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I nodi al pettine

Il senso della discussa Conferenza di informazione sulla fattibilità del nuovo Aeroporto Caproni, sta tutta nell’introduzione del primo relatore Giacomo Santini: "Oggi il Caproni perde 500 milioni all’anno. Abbiamo tre soluzioni: mantenerlo così com’è, ma sarebbe uno spreco ingiustificato; trasformarlo in aeroporto commerciale e permettere che si autofinanzi; chiuderlo, ma sarebbe una follia in un momento di boom del traffico aereo in tutta Europa."

Al di là delle intenzioni del consigliere di Forza Italia, la Conferenza di cui è stato promotore ha chiarito un punto: proprio la seconda soluzione, quella caldeggiata da Santini - l’aeroporto commerciale che si autofinanzierebbe - è la più irrealistica; o, per lo meno, nessuno degli appassionati (e interessati) sostenitori, ne ha saputo indicare la realizzabilità. Al punto che, quando l’attuale presidente del Caproni Siligardi, si è dichiarato sollevato per la fine del silenzio sulla situazione della società da lui presieduta, e salutava nel nuovo progetto la fine di una posizione avvilente per gli attuali amministratori, impotenti di fronte al cronico passivo di mezzo miliardo, si è sentito rispondere dalla sala, molto irrequieta: "Bravi! Così volete un passivo di tre miliardi!".

E difatti il palco è cascato quando è arrivato il momento dell’analisi costi-benefici: dalla società di consulenza Agorà 2000 è stata mandata allo sbaraglio una giovane, tal Costanza Pagnini, con l’ingrato compito di spiegare il nulla a una platea ostile. Dopo una lunghissima premessa metodologica che faceva rumoreggiare il pubblico, ha sciorinato quattro cifre; richiamata dal presidente al rispetto dei tempi, ha chiuso precipitosamente; richiesta di depositare documentazione scritta, ha promesso di inviarla in seguito; durante il dibattito, attaccata con rude franchezza da Giorgio Rigo di Italia Nostra, si è iscritta per una replica e chiamata sul palco, ha rinunciato: "ci siamo spiegati fra di noi" ha confusamente motivato, beccandosi la risposta "veramente vorremmo che spiegasse anche a noi..." tra il paterno e l’ironico del presidente Cristofolini, più perplesso che mai.

Se la dilettante allo sbaraglio ha finito con le lacrime agli occhi, l’ing Criscuolo, progettista della Tecnoengeneering, di grinta ne ha da vendere. Ma non gli serve, anzi.

Inizia infatti ironizzando sui trentini e sui tanti articoli in prima pagina sull’aeroporto, "neanche fosse Malpensa"; e così si becca una dura contestazione dell’on. Marco Boato, tanto feroce quanto motivata: "lei è qui pagato dalla Provincia di Trento: abbia più rispetto e si limiti a parlarci di fatti tecnici". Ma Criscuolo non trova il giusto livello di comunicazione, oscilla tra le schermate di incomprensibili dati tecnici con sigle in inglese, e gli spot promozionali, e conclude con un video che mostra l’atterraggio al Caproni, cui si sovrappone la scritta: "WELCOME TO MATTARELLO".

La sala un po’ ride, un po’ digrigna i denti. In realtà Criscuolo, a voler fare il pubblicitario, fa torto a se stesso: la Tecnoengeneering ha fatto un notevole lavoro, riuscendo a risolvere problemi tecnici molto grossi, su cui anche noi avevamo espresso dubbi fortissimi; su questo lavoro, e sulla effettiva utilizzabilità commerciale dell’aeroporto, ci ripromettiamo di tornare quando saranno notificate le decisioni ufficiali di Civilavia.

Altro intervento, altro buco. Ad illustrare il parere positivo del Via viene chiamato il dott. Scalet. L’ok del Via è forse lo scandalo maggiore: infatti, con un giochetto delle tre carte, viene dato parere favorevole, nell’ipotesi che il Caproni venga utilizzato da non più di cinque voli al giorno.

