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La New Project Jazz Orchestra

Un’orchestrina di studenti diventata un complesso di professionisti. Che può e deve migliorare ancora.

A Rovereto, il 31 ottobre, per la rassegna Itinerari Jazz si è esibita al Mart la New Project Jazz Orchestra. Sono passati molti anni dall’ultima volta che mi è capitato di ascoltarla e quasi venti da quando ne ero io il direttore, sbarbatello, ed ancor più sbarbatelli di me erano i suoi componenti.

Allora si trattava di un’orchestra di studenti di una scuola musicale di quartiere. Ricalcando esperienze come quella del Testaccio a Roma, un’intraprendente e indomita signora di Madonna Bianca era divenuta l’artefice di un’avventura di scuola musicale aperta e polivalente. Aperta a tutti gli stili musicali (dal Jazz, al Folk al Rock, alla classica..); aperta al sociale, cioè a quelle tipiche istanze a metà tra voglia di cultura e baby-sitting che provengono da un contesto neonato e difficile di periferia urbana; aperta ai musicisti giovani e creativi che in un ambiente tanto vergine e fuori dal coro potevano insegnare e intanto continuare a crescere. Ci siamo passati in tanti, tanti insegnanti-pionieri, da quella piccola e gloriosa scuola: il Braido, il Pedron, lo Sbibu, il Regazzoni… una scuola che risiedeva in una baracchetta di legno e che contendeva il suo misero spazio con la sezione Scout di zona… una scuola che possedeva gli insegnanti più giovani e spiantati, ma spesso anche i più svegli e abili; una scuola che tra scommesse impossibili e tenace voglia di fare ha costituito una vera fucina di musicisti. Quella signora che con incredibile energia ha profuso il suo impegno in un’esperienza unica e irripetibile è Maria Luisa Beberi (oggi, attiva e incontenibile come allora, presidentessa dell’orchestra). Andava a raccattare gli insegnanti ovunque la portassero il cuore, il fiuto, il caso o tutte e tre le cose contemporaneamente. Io sono stato accalappiato mentre passavo dai giardini di piazza Dante. C’era l’orchestra che suonava, mi si avvicina la Beberi e mi fa: "Te sei el Francesco Pisanu? Dai, va’ sul palco a sonar qualcosa coi ragazzi…" Fatto. E per due anni le ho ceduto l’anima.

Ma basta con le nostalgie, parliamo della New Project di oggi. Non si tratta più di un’emanazione scolastica… I suoi componenti sono tutti professionisti e molti di loro c’hanno davvero le palle. Ormai deve essere chiaro per tutti: la New Project è la formazione che esprime il Jazz al massimo livello in regione, un ensemble di musicisti con un livello di preparazione sia individuale che collettivo di caratura nazionale. L’affiatamento è notevole: Renzo Vigagni la dirige dall’89 e questo gli ha permesso di consolidare insieme al nucleo "storico" di strumentisti un’intesa intima e sincronica. Gli assoli di trombettisti come Tofanelli e Trettel, o del sassofonista Bonissolo, o ancora del plastico ed elegante Stefano Colpi al contrabbasso seducono e incalzano come è giusto aspettarsi da chi sa suonare il Jazz con tecnica e classe. Eccellenti pure i vocalist, con Giuliana Beberi che riesce a rendere intensa ed espressiva la sua voce modulandola con disarmante naturalezza. I piani sonori delle sezioni si integrano bene tra loro, ritmicamente precisi, sempre equilibrati nelle dinamiche. Insomma l’orchestra è tecnicamente "a punto", splendidamente ricca di risorse esecutive e creative, una realtà che nessun operatore culturale può più permettersi di minimizzare o guardare con sufficienza.

La New Project può, se lo vuole, continuare nel suo cammino per conseguire una maturazione degna delle sue potenzialità. La meta si chiama rafforzamento della personalità ed è verso quella direzione che deve tendere il suo direttore, nonché arrangiatore Vigagni.

Le orchestrazioni sono assai raffinate, tradiscono gusto, sensibilità e valente tecnica compositiva ma sembrano a volte disperdere forza nella loro complessità. Pare che un certo compiacimento barocco prenda la mano sottraendo ai brani incisività utile a conferire unità ed efficacia al processo creativo. Un lavoro di ricerca di sintesi stilistica negli arrangiamenti potrebbe aiutare l’orchestra a delineare in modo più netto e personale il suo sound. Ad majora!

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