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QT n. 17, 10 ottobre 1998 Cover story

Giornali in guerra: chi sta vincendo?

Adige e Alto Adige si contendono il primato: nelle edicole e a parole. I dati dicono che...

E' stato insolitamente virulento il confronto fra i direttori dei due quotidiani trentini avvenuto nei giorni scorsi sui rispettivi fogli: "Io ho più lettori!" ha inopinatamente esordito Fabio Barbieri, direttore dell'Alto Adige; "Io vendo più copie!" -ha ribattuto Paolo Ghezzi direttore de L'Adige; E dopo una serie di batti ribatti, le posizioni si sono così cristallizzate: Barbieri rivendica i dati Audipress (il rilevamento che per permettere la spartizione della torta pubblicitaria- stabilisce il numero di lettori dei vari giornali italiani e che gli attribuiscono il primato in provincia di Trento) e snobba le maggiori vendite del concorrente ("Un direttore deve preoccuparsi più del numero dei lettori, che non di quello degli acquirenti"); Ghezzi invece ironizza sui "lettori virtuali" dell'Alto Adige (" E' come se Tretter dicesse: è meglio essere primi nei sondaggi che vincere le elezioni") e sottolinea i propri risultati.

Chi ha ragione? La cosa, di per sé, interessa fino a un certo punto. Ma andando ad analizzare i dati sull'evoluzione della diffusione dei due giornali, scopriamo diverse cose interessanti: sulla storica concorrenza tra le due testate, sui loro rapporti con la società, sulla continua ricerca dei vari direttori di vincere la gara con l'avversario.

Iniziamo a vedere i dati a partire dal 1988. Prima di allora dati attendibili semplicemente non esistevano, per una ragione molto brutale: L'Adige barava, autopresentava dati fasulli, rifiutandosi di far certificare le proprie vendite dall'AIDS, l'apposita società esterna a ciò preposta. Allora era un giornale rigorosamente cattolico e democristiano, e in una terra in cui la De godeva della maggioranza assoluta e il parroco contava più del sindaco (vedi una celebre ricerca sociologica del '68), la fedeltà al partito di governo e il supporto della chiesa bastavano e avanzavano.

Poi la pacchia finì: la società cambiò, la Dc via via perse terreno, i preti persero fedeli e soprattutto influenza; e l'Alto Adige, per ragioni di concorrenza giornale laico, moderatamente anti-democristiano, aperto al nuovo (nel '68, con la dovuta moderazione, appoggiò il movimento studentesco) cominciò a diventare prima un antagonista serio, poi temibile, infine vincente.

La sconfitta giornalistica si trasformò in débàcle editoriale. Gestite dai soliti culi di pietra (i personaggi del sottobosco politico affaristico, che siedono in decine di consigli di amministrazione), le varie società editoriali che pubblicavano L'Adige, l'una rilevando l'altra ormai decotta, andavano tutte a rischio di fallimento. Così non si poteva andare avanti.

Nell'87 la svolta. Alla dirczione va Piero Agostini, personaggio di grande serietà ed autorevolezza, e soprattutto un laico, con simpatie socialiste. Quindi indipendenza dalla Curia e decisa rottura del legame ombelicale con il potere democristiano. E, come corollario, realistica assunzione della realtà: le favole non incantano nessuno, non possiamo pensare di gonfiare i dati sulle vendite, la diffusione va controllata e certificata dall'ADS.

Ecco quindi, a partire dall'88, le tabelle. La prima sulle vendite (in edicola, più gli abbonamenti) certificate dall'ADS. La seconda invece riporta i risultati delle indagini Audipress: eseguite in tutta Italia dalle società Demoskopea, Doxa e Makrotest, su un campione di oltre 23.000 adulti, forniscono il numero di lettori di tutti i principali giornali nazionali e locali, dati essenziali per il mercato pubblicitario.

Premettiamo subito due avvertenze. La prima: dell'Alto Adige non abbiamo i dati storici disaggregati fra le due province di Treno Bolzano; sappiamo però che tradizionalmente le vendite totali del giornale si suddividono quasi esattamente a metà tra le due province. La seconda: come si noterà, a differenza dei dati sulle vendite, i rilevamenti Audipress sul numero dei lettori presentano sbalzi repentini anche consistenti, dovuti alla quota di alcatorietà insita in uno strumento come il sondaggio.

Queste due avvertenze quindi devono invitare alla prudenza nel valutare i singoli dati; possono invece tranquillamente superate se, invece di soffermarci sul singolo scarto di dati, consideriamo le tendenze, gli andamenti dei risultati nel corso degli anni, nel susseguirsi di direttori, momenti storici, linee editoriali. E così è possibile leggere la storia recente dell'Adige, e valutare la portata della "svolta" del direttore Agostini: il quale, sganciato il giornale dal ruolo di organo democristiano, inverte l'apparentemente inesorabile tendenza al declino, e invece di perdere copie ne acquista (da 17.000 a 20.000; da 117.000 lettori a 140.000-150.000).

