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QT n. 2, 28 gennaio 2006 Servizi

Ordine dei medici, si cambia. Per dove?

Dopo una vivace campagna elettorale, cambio della guardia al vertice. Intervista al nuovo presidente Giuseppe Zumiani.

Andrea Grosselli

A dispetto delle temperature siberiane, questo scorcio d’inverno, almeno nella sanità trentina, pare rovente. Basta sfogliare i quotidiani locali per rendersene conto. A partire dalle clamorose rivelazioni sugli affari della clinica Solatrix, passando per la polemica fra Provincia e sindacati sulle rette delle case di riposo, fino ad arrivare all’ultimo, durissimo richiamo ai medici dell’assessore Andreolli perché limitino le esternazioni pubbliche sulle decisioni provinciali, è tutto un fiorire di piccole e grandi dispute. Insomma, l’atmosfera è incandescente, mentre siamo alla vigilia del dibattito sulla riforma sanitaria – discussa ma non ancora approvata dalla giunta provinciale - che dovrebbe superare la legge 10, ormai vecchia di dodici anni.

Ad aprire la stagione delle polemiche è stato un altro evento, quasi una piccola rivoluzione. A metà dicembre, alle elezioni per il consiglio dell’Ordine, i medici trentini hanno bocciato Fabio Branz, presidente uscente che tre anni fa aveva preso il testimone da Paolo Barbacovi, oggi consigliere provinciale per i Ds. La vittoria - e lo scranno di presidente dell’ordine - è andata a Giuseppe Zumiani, primario di dermatologia a Trento e Rovereto.

Come ogni campagna elettorale che si rispetti, anche quella dei medici trentini non si è risparmiata polemiche velenose. Zumiani ha lanciato la sua sfida accusando Branz di piegarsi troppo facilmente ai voleri dell’assessore alla sanità Andreolli. Al di là della sua opinabilità, il messaggio di Zumiani è stato efficacissimo. Grazie ad esso ha saputo intercettare l’insofferenza dei medici – soprattutto ospedalieri - verso il verticismo di Favaretti e dell’azienda sanitaria che troppo spesso impongono le decisioni dall’alto. A dire il vero, la stessa percezione è diffusa anche tra i medici che si sono schierati con Branz, a riprova che il mancato coinvolgimento dei medici è un problema reale. Ma, in questo clima, il pacato e signorile atteggiamento di Branz è risultato perdente.

A spostare il consenso non è stata solo la politicizzazione dello scontro e la denuncia contro la burocrazia dell’azienda. La lista di Zumiani ha infatti accusato l’assessore Andreolli di porre troppi limiti alla libera professione medica, criticando la decisione di consentire la scelta tra il lavoro nel pubblico e quello nel settore privato solo una volta ogni cinque anni, mentre la legge permetterebbe questo passaggio ogni anno. Di tutto ciò e dei prossimi impegni come presidente dell’Ordine, abbiamo parlato con Giuseppe Zumiani.

La sua elezione, dottor Zumiani, ha coinciso con una grande partecipazione al voto.

"Il confronto tra due liste contrapposte ha certamente stimolato la partecipazione. Inoltre il fatto che io sia un medico del Santa Chiara ha convinto molti colleghi ospedalieri ad andare a votare. Ma c’è anche un generale desiderio di partecipazione alle scelte di politica sanitaria".

Chi è Giuseppe Zumiani

Nato a Tenno il 26 agosto 1946, ha svolto studi tecnici in un istituto di chimica industriale a Valdagno. Iscrittosi all’università di Padova, si laureò in biologia. Da lì passò a medicina e chirurgia. Nel 1983 ha conseguito la specializzazione in dermatologia, alla quale ha aggiunto quella in oncologia medica a Pavia nel 1989. Già primario a Rovereto, ora dirige anche il reparto del Santa Chiara dove ha sostituito Mario Cristofolini.

Sposato, due figlie, vive a Trento. Zumiani è un vero sportivo. Appassionato di bicicletta – nel suo studio campeggia un’immagine dell’ "amico" Francesco Moser – ha dovuto abbandonare l’antico amore per i troppi impegni professionali. Ora si diletta nella maratona. Tifoso dell’Itas, non nutre grande interesse per il pallone. "Ma – confessa – simpatizzo per la Juve".

Dove nasce questa voglia di contare?

"Credo dal disagio di molti medici, dentro e fuori gli ospedali, di fronte ai cambiamenti della professione e delle normative. Personalmente ho vissuto l’aziendalizzazione della sanità trentina come un fatto positivo. Credo che i medici debbano farsi carico anche degli aspetti manageriali. Ma oggi, a dieci anni dalla nascita dell’azienda unica, è necessario rivedere i rapporti tra medici e amministratori sanitari per riscoprire il ruolo più autentico del medico fondato sul rapporto con il malato".

La sua lista ha criticato l’eccesso di burocratizzazione nella gestione sanitaria.

"Sì. Gli adempimenti burocratici sono vissuti spesso come un atto subìto".

Un esempio?

"Dobbiamo rispettare dei budget con precisi obiettivi. Fin qui nulla di male. Ma poi ci viene chiesto di produrre ogni anno dieci o quindici relazioni. Dobbiamo far fronte alle modifiche normative – si pensi alle norme sulla sicurezza nel lavoro – mentre le risorse gestionali dei reparti sono sempre le stesse. Tutto ciò complica il lavoro del medico".

Non è quindi solo colpa dell’azienda, ma della sanità in generale. Come migliorare la situazione?

