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L’elmo di Scipio

Quanti capiscono il testo del nostro inno nazionale? Quanto alla musica, poi...

A proposito dei campionati europei. Le grandi manifestazioni sportive da sempre hanno costituito il più potente juke-box per gli inni nazionali. Fin da quando ero piccolo cercavo di non farmi sfuggire l’occasione delle premiazioni o degli inizi di gara per ascoltare quelle speciali canzoni al cui ritmo scandito pomposamente da grancasse e bassituba atleti, giocatori e arbitri si mettevano sull’attenti. Al di là della loro connotazione simbolica, della loro funzione di condivisione spirituale di valori un po’ vetusti, c’è qualcosa negli inni che trovo affascinante; sarà forse per quell’alone di storia che inevitabilmente si portano dietro le loro movenze gloriose, orgogliosamente e nobilmente demodè.

Goffredo Mameli.

Alcuni inni risultano pure musicalmente interessanti: quello inglese è il mio preferito, l’inno perfetto. Facile da intonare, breve, con una melodia di grande compostezza (tutta anglosassone) ma altrettanto intensa e di alto respiro. Colonna sonora che unificava un impero enorme all’insegna un po’ pretenziosa della pax britannica. Musica un tempo importante che nel mondo di oggi, disincantato verso quei ciarpami velleitari e ingiusti, riesce comunque a strapparti del rispetto.

Un brano di Haydn è invece il tema musicale dell’inno tedesco. Anche qui il tono è semplice e misurato, a riprova che un bravo musicista riesce a ottenere musica forte e incisiva limitando le pulsioni, senza complicare, senza sbracare…

La Marsigliese non sta ai vertici della mia personalissima classifica, ma non le si può negare il pregio di una melodia accattivante e immediata, oltre al suo inevitabile potere evocativo di un momento storico cruciale per la storia dell’umanità. Ma c’è pure l’inno ceco che è davvero bello, costruito su un dolce motivo boemo… e si potrebbe andare avanti, ma a questo punto sarebbe menare il can per l’aia. Perché tutti questi preamboli sono serviti a farci entrare nell’argomento caldo di questo Rondò venessiano: un argomento che vuole fornire una risposta a una semplice domanda: è giusto pretendere che i nostri calciatori cantino pubblicamente Fratelli d’Italia? Rispondo subito: non è giusto. Anche ai calciatori va riconosciuta la capacità di operare delle scelte in base al loro senso estetico. E se io fossi un calciatore non accennerei un movimento del labbro, anche se mi si parasse davanti Ciampi.

Spero che queste affermazioni non mi procurino qualche
guaio. Viviamo in un paese che si dimostra indulgente verso chi falsifica i bilanci, detiene libretti per i conti neri, controlla aziende come fossero tante matrioske… Però con quattro poveri disgraziati che scalano il campanile di San Marco per issare la bandiera della Serenissima il nostro Stato sa mettere su una bella grinta, e invece di affidarli agli assistenti sociali li spedisce in galera per cinque anni. Eppure io devo dirlo: trovo il nostro inno davvero brutto. E passi per la musica: una marcetta che imita, male, quelle verdiane. Sopra un accompagnamento di zumpa zumpa ci sta un tema sbarazzino e pacchiano che però almeno possiede un incipit orecchiabile. Ma il testo… E’ fin troppo facile ironizzare e lo hanno già fatto in molti. Tuttavia, mi preme mettere l’accento su un aspetto. Prendiamo ad esempio l’inno inglese: God save our gracious king, long live our noble king, God save the king. Send him victorious, happy and glorious long to reign over us, God save the king. E’ stato scritto nel 1745. Eppure la sua essenziale semplicità lo fa sembrare quasi uno slogan pubblicitario e lo capisce anche uno che ha fatto il corso di inglese alla parrocchia. Per capirci qualcosa nel nostro inno bisogna invece essere dei professori. Vorrei vedere se Jerry Scotti chiedesse ai suoi concorrenti cosa vuol dire "cingersi con l’elmo di Scipio" o "stringiamci (!) a coorte" quanti risponderebbero al primo colpo.

Morale: l’inno inglese dice le cose nella lingua della gente, perché in Inghilterra si è sempre scritto come si parla. Noi da secoli non sappiamo liberarci da un nefasto retaggio della Controriforma, dal Barocco e dai barocchismi, dalla retorica del cortigiano, dalla frattura tra lingua popolare e gergo aulico delle elite… Così il nostro inno, come spesso le nostre leggi, i regolamenti, i discorsi dei rappresentanti delle istituzioni e dei politici sono intrisi di magniloquenze poco sensate. Ciò nonostante, a qualche ora dalla partita con la Bulgaria, non posso che augurarmi di sentir echeggiare ancora numerose volte negli stadi portoghesi quell’inno che ho tanto criticato. Ma la vedo dura. Perciò, o Italia, cingiti pure di tutti gli elmi di Scipio che ti servono… purché la vittoria ti porga la chioma.

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