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L’incubo dello scroccone macedone

Trento è una giungla d'asfalto. Dopo la Lega, anche i giornali lanciano l'allarme. Che sia vero?

L'ultima fiammata di allarmismo in tema di ordine pubblico a Trento prende il via, sull'Alto Adige del 4 novembre, da una dichiarazione di Giorgio Buratti, presidente degli esercenti dell'Unione Commercio e Turismo, che, sotto un titolo fatto proprio dal giornale "I crimini crescono, i politici dormono ", parla di "aumento generalizzato dei fenomeni criminosi".

Il giorno 7, smentendo la cosa, il questore dà le cifre di una situazione stabile e in sostanza tranquillizzante: "Aumentano i borseggi e i furti sulle auto in sosta - riassume l'Adige - ma sono stabili o addirittura in calo gli scippi, le rapine e i furti in appartamento".

Ma ormai la macchina è avviata, e le dimensioni di questa rubrica ci consentono di riportare solo qualche esempio: il giorno dopo, un titolo a tre colonne strilla: " Ubriaco prende a calci il vigile ". aggiungendo due foto che non hanno nulla a che vedere col fatto. E sull'Adige, la stessa notizia, presentata con qualche enfasi in meno, arriva però a occupare mezza pagina. Ancora sull'Alto Adige, un gruppo di studenti di Trento che certe notti fanno casino pretendendo che un panettiere apra la serranda e gli venda le pizzette appena sfornate, fa scrivere al giornalista che "viale Rovereto, quando al buio, si trasforma in una giungla metropolitana ", e la didascalia della foto (un paesaggio urbano deserto) recita: "In viale Rovereto regna il caos ".

Comincia quindi, col 12 novembre, una intensa serie di articoli dedicati a Spaso Jangelov, che in breve si conquista, come i personaggi mitici del passato e del presente (l'astuto Ulisse, la glaucopide Atena, il fenomeno Ronaldo), il cosiddetto "epiteto fìsso", nel suo caso quello di "scroccone macedone", per la sua abitudine di praticare i bar di Trento ordinando consumazioni che non può pagare. Al suo seguito, è tutto un fiorire di episodi analoghi, accuratamente censiti dai cronisti, e di altre notizie in tema di emarginazione: storie palesemente pompate che, speriamo al di là delle intenzioni, suggeriscono l'idea di una città ormai invivibile.

A contrastare questo clima, ci prova il gruppo di lavoro di Transcrime durante un seminario organizzato dall'Unione: "Trento è una città sicura dicono gli esperti abitata però da persone insicure ". La ricetta sembra semplice: bisogna da un lato "mantenere la criminalità a livelli bassi" e dall'altro "dare maggiore informazione ai cittadini".

Un'informazione - è sottinteso - corretta e adeguata all'entità dei fatti. E in questo senso va un bell'articolo di Patrizia Tedesco sull'Adige, che racconta come l'area inquinata di Trento nord sia divenuta un accampamento per un centinaio di clandestini: un pezzo "duro", né forcaiolo, né compassionevole, puramente descrittivo, che ha il merito di fornire al lettore qualche elemento per valutare quelle altre notizie.

Ma è un falso allarme: il giorno dopo, in prima pagina, l'Alto Adige spara una nuova storia, con un titolo ("Il bar 'vietato' agli immigrati. Il Caffè 900 chiude a scrocconi e approfìttatori") che fa la sconcia equazione immigrati =scrocconi. La titolare, ovviamente, "respinge le accuse di razzismo ", ma poi afferma orgogliosa: "Se tutti ragionassero come me, extracomunitari in Italia non ne arriverebbero più ". Al che il giornalista non trova nulla da commentare.

L'indomani la storia del Caffè 900 continua, all'interno di una pagina tutta dedicata alla marginalità (scrocconi, spacciatori, clandestini...): la barista dev'essersi resa conto di aver esagerato e corregge il tiro. Entrino pure tutti dice ma prima di essere serviti paghino il conto. Anche qui il cronista registra fedelmente senza intervenire; e registra pure un bell'esempio di pietas fornito dalla donna, che così racconta il suo rapporto con un'altra cliente sgradita: "Noi non intendiamo lavorare gratis per certi rifiuti umani. Era lacera, aveva le vesciche sulle gambe: le ho detto di stare lontana da mia figlia ". Sfogo per carità legittimo, ma che forse un cronista dovrebbe o filtrare o discutere.

Uno degli articoli di contorno, dopo essere partito con lo "scroccone macedone ", riporta le parole di altri baristi più raziocinanti, anche se ugualmente afflitti da qualche cliente non pagante o casinaro: "Andiamo verso un mondo multietnico e dobbiamo abituarci a convivere con tutti. Sappiamo in anticipo che nel budget annuale va inserita una percentuale minima di consumazioni non pagate ". E del resto, "quello del macedone mi sembra un episodio isolato ".

Sagge parole, ma abilmente nascoste sotto un titolo che fa pensare a tutt'altro: "Per 13 ore piazzato nel bar. Il macedone è conosciuto in tutti i locali del centro". Il giorno successivo, ennesima avventura stavolta a Rovereto dello "scroccone macedone", che si guadagna una mezza pagina e due foto: del bar teatro della sua impresa e di una vettura della polizia ritratta in tutt'altro luogo, e magari in tutt'altra città. E ulteriori sviluppi altrettanto clamorosi sui giornali del 16 novembre.

Ma basta: nell'articolo da cui siamo partiti, il presidente degli esercenti trentini, Buratti, aveva assicurato "di non voler creare allarmismo". Già: quello è compito dei giornali..

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