico".
E la cosa risulta ancor più stridente dal momento che si tratta di soldi investiti in ricerca. A cui si dovrebbe particolarmente tenere poiché, se sperperati, non solo vanno persi, ma non generano alcuna innovazione.
Per questo la trasparenza degli enti di ricerca diventa imprescindibile, a partire, ad esempio, dal bilancio. Purtroppo alla nostra reiterata richiesta di visionare il bilancio di CN, i vertici della società hanno fatto orecchie da mercante. Trattandosi di denaro pubblico, sarebbe stato auspicabile un atteggiamento diverso.
Ma si sa: occhio non vede, cuore non duole.