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Guerra e pace

Piazza della Vittoria o Piazza della Pace? Un referendum sciagurato.

La pace di cui si parla a Bolzano di questi tempi non è la pace del mondo. Nella voce di Bush si sente il rullio dei tamburi, questa volta contro l’Iraq. Mentre l’ONU viene umiliata dalla fretta dell’amministrazione americana di ripartire alla "caccia dei terroristi", a milioni attendono con il fiato sospeso la nuova guerra, che porterà forse consensi elettorali al partito del presidente americano nelle elezioni d’autunno, ma certamente porterà rovina e morte a migliaia di persone, e instabilità e crisi economica, salvo per le industrie militari. Si levano anche le voci contrarie.

Il monumento alla Vittoria a Bolzano.

Oggi a preparare la guerra non ci sono più i servizi televisivi sulle donne in burka, che avevano, se non convinto, almeno tacitato una parte degli oppositori e delle oppositrici alla guerra dell’Afghanistan. Oggi, dopo le bombe, sopravvissuto Osama bin Laden, morti migliaia di civili, morituri parte dei profughi che sono tornati a vivere nel loro paese "liberato" che tuttavia non ha risorse sufficienti per garantire la sopravvivenza a metà di loro (se ne aspettavano un milione e sono invece più di due milioni coloro che sono rientrati nel loro paese fiduciosi di riprendere una vita nuova), intatte le migliaia di ettari seminati a oppio, le donne portano ancora il burka. Quindi la fiducia anche dei più distratti nel potere risolutivo della guerra e della sua capacità, invocata ripetutamente da Bush, di portare i diritti umani e democrazia, è per lo meno ridotta. Per ciò che riguarda chi scrive, non riuscirò mai a capire come si faccia a credere che bombardando, uccidendo, seminando mine che continueranno per decenni a scoppiare sotto i piedi di donne, bambini, zappe, contadini, la democrazia e la libertà verrebbero favorite. (Oltretutto l’Organizzazione mondiale del commercio e le multinazionali del petrolio, per le cui libertà gli USA si sono così scopertamente impegnate nel Summit sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, non risulta abbiano fra i loro obiettivi la difesa delle libertà individuali: anzi sulla violazione dei diritti umani hanno spesso costruito imperi di ricchezza e potere, in Nigeria, in Ecuador, in India, nelle fabbriche di scarpe da ginnastica delle Filippine o della Cina.

Ci sono anche voci che si levano a ricordare che la Costituzione italiana rifiuta la guerra come strumento di soluzione dei conflitti, e durante la campagna elettorale tedesca, il cancelliere uscente Schröder si è pronunciato fermamente contro attacchi militari. Messaggi e appelli vengono scambiati e firmati in Internet, per ricordare che la Costituzione italiana rifiuta la guerra come strumento di soluzione dei conflitti; un’ovazione accoglie Gino Strada che grida la sua verità contro la guerra alla manifestazione dei girotondini in piazza San Giovanni a Roma, piena di gente civile e capace con la sua dignità e fermezza, con l’intelligenza e la vera passione per il bene comune, di riconoscere i temi autentici della politica fatta per il bene comune e non per quello di partito.

A Bolzano la pace di questi tempi è uno slogan contrapposto non alla guerra, ma alla vittoria. Non una vittoria di oggi, ma una vittoria di ottant’anni fa, che in realtà vittoria non fu. E’ una nuova "guerra", combattuta con passione, dove le due fazioni ammettono che si tratta di un’anteprima del lungo conflitto per la conquista della posta elettorale che avrà luogo fra un anno e tre mesi.

Sfugge che la strumentalizzazione di una questione culturale, che ha a che fare con emozioni e sentimenti decisivi per la convivenza, ed è trattata invece con tanta acrimonia, avrà conseguenze molto diverse da quelle di un’elezione: da questa battaglia usciranno molti più sconfitti che vittoriosi.

La decisione della giunta comunale di cambiare il nome di piazza della Vittoria in piazza della Pace ha avuto come séguito un dibattito accesissimo in Consiglio comunale (nel quale chissà perché all’inizio non si voleva portarla). Alleanza Nazionale e Unitalia hanno chiesto un referendum.

Per una ragione incomprensibile, si è giudicato il referendum ammissibile. La soluzione del conflitto sudtirolese è stato possibile solo quando si è compreso che non si possono mai prendere decisioni con il principio di maggioranza in questioni che riguardano le minoranze. Vale per le minoranze linguistiche, etniche, religiose, sessuali. Invece il prossimo 6 ottobre a Bolzano si andrà a votare se la piazza deve tornare all’antico nome di Vittoria o se deve rimanere il nome nuovo, della Pace. In futuro ciò costituirà un precedente per altre richieste di consultazioni popolari su argomenti che possono aprire la strada se non ad uno stravolgimento dei principi dello Statuto, comunque ad una loro interpretazione "di maggioranza".