"Per snellire le procedure serve una più intensa collaborazione tra vertici amministrativi e medici. Ciò non vale solo per gli ospedalieri, ma anche per i medici di base. Crediamo che serva anche un momento di riflessione collettiva. Per questo, entro sei mesi, vogliamo dare vita ad un tavolo della professione dentro il quale i medici possano discutere e far emergere i reali problemi della sanità".

Intendete riallacciare i rapporti con Branz e la sua lista?

"Certo. Credo che la tensione elettorale, nell’assoluta correttezza, sia servita a sollevare i problemi. Ma ora dobbiamo recuperare la collaborazione di tutti".

Quali sono le priorità del Consiglio dell’Ordine appena insediato?

"Stiamo ragionando sulla scuola di formazione di medicina generale. Infatti a marzo scade la convenzione tra la Provincia e l’Ordine che insieme gestiscono la struttura".

Si vocifera che avreste intenzione di sostituire l’attuale direttore, il dottor Valcanover. (vedi La scuola ha successo? Via il direttore!)

"Abbiamo avuto un primo incontro con il direttore. È indubbio che Valcanover abbia svolto un gran lavoro di innovazione culturale. Purtroppo, come per tutte le innovazioni, piace ad alcuni e ad altri no. Per questo vorremmo che la scuola desse spazio ad altre impostazioni metodologiche. Ma abbiamo appena iniziato a discuterne".

Nella vostra lista è stato eletto il dottor Zerbinati, segretario di un sindacato, lo Snami. Non c’è il rischio che l’ordine assuma una funzione sindacale impropria, perdendo autorevolezza?

"Il problema non sussiste. Non abbiamo cercato Zerbinati in quanto segretario dello Snami. Ma è vero che la rappresentatività dei medici è legata anche alle sigle sindacali".

Si avvicina la riforma sanitaria. Al centro del disegno di legge c’è l’istituzione di una rete ospedaliera provinciale. In poche parole, un chirurgo di Borgo potrebbe operare anche al Santa Chiara, mentre un primario di Trento potrà essere chiamato a lavorare per qualche tempo a Cles. Qual è l’orientamento della sua lista in proposito?

"Nel mondo medico la proposta suscita molte apprensioni e anche nella mia lista le posizioni sono diverse. Le rispondo a titolo personale: l’impostazione della riforma è plausibile. Il medico deve muoversi sul territorio. Io, da sempre, ogni martedì visito a Riva. Credo che la presenza dei primari anche nelle strutture più piccole sia molto produttiva. Inoltre è un modo per diminuire i tempi di attesa e usare tutte le strutture disponibili".

L'Ospedale Santa Chira di Trento.

Veniamo alla libera professione. Avete chiesto con forza che il medico possa decidere con più libertà di esercitare l’attività extramoenia.

"L’abbiamo affermato nel nostro programma: la libera professione è un modo per rispondere alle esigenze dei cittadini che spesso cercano fuori provincia le prestazioni che non ricevono in Trentino. Inoltre serve a limitare i tempi di attesa".

Ma ci si chiede perché, pagando, si possa essere visitati nel giro di pochi giorni da un medico di fiducia, mentre con il servizio sanitario possono passare dei mesi.

"Questo non è vero. Se uno vuole un appuntamento con me in libera professione deve attendere almeno un mese e mezzo".

Non è sempre così... E poi i cittadini sospettano che la libera professione sia conveniente anche per l’azienda sanitaria: su queste prestazioni dentro l’ospedale l’azienda incassa una grossa percentuale.

"Sì, può nascere questo sospetto. Per le liste di attesa però è stato introdotto da qualche anno il sistema ‘Rao’ che certifica le priorità di intervento e garantisce visite molto ravvicinate. Nel mio reparto rispondiamo alla Rao A (la priorità massima, n.d.r.) in 72 ore. In questo senso avere una rete che leghi gli ospedali è fondamentale".

Ma torniamo alla questione della libera professione. Come dovrebbe essere gestita secondo lei?

"Le confesso che io non ho condiviso l’introduzione della libera professione intramoenia. Crea imbarazzo che un medico eserciti a pagamento negli stessi ambiti dove opera come dipendente pubblico. Sarebbe meglio potesse essere svolta solo fuori dagli ospedali. Ma visto che il legislatore l’ha prevista, mi sento di difenderla. Il primo problema è la qualità. Spesso, negli ambulatori, mancano adeguate attrezzature tecniche. Ciò limita l’efficacia della libera professione. C’è poi la scelta della libera professione nel settore privato. La Provincia permette di abbandonare il pubblico solo ogni cinque anni. Nel resto d’Italia la scelta è concessa ad ogni biennio. Questa mi sembra una mediazione plausibile".

Visto che parliamo della sanità privata, come commenta il caso Solatrix?

"Sono molto rammaricato di quanto sta succedendo. Ho sentito i nomi dei colleghi coinvolti nelle indagini - tra l’altro il dottor Mariotti, direttore dell’ospedale di Rovereto, è stato eletto nella nostra lista (l’altro è il dottor Peterlongo, che è appena stato nominato dall’Ordine nel Consiglio sanitario provinciale, n.d.r.) – ma come presidente dell’Ordine mi sento tranquillo. Non vedo alcuna responsabilità dei medici".

Da cittadino prima ancora che da medico, quali sono le priorità per la sanità trentina?

"In primo luogo l’attivazione del reparto di neurochirurgia. Poi una maggiore sintonia tra medici di base e ospedalieri. Infine dovremo continuare sulla strada della prevenzione".