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QT n. 16, 28 settembre 2002 Servizi

Un Trentino piccolo piccolo

Gli appalti spezzatino, gli incarichi garantiti ai professionisti locali: come protezionismo, clientela, soldi pubblici immiseriscono un Trentino sempre più pigro e opaco.

Nel maggio scorso "Costruire Comunità" promosse un incontro sulla necessità di codici etici di comportamento che coinvolgessero il potere politico e i mondi dell’economia e delle libere professioni per garantire non solo la legalità ed evitare i conflitti d’interesse, ma per assicurare trasparenza negli appalti, nelle concessioni, negli incarichi nel sempre delicato rapporto tra politica ed economia. L’iniziativa nasceva dalla preoccupante situazione nazionale, col governo Berlusconi che faceva strame di regole in Parlamento, ma anche da evidenti situazioni degenerate presenti nella realtà provinciale.

L’incontro ebbe successo di pubblico, vide le relazioni eccellenti di docenti della nostra università, ma i mondi interessati, pur invitati, si tennero alla larga dal confronto, lasciando intendere che nel Trentino non c’era problema di regole e di codici: c’era il problema del fare, e fare in fretta.

Torna naturale il riferimento alla recente occasione perduta in questi giorni in cui la vicenda dell’incarico dell’assessore Grisenti a un geologo che non ne aveva i titoli ha fatto riemergere lo spaccato di una situazione viziata che si protrae da tempo fino a diventare regola corrente per quanto riguarda la modalità di appalto e di incarichi per le grandi opere della Provincia e dei comuni. Sul filo della legittimità, progetti unitari sono spezzettati in tronchi e tronchetti per evitare la concorrenza prevista dalla normativa europea e garantire che tutto rimarrà circoscritto all’imprenditoria e alle professionalità locali. Un comportamento autarchico che ha avuto molti plausi da chi non sa staccarsi da una visione ruspante di un Trentino piccolo piccolo, che esaurisce entro i propri confini la spartizione dell’ingente torta dei finanziamenti e delle dotazioni pubbliche; e da chi ha un evidente interesse lobbistico a evitare che il confronto si allarghi. Una spartizione sollecitata, accolta e praticata con disinvoltura da chi ha in mano le redini del bilancio provinciale e che si vede riconosciuta con questa pratica una discrezionalità enorme di scegliere e orientare incarichi d’ogni sorta.

Una situazione che diventa patologica in una stagione in cui, per le scelte fatte dalla Giunta, il prevalente sforzo pubblico è orientato sul fronte delle opere pubbliche e della viabilità, utile ed inutile, che prefigura, in questo rush finale di legislatura, ruspe ovunque.

Patologica perché esclude la Provincia dalla possibilità di un confronto col meglio delle professionalità e dell’impresa su scala europea, e sollecita imprenditori e professionisti trentini ad accontentarsi del molto che possono avere qui, smorzando la tensioni all’innovazione, all’aggiornamento, alla creatività.

Perniciosa per la trasparenza della vita civile e dei corretti rapporti fra potere pubblico, impresa e libere professioni, perché crea una viziosa situazione di continua dipendenza ed attesa d’incarichi in capo alla Giunta e all’assessore di turno.

Non cambia di molto in proposito l’osservazione fatta che ormai la legge riconosce ai funzionari e non all’assessore il potere di decidere, sia per la contiguità tra politico e funzionario evidente nella maggioranza dei casi, e perché in ogni caso si trasferisce alla decisione d’altra persona una discrezionalità che rimane abnorme.

Un corto circuito di interessi fra politica, economia e professioni che genera una democrazia malata e regole fai da te: "la raccomandazione alla turnazione degli incarichi" è solo il modo per garantire che un giro alla fine arriverà per tutti, capaci e meno.

Si crea così una situazione che spegne la critica e partecipazione di mondi che dovrebbero essere vitali nella discussione delle scelte strategiche, creando un impoverimento del confronto civile evidentissimo in questa stagione della politica, lasciando che sia la magistratura a far emergere i problemi di una politica distorta che non sa e non vuole autoriformarsi.

Una motivazione non trascurabile si è portata per rivendicare la necessità della frammentazione degli incarichi. Il bisogno di superare i tempi infiniti degli appalti europei, delle contestazioni e dei cavilli formali, che trascinano la realizzazione di un’opera pubblica per anni o per decenni.

Un tema reale, cui in questi anni si è cercato di rispondere con le leggi di semplificazione burocratica: un terreno su cui ci vorrebbe un’azione più decisa da parte delle Regioni, ma su cui non ci s’impegna più di tanto, perché alla fin fine l’alibi serve a conservare uno stato di cose che va bene a troppi protagonisti del carosello.

Si discute in questi giorni di liste uniche e di turni elettorali unici per il novembre 2003. Non si discute invece delle motivazioni per cui le forze politiche debbano stare assieme in una lista o in una coalizione, oppure contendere in poli opposti.

Se invece, si cominciasse a verificare queste motivazioni anche sul terreno vitale della trasparenza, della legalità, del Trentino non rinchiuso su se stesso, riprendendo magari la proposta lasciata cadere a maggio dei codici etici per regolare anche qui il rapporto tra politica ed economia, allora forse il confronto diverrebbe immediatamente vitale. Dando un senso e un avvio concreto ad un dibattito altrimenti orientato a produrre altre vuote scatole cinesi.