Ora, qualsiasi analisi economica (ma anche il semplice buonsenso) dice che con cinque voli un aeroporto non può sopravvivere. Ma il Via dice di sì, per cinque voli; se si dovesse istituire il sesto, si dovrà fare un’altra istruttoria di impatto ambientale; ma a quel punto, spesi i miliardi per la struttura, si può dire di no? Figuriamoci. E poi per il settimo volo? E per l’undicesimo? E il ventunesimo? Con questa decisione il Via si è coperto di ridicolo da solo. Peggio: ha proclamato la propria inutilità.

Come è potuto arrivare a questo suicidio? Ci è arrivato non considerando gli aspetti economici del progetto, con la scusa tutta burocratica che la richiesta per avere il relativo studio non era stata inoltrata nei termini previsti. Ora, è facile ed è giusto ironizzare su una struttura burocratica che mette in atto tali giochetti per arrivare a conclusioni assurde ma in linea con i desideri dei potenti; in Provincia evidentemente esiste un problema di dirigenti, e della loro serietà, innanzitutto verso se stessi. Ma esiste anche un problema di guida politica: quando una giunta provinciale - magari di centro-sinistra - induce comportamenti del genere, umiliando la struttura, devastandone la credibilità, non ci sono poi bei discorsi che tengano. Forse è anche per questo, ma soprattutto per il malumore popolare che nella cittadinanza ha creato l’evidentemente irragionevole imposizione di un progetto squinternato (le firme per il referendum antiaeroporto sono state raccolte in un battibaleno) che le forze di sinistra hanno tirato fuori i denti. Dopo la posizione decisa-ma-non-troppo dei Ds, sono arrivate le dure prese di posizioni dei Verdi (Boato) e dei socialisti (Pietracci e Leveghi: "L’aeroporto a Trento? Ma ne abbiamo già due..."): sulla giunta del super-presidente Dellai, per la prima volta aleggia addirittura la parola "crisi". Così, alla conferenza d’informazione, Dellai decide di non tirare troppo la corda: "l’aeroporto non deve essere visto come un problema, ma come un’opportunità... Non accettiamo veti ma dobbiamo discutere... In questa fase dobbiamo soprattutto approfondire..." E si aggrappa agli unici che, oltre a Lega e Forza Italia, lo hanno appoggiato, industriali e artigiani: appoggio peraltro debole, in nome delle infrastrutture, modernità ecc, non dei riscontri economici, gli imprenditori fanno le prediche, ma si guardano bene dall’ipotizzare di entrare con i propri denari in un baraccone mangiasoldi.

Ia giornata in pratica si chiude con l’intervento del presidente dell’aeroporto Catullo di Verona Massimo Ferro. Molto abile, prima gira intorno al problema, poi affronta il toro per le corna: il problema per gli aeroporti medio-piccoli è la "concorrenza fratricida". Anzi, Ferro diventa esplicitamente minaccioso: "O Trento entra in una logica di sistema (con noi ndr) oppure, se dovessero prevalere altre logiche (come le velleità di indipendenza di Bolzano) l’aeroporto Catullo dovrà tutelarsi." Insomma, Ferro pone sul tappeto il problema vero: un aeroporto non è un appaltino su cui chiamare gli amici costruttori a dividere la torta, è un punto di un sistema complesso: se non c’è dietro una strategia vera, se non c’è bacino d’utenza, risultati non ce ne possono essere. E d’altronde nemmeno "le logiche di sistema" dello stesso Ferro, cioè la dipendenza da un aeroporto medio-grande, possono di per sè assicurare la decorosa sopravvivenza di una tale impresa. Lo dimostra la vicenda di Brescia-Montichiari: nato come dependance proprio del Catullo è stato da questo utilizzato come scalo temporaneo durante i propri lavori di rifacimento; terminati i quali, il traffico è ritornato a Verona, e Brescia è in crisi verticale. Brescia è robusta, ha un hinterland produttivo vasto e forte, dopo qualche anno di crisi e bilanci in rosso profondo, si riprenderà. Ma Trento? Un’impresa come un aeroporto dovrebbe essere una cosa molto più seria.