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QT n. 1, 12 gennaio 2002 Servizi

Una bella sorpresa: la Casa dell’Ulivo

Un’iniziativa, in un momento non-elettorale, che può dare fastidio ai grandi manovratori. Come ci si è arrivati, e quali prospettive può avere?

E così alla fine ce l’ha fatta. Giovanni Kessler, onorevole dell’Ulivo, è riuscito nella "mission impossible": resuscitare l’Ulivo. Missione impossibile perché affrontata non nei giorni elettorali (durante i quali il carrozzone ulivista, sempre più ammaccato, viene regolarmente recuperato dalla discarica), ma nel tranquillo inizio di un anno non elettorale.

Giovanni Kessler, il deputato propugnatore della Casa dell'Ulivo.

E ancor più incredibile, in quanto Kessler si è comportato in maniera diametralmente opposta a quella degli "ulivisti" istituzionali, quelli che per non turbare "lo spirito dell’Ulivo" (leggi: la tranquillità delle poltrone) avallano tutto. Infatti in questi mesi il neo-deputato ha ripetutamente messo il dito nelle piaghe del centro-sinistra trentino al governo, come quando al congresso dei DS ha sollevato il problema "del clientelismo della giunta Dellai" (e subito i mammasantissima diessini sono andati a scusarsene con il grande Lorenzo), o quello del ruolo di "frenatori", nelle riforme della Regione, dei due presidenti Durnwalder e Dellai.

Ma come è stata possibile questa resurrezione? E che senso, che credibilità può avere?

a Casa dell’Ulivo si chiama la nuova iniziativa. Con termine evidentemente vago: una casa non è un partito, non è un’aggregazione, non è insomma un luogo istituzionale. "E’ uno spazio, un luogo, in cui si incontra la gente che vuole riflettere, discutere, impegnarsi" - ci dice Kessler – La gente lo chiede uno spazio del genere; e non lo trova nelle sedi dei partiti, ritenute - a torto o a ragione - strutture anchilosate."

Insomma, uno spazio in cui esprimere il desiderio di impegno civico; impegno che non riesce a esprimersi nei partiti, dove chi entra si trova subito a doversi schierare ("Con chi stai?" è la prima domanda, riferita ai vari capicorrente) e soprattutto a discutere sempre e solo di equilibri, posti, liste, tattiche, ecc. Una cosa che ricorda i Comitati Prodi.

Nel bene: il coinvolgimento di tanta gente, l’attivazione di un entusiasmo diffuso. Nel male: la loro rapida liquidazione all’indomani della vittoria elettorale, quando diventarono inutili e fastidiosi (per la partitocrazia); oppure, peggio ancora, si trasformarono in un partitino in più nella coalizione, con una propria piccola nomenklatura ansiosa di sistemazione.

Ma - si fa notare - qui è diverso: la Casa dell’Ulivo non nasce per gestire liste o campagne elettorali; nasce per fare quello su cui i Comitati Prodi si arenarono, proporre idee, dibattere, influire sui contenuti della politica.

Se è una cosa vera, non può non dare fastidio ai manovratori, che già devono sopportare il controllo della stampa; hanno visto formarsi un’opposizione culturalmente agguerrita come quella di "Costruire Comunità" (l’associazione di Vincenzo Passerini e Walter Micheli), a fatica esorcizzata come gruppo di pericolosi "estremisti" e "utopisti"; e ora rischiano di trovarsi il dibattito critico in casa.

Appunto, ritorna la domanda: come ci si è arrivati?

La [/a] Casa dell’Ulivo nasce a Trento città. Kessler (deputato di Trento) ha infatti coinvolto Mauro Betta della Margherita (senatore di Trento) e il sindaco Alberto Pacher (DS), o meglio la maggioranza comunale. Questo è forse il dato più significativo: a fornire una sponda a Kessler, che rischiava di rimanere isolato, è stato il centro-sinistra del capoluogo, nel senso dei suoi consiglieri comunali. E fra essi uno fra i più attivi è stato Giorgio Casagranda, capogruppo della Margherita, uomo contiguo ai poteri forti e al mondo degli affari.

E questo dopo, che dietro le quinte, Mauro Betta (uomo di Dellai) frenava ("Bella idea, vedremo… adesso è prematura…") mentre Casagranda spingeva.

Perché? Anche nella Margherita c’è chi si rende conto che non si può rimanere immobili a difendere l’immobile grande leader. Che quando si è al governo si devono produrre risultati, perché è su questi che si viene giudicati.

E più in generale serpeggia un’inquietudine, che viene da Roma. Nel 2003 le uniche elezioni, in tutta Italia, saranno quelle dei consigli provinciali della nostra Regione: una sua conferma come l’unica area del Nord in mano al centro-sinistra, o viceversa un suo passaggio tra i governi di destra, sarà una cosa importante. Per questo Forza Italia ha già deciso di investire miliardi, uomini, iniziative, in quella campagna elettorale. A questo il centro-sinistra non potrà contrapporsi con la sola riproposizione degli slogan sulla pericolosità della destra, a sostegno di un Dellai ormai consunto.

Serve di più: serve un consenso popolare vero, non il riverbero dei fortunati ma ora improponibili slogan ("Voltiamo pagina", figurarsi!) del Dellai delle elezioni del ‘98; e magari servirebbe anche una giunta provinciale che riuscisse a governare decentemente.

Di qui prima la spinta della Margherita trentina all’iniziativa; poi l’accettazione anche degli uomini di Dellai.

Cosa ne salterà fuori? Vediamo le prime iniziative. La prima (e qui si vede l’esperienza personale di Kessler come pubblico ministero) sarà sul rapporto legalità-economia e corruzioni-istituzioni , "di come cioè la corruzione indebolisca la struttura economica, premiando non le aziende efficienti, ma quelle ammanicate; e di come le istituzioni debbano attrezzarsi preventivamente, per non essere costrette a sperare nell’innata onestà dei politici e dei dipendenti, o nell’intervento postumo dei magistrati - ci dice Kessler - Ecco, nella preparazione di questi incontri intendiamo coinvolgere docenti, industriali, gente che vuol dare il suo contributo."

La seconda iniziativa riguarderà le riforme dell’Autonomia, la Regione e i rapporti con Bolzano.

Ci permettiamo di suggerire, visto che tra i soggetti della Casa dell’Ulivo c’è la maggioranza del Consiglio comunale, un terzo tema, che la stessa maggioranza ci sembra abbia rimosso: lo storico peso della speculazione edilizia nello sviluppo di Trento, e come (non) ci si attrezza in vista del prossimo PRG.

Insomma: se son rose…