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QT n. 15, 15 settembre 2001 Servizi

Miss Italia: il ballo mascherato della celebrità

“Non so quante altre volte potrò forzare questa faccia alla sottomissione” (Cher, 1987).

Inizio di settembre: puntuale come il cambio di stagione torna la passerella più ambita dalle giovani d’Italia a caccia di notorietà, il concorso di Miss Italia, per questa edizione presentato sotto la nuova veste di "Olimpiade della Bellezza". Dal momento che ormai quasi più nessuno si preoccupa di parlarne se non per propinarci stantie interviste alle aspiranti miss, alle loro apprensive mamme, nonché ai giurati, tutti peraltro sempre assai compresi nel proprio ruolo di giudici inappellabili, abbiamo pensato di non fare cosa sgradita al lettore proponendo qualche riflessione sul tema.

Una trentina d’anni fa sembrava che i concorsi di bellezza fossero destinati a scomparire, oggetto di feroci contestazioni da parte del movimento femminista in ogni parte del mondo e per lo più snobbati dalla restante parte di società. Invece stiamo assistendo ad una loro assoluta ripresa, in termini di ascolti, consensi e, naturalmente, interessi economici. Per questa edizione abbiamo addirittura avuto quattro prime serate in diretta su Rai Uno, per un evento mediatico più seguito perfino del sempiterno Sanremo.

Ma allora perché? Perché nell’era del girl power tanto furbescamente cavalcato dalle Spice Girls, delle donne in carriera, della "parità" dei sessi, il concorso di bellezza, vetusta istituzione non certo femminista continua a mietere le sue giovani vittime e ad incollare al televisore milioni di italiani? E non solo la macchina continua a funzionare, ma ormai ogni critica, ogni perplessità, sembra essere stata bandita dalla percezione generale e dall’universo mediatico; quindi o ci si limita ad ignorare la kermesse, o se ne è partecipi, senza vie di fuga. Si assiste così inermi al rinnovato abominio della passerella, dell’intervista alle candidate - oggetto di domande talmente banali che nemmeno Anna Karenina sarebbe riuscita ad apparire più che una sciacquetta - tutte col loro numero appuntato sul costume da bagno, tutte egualmente elogiate dai giurati in quanto ragazze semplici, "della porta accanto", giustamente ligie ai valori tradizionali e alla famiglia, tutte incredibilmente traumatizzate dalla lontananza da casa (nonostante sia questa l’epoca del lavoro flessibile e itinerante) e, naturalmente, soprattutto dalla mamma, che è sempre la mamma.

Per questa edizione inoltre abbiamo potuto godere di emozioni speciali, come il rubicondo Frizzi, tra una risatina e l’altra, ci ha fatto notare: il ritorno a Salsomaggiore della Loren, dopo decenni di assenza e una onorata carriera nel cinema, nientemeno che in veste di Presidentessa di giuria (scettro ceduto per l’ultima sera da un commosso Michele Cucuzza, ex giornalista), forse la sola non del tutto vittima del progressivo rimbecillimento da concorso; la quale, di fronte all’immancabile domanda sui suoi rapporti con le altre partecipanti e su come prese il piazzamento solo al quarto posto, risponde che delle altre concorrenti non le importava un bel nulla e che la sconfitta la prese male perché il suo scopo era di andarsene da Pozzuoli, diventare ricca e fare il cinema… se non altro, viva la sincerità! Ma non finisce qui: quest’anno, probabilmente in omaggio all’ingresso delle donne nelle Forze Armate, abbiamo potuto apprezzare la coreografia delle cento miss vestite di succinte tutine mimetiche e berrettino verde con visiera; somma celebrazione di una ormai raggiunta parità.

Ironia a parte, dalla visione della finalissima usciamo provati, quasi increduli: le femministe non avevano poi tutti i torti quando negli anni ’70 definivano i concorsi di bellezza vetrine per mucche in esposizione: la logica dell’apparire, dell’edonismo, della superficialità sta tornando a stravincere; e probabilmente il concorso di bellezza ne è il paradigma più esaustivo, luogo per eccellenza di vuotezza e perfetta adesione ai canoni imperanti, dove bellezza non significa ricerca del difficile, prezioso equilibrio di corpo e mente, espressione di personalità prima e sopra tutto intellettuale, luce interiore, ma puro e semplice marketing del corpo, che queste sempre più giovani concorrenti sembrano molto abili a mettere in atto, con una dimestichezza del mezzo televisivo e delle sue dinamiche davvero sorprendente. Se non altro, va dato loro atto di avere interiorizzato a dovere la logica del profitto e dell’auto-imprenditorialità, oggi tanto in voga. Ma se si osa fare considerazioni simili, ultimamente si viene subito additati come noiosi moralisti, pure un po’ retrò, tanto più considerando che anche i concorsi di bellezza maschili cominciano a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore, quindi lasciamo perdere i vecchi discorsi sulla mercificazione del corpo femminile e sul sessismo: siamo ormai tutti uguali, tutti ugualmente liberi di indossare succinti costumi da bagno, farci misurare le circonferenze e gareggiare per il nostro quarto d’ora di celebrità. Se poi i casi di anoressia (che al 90% sono ancora femminili), il ricorso alla chirurgia estetica e il tasso di abbandono scolastico aumentano, le cariche dirigenziali in politica e nella ricerca scientifica in occidente sono ancora prerogativa quasi esclusivamente maschile, non è il caso di farne un dramma, visto che le nostre miss sono anche ragazze colte, spesso diplomate, se non addirittura studentesse universitarie brillanti.

Ma proprio questo dato forse dovrebbe far riflettere su quanto ormai certe dinamiche di genere siano profondamente interiorizzate, se anche in presenza di un elevato tasso di istruzione non si intravede nemmeno l’ombra di una critica ad un sistema mediatico sempre più incentrato sul dato estetico e sulla sua esibizione sfrontata, troppo spesso nemmeno corredata da un qualche tipo di spessore artistico. Se non altro Sophia Loren sognava il cinema: ora la meta più ambita da tutte è invece la passerella, una passerella qualunque, preferibilmente televisiva; basta che offra possibilità di guadagni elevati senza richiedere particolari sforzi e competenze professionali.

Probabilmente anche questo è un segno dei tempi e del progresso: il terzo millennio ci vedrà tutti parimenti belli, magri, esibiti e spensierati; e se Madre Natura non è stata particolarmente magnanima, niente paura: con la chirurgia estetica si fanno i miracoli.

L’importante è non lasciarsi tagliare fuori dallo scintillante carosello della celebrità.