Segue la direzione Pagliaro: non cambia la linea del giornale, vengono mantenute le posizioni raggiunte. Infine la direzione Visetti: redazione giovane, giornale più aggressivo, informazione libera da schemi e vincoli, talora urlata, supportata da una politica editoriale altrettanto aggressiva, con l'edizione di una serie di supplementi di successo; si superano agevolmente le 20.000 copie e i 150.000 lettori.

Per l'Alto Adige abbiamo un percorso inverso. Negli anni '80, raggiunto e superato il concorrente, la redazione si siede: i suoi caporedattori giocano alla politica, diventano pericolosamente contigui al potere (che sottilmente "corrompe", attraverso laute commissioni di articoli, consulenze, posti negli uffici stampa della Pat) e così da una parte danno un'informazione politica ammorbidila, "curiale", dall'altra trascurano la notizia spicciola sulla vita quotidiana, ignorandola o relegandola ai margini del giornale. Il trend positivo s'interrompe, e il giornale naviga tranquillo, per diversi anni sulle 43-44.000 copie di vendita, e sui 260.000 lettori (su base regionale). Poi i nodi vengono al pettine e, in coincidenza con la nuova aggressività de L'Adige di Visetti, inizia la discesa, delle vendite e dei lettori: da 44 mila copie a 43, a 40, a 38 mila...

Il direttore de Battaglia, uomo pacioso e quanto mai "curiale" egli stesso, è l'ultima persona in grado di dare una scossa all'ambiente: effettua qualche spostamento, aggiorna la terrificante grafica, ma non riesce a imprimere alcun cambiamento reale. E così arriviamo ai nostri giorni, con l'inevitabile sostituzione di de Battaglia: con Fabio Barbieri, che di De Battaglia è l'esatto opposto: aggressivo all'estremo, incazzoso per vocazione e per mestiere: "Non dovete guardare in faccia a nessuno, e assestare pugni nello stomaco " proclama ai redattori. Barbieri riesce a dare ordine a un giornale sull'orlo dell'anarchia, l'impaginazione, ristrutturata, ha ora un senso; e subito supera e distanzia L'Adige in quanto ad aggressività, anzi, va decisamente oltre il segno: si lancia in campagne stampa urlate (contro le riforme: "inutili, il Trentino ha ben altro cui pensare"; contro il Consiglio Provinciale: "Mandateli a casa!"), si crea dei nemici, li strapazza, come pure aggredisce chiunque lettere dei lettori. Ordine dei Giornalisti o altro osa criticare il giornale. Tutto questo forse può creare spettacolo; di sicuro crea disagio negli opinionisti, che ormai riconoscono L'Adige come sede privilegiata del dibattito; e non risolleva le vendite, il trend negativo continua.

Arriviamo così alle polemiche attuali: Barbieri, utilizzando l'ultimo sondaggio Audipress, rivendica il maggior numero di lettori, Ghezzi (subentrato in febbraio a Visetti alla guida de L'Adige, stessa linea editoriale ma con toni meno urlati) non ci sta che gli venga contestato un primato faticosamente riconquistato dopo un decennio di rincorsa, e snocciola le cifre delle vendite.

Il discorso vendite è collegato alle promozioni. "Bella forza vendere i giornali accoppiati ai gadget! -sostiene Barbieri- La gente compra il gadget, non il giornale: e allora, pur vendendo di più, si hanno meno lettori". Ghezzi non gradisce: non apprezza che i supplementi de L'Adige (sui Comuni trentini, sui personaggi famosi, sui cognomi...), che rappresentano uno sforzo editoriale, siano parificati al mitico Bingo e ricorda come fu proprio l'Alto Adige, in anni passati, a tentare invano di arginare col Bingo il proprio declino. Non entriamo direttamente nella polemica. Chiudiamo invece (tabella 3) con i dati delle vendite in edicola di Adige e Alto Adige edizione di Trento in luglio e agosto, mesi in cui nessuno dei due ha supportato il giornale con supplementi od altro.

Nella tabella, le vendite totali nel giorno medio (abbonamenti inclusi) dei due quotidiani, al passare degli anni e dei direttori. i dati dell'Alto Adige rappresentano le vendite nell'intera regione; per avere quelle in provincia, bisogna grosso modo dividere per due: ed allora appare più chiara la parallela evoluzione dei due giornali concorrenti, con il recente sorpasso de L'Adige. "

Nella tabella, i risultati delle indagini semestrali Audipress sulla lettura dei due quotidiani (anche qui i dati dell'Alto Adige sono riferiti all'intera regione). Alcune vistose oscillazioni, che non trovano riscontro nel parallelo andamento delle vendite (vedi la tabella sopra) sono dovute ali 'approssimazione insita nel sondaggio.