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Un problema da porci

Giusi Ferrari

L’allevamento intensivo dei maiali prevede anche in Italia la collocazione delle scrofe gravide nella gabbia di gestazione. E’ uno dei sistemi più disumani, in quanto durante le ripetute gravidanze, l’unico movimento concesso loro da questo tipo di stabulazione è quello di alzarsi ed abbassarsi. Ogni gravidanza dura 4 mesi e nel corso di un anno se ne verificano due con la possibilità di partorire fino a 14 porcellini per volta. La pavimentazione è di cemento o di assi di legno e completamente priva di lettiera e paglia, materiali di cui la scrofa si serve per soddisfare l’istinto di costruire il giaciglio per il parto.

La gabbia da parto, dove la scrofa rimane confinata dalle 3 alle 4 settimane, limita grandemente la libertà di qualsiasi movimento, poiché la costringe a giacere su di un fianco e sbarre d’acciaio la dividono dai cuccioli.

A pochi giorni dalla nascita i porcellini maschi vengono castrati, senza anestesia, per evitare lo spiacevole sapore che la carne assumerebbe se l’animale venisse ucciso dopo la pubertà. Ciò non è comunque giustificabile, in quanto i maiali vengono per lo più macellati prima della raggiunta maturità sessuale, tranne quelli la cui carne è destinata alla produzione dei prosciutti.

Altre mutilazioni non terapeutiche sono praticate da personale non specializzato ed in assenza di anestesia, sui piccoli ad uno o due giorni di vita.

Viene loro tagliata la coda, onde evitare che a causa dell’inevitabile stress e delle devianze comportamentali (conseguenti alla costrizione in ambiente angusto ed affollato, all’assenza di lettiera e materiale per grufolare, alla pavimentazione grigliata) i suini destinati all’ingrasso si mordano la coda a vicenda. Si prosegue con il taglio dei denti, per ovviare alla possibilità che si danneggino i capezzoli della scrofa.

Ignorando le necessità più elementari degli animali d’allevamento, non si farà che protrarre l’attuale crisi della zootecnia. Il problema va affrontato alle origini, nella considerazione che benessere animale e benessere dell’uomo sono correlati.

Il tipo di alimentazione cui sono sottoposti i maiali, li rende carenti di vitamina B6, provocando paresi agli arti posteriori, dermatite seborroica, disturbi della locomozione.

Negli allevamenti intensivi, l’utilizzo di antibiotici ed estrogeni, di mangimi non adatti, privi di fibre ed altamente proteici, che impediscono all’animale di sentirsi sazio inducendolo alla sovralimentazione, non può lasciarci indifferenti: gli organismi degli animali ne vengono fortemente alterati, portandone le conseguenze fin dopo la macellazione, dritte nel piatto del consumatore.

Non può lasciarci indifferenti quando comprendiamo che la vita necessita di rispetto e che rompendo l’equilibrio animale- terra, sviluppando la monocoltura intensiva anche negli allevamenti, l’uomo ha intrapreso un cammino assai pericoloso. Gli ambienti sovraffollati sono da sempre a rischio di epidemie, considerando anche l’abbassamento delle difese immunitarie degli animali e l’alterazione estrema del loro habitat naturale.

Da sempre promotori di una vita senza carne, siamo comunque convinti che finché esisterà un mercato per l’alimentazione carnea, sia necessario ovviare a tutte le mostruosità zootecniche, per intraprendere un’evoluzione responsabile e civile.

Come abbiamo visto, l’industria dell’allevamento dei maiali nell’Unione Europea utilizza spesso sistemi crudeli che non prendono in considerazione i bisogni più elementari di questi animali. Per questo è in corso una campagna, condotta in Italia dalla Lega Anti Vivisezione (LAV), per liberare i maiali dall’enorme sofferenza inflitta loro dagli allevamenti intensivi. Le associazioni animaliste si stanno muovendo ora in questo senso, poiché è stata annunciata dalla Commissione Europea la revisione della normativa comunitaria per la protezione dei maiali (91/630/CEE).

Anche l’Italia, che di fatto recepisce solo le indicazioni minime della direttiva, sarà chiamata ad allinearsi ai Paesi che già hanno introdotto legislazioni nazionali più avanzate. Nella sola provincia di Trento sono presenti 8 allevamenti di maiali per soddisfare un mercato che anche nella nostra regione trova una certa affermazione.

Con la petizione in corso, la LAV e milioni di cittadini europei chiederanno il bando delle gabbie di gestazione e da parto, della pavimentazione grigliata (che rende molti animali zoppi) e delle mutilazioni non terapeutiche, proponendo come alternativa un sistema d’allevamento estensivo che lasci maggior spazio a degli animali sensibili ed intelligenti, i cui progenitori vivevano liberi nelle foreste in piccoli gruppi sociali; disponibilità di lettiera e di materiale per grufolare; etichettatura chiara ed esaustiva che informi il consumatore sul tipo d’allevamento cui sono stati sottoposti i maiali.

Ci prefiggiamo di migliorare le loro condizioni di vita, ovviare alle conseguenze negative delle aberrazioni zootecniche; riconsiderare il legame uomo - animale domestico.

Come emerso dalla "Rassegna suinicola internazionale", tenutasi il 30 aprile del 2000 a Reggio Emilia, nell’ambito della quale si è discusso di "Benessere suino e futuro dell’allevamento" , i costi iniziali per l’adeguamento ai nuovi spazi verrebbero ammortizzati con i vantaggi che una vita migliore recherebbe agli animali d’allevamento, soprattutto per ciò che concerne la sfera riproduttiva. La sfida economica sarà l’aumento di 65 lire per ogni chilo di carne suina.

Ad ognuno la possibilità di tutelare la propria salute, e quella dei maiali, ricordando che ogni anno in Italia se ne allevano più di 8 milioni e che, degli oltre 80 chili di carne consumati annualmente da ogni cittadino italiano, 30 chili sono di carne suina.

E’ un passo necessario, in quanto le problematiche riguardanti il benessere degli animali d’allevamento non possono essere ulteriormente eluse.

Dopo le giornate nazionali contro l’allevamento intensivo dei maiali, che hanno messo in evidenza la sensibilità dei cittadini trentini a queste problematiche, venerdì 27 aprile è stata presente a Trento, in piazza Pasi, la 35a tappa del tour italiano di "Libera", la scrofa che denuncia il lager delle gabbie di gestazione e ne chiede l’abolizione.

Molti cittadini della nostra provincia, anche attraverso le 1.950 firme raccolte in pochi giorni, hanno dimostrato quanto sia sentita l’esigenza di un cambiamento. L’aver portato in piazza uno dei frutti del "regresso" zootecnico, li ha resi consapevoli di quanto avvenga oltre le mura di un allevamento intensivo.

Gli eventi degli ultimi anni devono averci insegnato quanti danni può creare la "pazzia" dell’uomo. Ma la verità spesso si mostra quando alcune conseguenze sono ormai irreparabili; per le altre, siamo ancora in tempo a prevenirne la degenerazione, non rinunciando a dire la nostra, non rinunciando al nostro punto di vista, non rinunciando a lottare per i diritti di ogni essere vivente.