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Violenza o ingiuria?

Una carezza a tradimento, che reato è?

L’articolo 609 bis del Codice penale, introdotto dalla legge 15 febbraio 1996 n° 66, sotto il titolo "dei delitti contro la libertà personale", punisce la violenza sessuale nei seguenti termini: "Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da 5 a 10 anni". Tale norma ha sostituito i precedenti delitti di violenza carnale e di atti di libidine violenti.

Si è giunti a questa radicale modifica dopo un lungo dibattito che ha investito l’intero Paese, soprattutto in seguito alla mobilitazione delle donne e dei movimenti femminili. Il legislatore non ha però definito cosa debba intendersi per atti sessuali. Ciò ha dato luogo a una giurisprudenza oscillante tra una tesi estensiva (che va oltre gli atti di libidine, comprendendo anche toccamenti lascivi e altri comportamenti che ineriscano alla sfera della sessualità umana); una tesi che fa coincidere gli atti sessuali con gli atti di libidine, e una terza tesi restrittiva che richiede per la consumazione del reato che ci sia un contatto fisico tra una parte qualsiasi del corpo di una persona con una zone genitale, anale od orale del partner.

La Corte di Cassazione, a differenza dei giudici di merito, si è fino ad ora attenuta alla seconda tesi, secondo cui il concetto di atti sessuali è semplicemente la somma dei concetti di congiunzione carnale e atti di libidine. Vi è stata ora una svolta che va sottolineata. Con sentenza 23 settembre 2004 n° 37395 (in Diritto e Giustizia, n° 39, 30 ottobre 2004) la terza Sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna di un magistrato che nei locali della Cassazione aveva toccato o accarezzato ripetutamente e all’improvviso i glutei di tre collaboratrici. La Cassazione ha ritenuto che la violenza richiesta per la consumazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nella condizione di non poter opporre la resistenza necessaria per respingere quella che si manifesta in atti improvvisi, inaspettati e insidiosi che prendono alla sprovvista il soggetto passivo.

Ha precisato inoltre che il riferimento al sesso non si limita alle zone genitali ma comprende anche quelle ritenute erogene dalla scienza medica, psicologica e antropologica. Non si può dunque toccare il sedere di una donna (che non sia consenziente), o accarezzarle all’improvviso i seni o baciarla sulla bocca.

Ad una prima lettura mi è sembrato che la sentenza fosse corretta. Poi sono cominciati i dubbi, anche in seguito alla lettura di un articolo critico del magistrato Paolo Itri apparso sulla medesima rivista, secondo cui le manovre insidiose e rapide non possono rientrare nel concetto di violenza o di costringimento fisico, e perché la norma non obbedisce, a suo parere, al criterio di tassatività, mancando la tipizzazione degli atti sessuali. In effetti non si vede dove siano il costringimento fisico o la minaccia nell’atto di un uomo che bacia improvvisamente una donna sulla bocca, o le accarezza alla sprovvista il sedere, il classico pizzicotto dei nostri nonni sul gluteo della servetta di casa.

Eppure questi atti non vengono percepiti, almeno ai nostri giorni, semplicemente come volgari, incivili o ineducati, ma si avverte che essi attingono alla libertà sessuale e personale della vittima anche se privi di violenza, di minaccia o di abuso di autorità. Per altro è impossibile inquadrarli nell’articolo 609 bis, cioè nella violenza sessuale. E allora?

Ho fatto un’indagine tra alcune donne giovanissime, giovani e mature. Tutte mi hanno risposto che avrebbero considerato atti del genere come grave offesa alla loro dignità personale, da punire penalmente, ma assolutamente non come violenza sessuale. Parere non dirimente ma certamente significativo. Ho cercato di immaginare quale norma li potesse censurare e ne ho trovato due che offro alla riflessione dei lettori e dei giuristi.

Il primo è l’articolo 660 del Codice penale che punisce "chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo reca a taluno molestia...". Mi pare tuttavia che difficilmente si possa attagliare alla fattispecie: esige che il fatto avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico, ed è rubricato fra i reati contro l’ordine pubblico. Inoltre è troppo blando e comunque solo in via di ipotesi potrebbe attingere la libertà personale e sessuale delle persone.

Più persuasivo è il reato di ingiuria, che può essere consumato con parole ma anche con atti (in questo caso si chiama ingiuria reale), previsto dall’articolo 594 del Codice penale: "Chiunque offende l’onore e il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 309 euro".

I toccamenti lascivi di zone erogene o genitali, inattesi ed effimeri ma privi di violenza o minaccia, offendono senza dubbio l’onore e il decoro della donna, che però rimane libera di sporgere querela o meno. A questo proposito, il vecchio e reazionario Manzini scriveva nel suo Manuale di diritto penale: "Il toccare insolentemente una persona, il palpeggiarla anche senza commettere atti di libidine od altrimenti osceni, è certamente ingiuria".

Alla fine io credo che questa sia la soluzione migliore, a meno che non si voglia prevedere una norma specifica. Ma nell’articolo 609 bis non mi pare proprio che possano rientrare gli atti sessuali non violenti. Mi piacerebbe che qualche donna e qualche avvocato esprimessero

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