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QT n. 3, 9 febbraio 2002 Monitor

“Sboom”, parole e musica degli anni ‘60

Tra il cabaret, la canzonetta, i testi letterari e poetici, una riuscita rivisitazione dei tumultuosi anni '60. Un "one woman show" per Maddalena Crippa, di seguito intervistata.

Antonella D'Alesandri

Una vera full immersion negli anni Sessanta è stato lo spettacolo visto al teatro Zandonai di Rovereto il 24 febbraio scorso.

Una scelta antologica che, pescando da testi letterari e poetici, ma anche dal repertorio delle canzonette di quegli anni, ha suggerito nella sua globalità le complesse trasformazioni antropologiche.

La scena si presentava divisa da un leggero velario disposto orizzontalmente dal quale si intravedevano i musicisti seduti su di una pedana coi loro strumenti: piano, tastiere, sax, basso, contrabbasso, batteria e clarinetto. Una voce fuori campo stigmatizzava la perdita dell’io alla fine degli anni Sessanta, ineludibile allusione alla nascitura società di massa. Lo scorrere delle prime note, arrangiate come tutte le musiche da Alessandro Nidi, de "La canzone di Marinella", ha dato avvio allo spettacolo. Una scelta questa che ha sottolineato il fil rouge di tutto lo spettacolo: la rilettura senza infingimenti dei ’60 fino a mostrare l’altra faccia delle magnifiche sorti e progressive

Lo spettacolo ha avuto l’andamento di un’onda per il toccare via via tematiche leggere e scanzonate ed altre più drammatiche che rimandavano tutte al paragone con l’oggi.

Il racconto umoristico delle biciclette, tratto da Zavattini, e plasticamente reso dalla Crippa con l’inflessione emiliana e una gestualità da consumata attrice di varietà, mostrava attraverso lo sciamare delle biciclette, la centralità di un semplice mezzo di locomozione in un’Italia ancora rurale, dove ancora era possibile uno stile di vita più umano. Tuttavia inevitabile era il confronto con l’intasamento e il traffico di oggi, causato dall’uso indiscriminato dell’automobile.

Struggente la narrazione della storia tra Carlo e Rina in cui la Crippa, sempre unica interprete, è riuscita a restituire, in doppia voce, la carnalità e le sfumature di un intenso incontro d’amore.

La faccia rutilante ed effimera dei ’60, nel secondo tempo, era presentata con canzonette come "Una zebra a pois" o "Tintarella di luna", in cui la Crippa, quasi en travesti, si mostrava un’interprete easy e scanzonata. Ma al momento ludico si avvicendava subito dopo la narrazione dei tragici fatti di Piazza Fontana da cui si susseguiva l’efficace sintesi delle proteste sociali.

Insomma uno spettacolo sapiente e misurato in cui l’unità della narrazione è sempre salva in virtù della straordinaria versatilità di Maddalena Crippa, vera anima dello spettacolo e signora della scena. Solo un’interprete colta e raffinata come lei poteva muoversi senza indugio tra repertori e generi diversi, mostrando come il varietà e il cabaret possono legarsi efficacemente alle narrazioni musicali. Pubblico in adorazione per uno spettacolo da vedere.

Ed ora, una conversazione con lei.

* * *

Questo è uno spettacolo che ti vede molto generosa con il pubblico, dai l’impressione di divertirti...

"Lo abbiamo creato noi: io, la regista Cristina Pezzoli e il musicista Alessandro Nidi, dunque è uno spettacolo in cui credo molto, e mi ha dato una immensa gioia averlo potuto portare anche a Rovereto".

Perché quello con il pubblico roveretano è un rapporti che dura da più di 12 anni, ho sentito.

"Anche di più, la prima volta che sono venuta allo Zandonai, con Il Campiello era il 1975, e ci sono poi tornata varie volte".

Ti abbiamo vista, negli anni scorsi, impegnata in lavori classici di prosa, come "Tito Andronico" di Shakespeare e "Lo zio Vanja" di Cechov. E stata un po’ una rivoluzione per te arrivare a performance come questa, che richiedono la capacità di cantare e ballare?

"Questa è una cosa che ho scoperto tardi. Chiaramente sono nata come attrice di prosa e la ho fatta per tanto tempo, rimanevo sempre intimidita dal canto. Invece poi ho incontrato un musicista straordinario come Nidi, che ha come levato un tappo, insegnandomi a cantare. Io non imito nessuno, canto alla mia maniera. Ormai sono 5-6 anni che faccio spettacoli anche musicali. Ho fatto ‘Canzonette vagabonde’, ho fatto cabaret. Questa è ormai una strada che scorre parallela alla mia attività di prosa".

Veniamo adesso agli anni ’60 dei quali parla lo spettacolo. Mi sembrano degli anni ’60 molto poetici ma più dolenti che spensierati, come ci si aspetterebbe dalla iconografia più diffusa. È una visione retrospettiva che viene dai tempi cupi dell’oggi?

"Gli anni ’60 sono stati sì il boom economico, con tutta la speranza ed i lati positivi, ma hanno portato con sé anche lati negativi. Molti mali di oggi sono cominciati allora, non a caso la prima bomba terroristica, quella della strage di Piazza Fontana a Milano, a cui si accenna anche nello spettacolo, scoppia proprio alla fine degli anni ’60: il 12 dicembre 1969.

Quelli che compaiono nello spettacolo sono i grandi temi che hanno caratterizzato il periodo, nel quale ci siamo trasformati da nazione agricola a nazione industriale, e questo ha voluto dire benessere, cose positive, ma anche cose negative : equilibri che si rompono, legami che si spezzano, mestieri che scompaiono.

Oggi abbiamo problemi con gli immigrati, ma negli anni ’60 gli immigrati eravamo noi, e non solo quelli del sud (che nello spettacolo troviamo ad incollar scarpe a Vigevano), ma anche quelli del Veneto, che adesso è la regione più ricca d’Italia. Mi sembra che conservare la memoria sia importante, anche per capire i problemi dell’oggi, ricordare da dove veniamo per capire i problemi degli altri, degli immigrati di oggi, e quindi convivere meglio. Non bisogna dimenticare i valori positivi di quegli anni, che sono stati fantastici, come quello dell’onestà. L’incontro tra Carlo e la Rina, che entra nello spettacolo sulla base di un testo di Testori, non è solo una storia d’amore, ci sono anche dei grandi valori che fanno da ponte fra due fazioni contrapposte com’erano i comunisti ed i democristiani di allora. Oggi c’è solo il dio denaro, e basta".

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Qualche altro lavoro con il regista Peter Stein?

"Con Peter Stein faremo ‘Pentesilea’ di von Kleist. Invece sul versante musicale porteremo a Salisburgo, con Nidi e altri di questi musicisti, uno spettacolo sulla figura di Kundry, che è un personaggio del Parsifal di Wagner, strega, maga e affascinatrice. Fortuna che ci sono gli stranieri che ci commissionano questi lavori straordinari, ci danno la possibilità di esprimerci con cose così profonde e complesse".

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