A Bolzano non si parla d’altro, almeno sui giornali e fra i politici. La gente come al solito, a parte una piccola parte di fanatici, se ne sta calma e un po’ preoccupata, ad aspettare che passi l’ennesima buriana, e che i suoi amministratori finalmente si occupino dell’inflazione che taglieggia gli stipendi, del traffico, violentemente peggiorato in alcuni quartieri dall’ennesima riforma a metà, delle scuole per l’infanzia. E magari condivide nelle chiese e nelle associazioni di carattere sociale l’attenzione per i problemi della povertà qui e nel resto del mondo e il rischio di guerre che colpiscono sempre i più poveri e mai i loro governanti, per quanto ingiusti e violenti siano. E si chiedono: il nome di una piazza che cosa conta?

Chi scrive ha sempre desiderato che quella piazza cambiasse nome, e che il monumento che vi è collocato al centro e in qualche modo al centro della città, venisse ridotto a un luogo come un altro, perdendo la sua centralità urbanistica e il suo potere di riportare la popolazione sempre inevitabilmente alle ragioni di conflitto del passato. Da quando il comandante De Salvia ha spostato la sede delle commemorazioni militari in piazza Municipio, la situazione si è tranquillizzata: da allora non ci sono più state manifestazioni di Schützen, contrapposte a quelle dell’estrema destra italiana.

Dunque il cambiamento del nome avrebbe potuto diventare il completamento di un percorso di maturazione civile, fatto dalla popolazione locale, da quella di lingua italiana nella comprensione dei torti del passato e della rinuncia a fondare il proprio diritto di patria su un monumento fascista; da parte della popolazione di lingua tedesca accettando di dare il nome di pace ad un luogo che era diventato storicamente il simbolo dell’oppressione del gruppo linguistico prima e anche dopo il fascismo.

Nel momento in cui ci si è resi conto che il cambiamento del nome non avrebbe portato ad alcuna riconciliazione, perché non si è ripreso il dialogo? Nessun conflitto è mai stato risolto con le armi: neppure con le armi dei voti, che avranno come conseguenza avversari umiliati, che sono concittadini, vicini di casa, compagni di lavoro. Consapevole che sia necessaria una mediazione vera, e non finta come quella di Forza Italia che aspettava i risultati del sondaggio per decidere da che parte stare (!), il vescovo, che è una persona illuminata e veramente pacifica, ha proposto di chiamare la piazza "Vittoria della Pace". Ma non è stato ascoltato. Impazza invece lo sciocchezzaio del conflitto etnico e della pseudostoria: "Vittoria fu e vittoria rimane" - strombazzano i manifesti del sì; Fini non venga a Bolzano per un "rigurgito di fascismo revanscista" - tuona Cossiga dalla vacanza in montagna; e via dicendo, fra quelli che annunciano questo sia solo l’inizio di una ripulitura generale di nomi sgraditi e Sabino Acquaviva, che non riuscendo ad essere originale in altro modo trova che il nome di piazza della Pace sappia "un po’ di vecchia cultura anni Sessanta" (ah, gli intellettuali di Sabina Guzzanti!).

Se i sondaggi (di Datamedia, ma non dico che cosa penso, perché hanno minacciato di denunciare chi ne mette in dubbio l’attendibilità) avranno ragione, vinceranno i sostenitori della Vittoria, e si dovrà tornare indietro rispetto ad un tentativo di cambiare e di riconciliarsi; se vincerà la Pace, sarà un passo avanti, ma troppi si sentiranno sconfitti. Non tutti fascisti, molti solo affezionati al vecchio nome, incapaci di cambiare.

Sconfitta uscirà in ogni caso Alleanza Nazionale che ha proposto il referendum. Vincendo avrà irritato la SVP e reso più difficile l’obiettivo di andare al governo provinciale fra un anno e mezzo; perdendo, oltre alla sconfitta, dovrà incassare le critiche per quei 350.000 euro fatti spendere alla collettività.

Ma sconfitti e sconfitte saranno soprattutto gli abitanti di questa città, che invece di guadagnare il respiro per coltivare la sua civiltà, la sua capacità straordinaria di convivenza, la ricchezza delle diversità che la compongono intimamente, la sua bellezza, il suo bisogno di calma e di riflessione, il suo diritto a servizi sociali all’altezza della ricchezza generale, viene sempre ricacciata al ruolo di campo di battaglia per conflitti di superficie, estranei alla vera vita dei suoi abitanti, mai coinvolti nei processi decisionali e chiamati da campagne pubblicitarie a schierarsi su fronti che non esprimono i veri problemi su cui vorrebbero essere finalmente ascoltati.