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Una rimonta difficile

A Pratica di Mare una pomposa celebrazione della guerra fredda prossima ventura. Nel resto d'Italia il pessimo governo Berlusconi non viene castigato: è la conferma che...

A Pratica di Mare è stata celebrata con grande pompa militaresca la simulazione della fine della guerra fredda fra comunismo e capitalismo, che credevamo fosse già terminata da più di un decennio. In realtà la Russia di Putin, che non entra nella NATO, sigla con essa un patto di collaborazione fra tutte le potenze del mondo sviluppato nella prospettiva di una nuova guerra fredda prossima ventura, che nel terrorismo islamico e nelle rappresaglie che ne sono seguite ha già manifestato i suoi primi, piuttosto caldi e sanguinosi, annunci. Soltanto la futile sicumera di Silvio Berlusconi, che dall’evento attraverso l’intero apparato mediatico monta la favola di un suo personale successo, può ignorare le sinistre implicazioni di una alleanza pur sempre militare e che, sotto l’ispirazione del suo amico Gorge W. Bush, minaccia di esasperare una situazione già ad altissimo rischio. Tanto che il rumore di sciabole che si avverte nel Kashmir minaccia di degenerare in una guerra "locale" combattuta con armi atomiche, prefigurando uno sfondo della situazione internazionale che, con la perdurante crisi in Medio Oriente, promette assai poco di buono.

In questo scenario di ritrovata amicizia fra antichi rivali in nome della guerra infinita contro un nuovo comune nemico, si sono svolte in Italia le elezioni amministrative di domenica che hanno interessato ben 12 milioni di elettrici ed elettori. L’esito ha accontentato tutti, destra e sinistra. La sinistra temeva lo sfondamento della Casa delle libertà, che non c’è stato. La destra temeva la rivincita dell’Ulivo con i suoi alleati, che non c’è stata. La sinistra si è presentata quasi dappertutto unita, mostrando di avere imparato la più elementare delle lezioni. Meno che a Reggio Calabria, ove il più disomogeneo dei suoi componenti, Mastella, si era messo dall’altra parte, ed è stata una débacle. Ma la ritrovata unità non è stata sufficiente a realizzare una rimonta che, dopo un anno di questo governo, avrebbe dovuto essere scontata.

Sono stati 12 mesi di frenetico attivismo governativo, ma solo per curare gli interessi del capo del governo e dei suoi soci. Nessuna promessa elettorale mantenuta, per la semplice ragione che erano promesse truffaldine, cioè oggettivamente irrealizzabili. Dodici mesi di aspri conflitti con i sindacati e con l’ordine giudiziario e di predatoria appropriazione dei mezzi di comunicazione. Il primo quinto della legislatura durante il quale il governo è stato costretto a scaricare il peggiore dei suoi membri, Taormina, ed ha perso il migliore, Renato Ruggero. Dopo una tale performance un popolo attento ed assennato avrebbe dovuto già aver capito, come auspicava Indro Montanelli, quale errore aveva commesso nel votarlo il 13 maggio 2001. Ed invece la rivincita non vi è stata. La sinistra non vince, non in Italia e nemmeno negli altri Stati europei. Governa bene, in Italia come in Francia ed in Olanda, ma non convince.

Evidentemente, al di là delle frammentazioni e degli errori che può commettere, è affetta da una crisi di fondo, culturale. Anzi le sue stesse divisioni ed i suoi errori sono la conseguenza di questa crisi di fondo.

La sinistra è tale se distribuisce equamente la ricchezza, se promuove l’eguaglianza, se estende i diritti. Il sistema fiscale, lo stato sociale, i diritti dei lavoratori: sono queste le leve attraverso le quali le sinistre europee hanno conferito un volto umano al capitalismo.

E’ la crisi di questi meccanismi che ha messo in difficoltà la sinistra europea . La crisi fiscale dello Stato che impedisce politiche keynesiane, la longevità dei pensionati che inceppa i sistemi previdenziali, la decantata flessibilità del mercato del lavoro che affievolisce i diritti dei lavoratori, la globalizzazione che con la inarrestabile immigrazione dal mondo povero crea disagi ed insicurezza soprattutto nei ceti più marginali della stessa metropoli: sono questi mutamenti strutturali che inaridiscono la capacità creativa della sinistra e la privano di quella spinta propulsiva necessaria per convincere ed entusiasmare.

Qualche embrione di nuova cultura comincia a circolare. E’ su di essi che bisogna impegnarsi per svilupparli in progetti politici. Non sarà un compito facile né di breve durata. Ma sarebbe peggio illudersi che vi siano scorciatoie.

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