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Papè Satàn, Papè Satàn Aleppe

Le ultime leggi in tema di giustizia, oscure quanto discutibili, rischiano di mandare definitivamente in tilt il processo penale.

Nell’ultimo tempo della legislatura il Parlamento ha varato numerose leggi, la cui struttura è spesso incoerente, farraginosa, oscura e a volte addirittura incomprensibile. A leggere i testi normativi tornano in mente le parole strane rivolte a Dante e Virgilio nell’inferno dal guardiano del quarto cerchio: "Papè Satàn, Papè Satàn aleppe!". Infinite schiere di commentatori hanno consumato la vita nel tentativo di spiegarne il significato, senza riuscirvi. Credo che se il nuovo Parlamento non porrà rimedio al pasticcio giuridico attuale, la medesima sorte toccherà a infinite schiere di giuristi ma, ciò che è peggio, il processo penale entrerà definitivamente in tilt, in coma profondo e irreversibile.

Il ministro della Giustizia, Piero Fassino.

Qualche esempio.La nuova legge sui poteri di indagine degli avvocati difensori è stata inserita in un contesto normativo che prevede e tutela il silenzio dell’imputato. Principio questo che tutti, io compreso, considerano un principio di civiltà. Ma negli USA invece, che è la patria di Perry Mason (il mitico avvocato che con le sue indagini scopre sempre il vero colpevole), l’imputato che accetta di rispondere sui fatti ha il dovere di dire la verità (a differenza che in Italia), sotto pena di gravi sanzioni. Non solo: i coimputati di reati connessi o collegati (in pratica i cosiddetti "pentiti") assumono la veste di testimoni (sempre negli USA) e hanno l’obbligo di non sottrarsi al contraddittorio su quanto hanno dichiarato in istruttoria. Da noi, no: l’imputato conserva il diritto al silenzio mentre il suo difensore (alla Perry Mason) si trasforma in una sorta di Pubblico Ministero nei confronti di chiunque, anche delle vittime, con poteri molto vasti. Il difensore infatti può interrogare chi ritiene opportuno per la difesa del suo cliente. In caso di rifiuto può pretendere il cosiddetto incidente probatorio, anche fuori dei casi in cui è concesso al Pubblico Ministero. La falsità e la reticenza sono punite con la stessa pena (fino a quattro anni), come se si trattasse di un testimone sentito in udienza.

Quando fa le sue indagini, il luogo e il tempo dell’audizione sono scelti dall’avvocato difensore. Può così accadere che la donna violentata sia costretta a testimoniare, rivelando anche particolari intimi e scabrosi non al Giudice o al Pubblico Ministero ma al difensore del suo violentatore, magari in casa di questi e in sua presenza. Altrettanto può avvenire per un bambino vittima di abuso sessuale da parte di qualche pedofilo, al di fuori della struttura dell’assistenza all’infanzia e senza la presenza dello psicologo, ma alla presenza invece dell’avvocato avversario che per legge ha il dovere di difendere il suo aguzzino.

Mentre il Pubblico Ministero deve, quando interroga un imputato o un testimone, verbalizzare tutto (altrimenti commette il reato di falsità ideologica in atto pubblico), il difensore in base ai nuovi poteri può verbalizzare solo quello che gli serve per la difesa (omettendo quanto sia di imbarazzo o fonte di dubbio), e al magistrato è addirittura vietato chiedere "informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date". Così il difensore non corre rischi. Inaudito!

E che dire della "attività investigativa preventiva" che la legge consente al difensore anche prima che vi sia un indagato da parte del Pubblico Ministero? Faccio un esempio: se temo di poter essere accusato di aver violentato una suora nella penombra di un convento in una domenica d’estate, sarà sufficiente, con i cosiddetti colloqui non documentati, raccogliere (preventivamente, appunto) alcune testimonianze che quella domenica ero al mare. Bene, se è la verità. Ma se invece le "indagini preventive" serviranno ai colpevoli di delitti efferati solo per precostituirsi un alibi, che ne sarà della giustizia?

Se poi chiedendo il rito abbreviato si evita il contraddittorio del dibattimento, il gioco è fatto e l’impunità è assicurata.

Potrei continuare. Gli antichi dicevano che "quandoque dormitat bonus Omerus", ma nel nostro caso il Parlamento è entrato in sonno totale, perché oltre alla sciagurata legge sulle indagini preventive sono state approvate leggi altrettanto perniciose: quella sull’(in)giusto processo, quella sui pentiti, quella sulla abolizione di fatto dell’ergastolo, che assestano un colpo mortale alla funzione del processo penale, che è senza dubbio quella di assolvere gli innocenti, ma anche - con buona pace dei garantisti a senso unico - di contrastare la delinquenza e di condannare i colpevoli.

La legge sui "pentiti" contiene delle incongruenze (a dir poco) paradossali. Mentre il difensore può svolgere indagini senza alcun vincolo temporale, il Pubblico Ministero rimane vincolato al termine massimo di 18 mesi (o di 2 anni, a seconda del tipo di reati). Il "pentito" deve rendere le sue dichiarazioni entro 180 giorni, altrimenti sono inutilizzabili, come inesistenti. Ma cosa succede se sono vere? Facciamo il caso che dopo 180 giorni il "pentito" confessi un omicidio cui ha partecipato assieme ad altra persona, e offra riscontri oggettivi irrefutabili: il ritrovamento del cadavere, la pistola che è stata adoperata, ecc... Per la nuova legge, sempre che io l’abbia correttamente interpretata, la rivelazione e i riscontri oggettivi non valgono più nulla, alla faccia della obbligatorietà dell’azione penale e del principio del libero convincimento del giudice.

La legge si è dimenticata di un’altra ipotesi: che il "pentito", dopo aver raccontato i fatti relativi in ipotesi a una strage entro i 180 giorni, al dibattimento (che di solito segue ad anni di distanza) specifichi per la prima volta il tipo di esplosivo impiegato, circostanza che potrebbe essere decisiva nell’economia del processo. Si può tenerne conto o no? La legge non lo dice.

Potrei ancora una volta continuare con decine di esempi. Certo Totò Riina quando scrisse il famoso "papello", in cui chiedeva l’abolizione dell’ergastolo, la modifica dell’art.41 bis, la neutralizzazione dei pentiti, la chiusura delle carceri speciali di Pianosa e dell’Asinara, non poteva sperare che avrebbe ottenuto addirittura di più.

Se il 13 maggio Berlusconi e i suoi soci Previti, Dell’Utri, Fini, Casini e Bossi, vinceranno le elezioni, il panorama della giustizia diventerà ancora più buio. Il senatore Pera ha già anticipato che il nuovo governo proporrà la costituzione di una Alta Corte disciplinare per i magistrati (riottosi o sgraditi) e l’indicazione al potere giudiziario dei reati da perseguire con priorità ogni anno (per i poveracci la galera, la prescrizione per i potenti), celebrando così il definitivo funerale dell’azione penale obbligatoria.

Se ciò avverrà, se la Casa dell’impunità vincerà le elezioni, allora si dovranno cambiare anche le lapidi e scrivere che Falcone e Borsellino sono morti non per strage ma per una semplice polmonite.