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“Diario di un cattolico errante”

Ettore Masina, Diario di un cattolico errante. Ed. Gamberetti, Roma, 1997, pp. 195, £. 28.000.

Ettore Masina ci richiama all'interesse e all'impegno politico, in una fase storica di crescenti indifferenza e rifiuto. Questo, del ritorsi dalla politica, cioè, secondo l'espressione di Hannah Arendt, da "noi, in quanto esistiamo al plurale", è, per lo storico Erich Hobsbawn, il problema più grave di questa fine secolo. Nel "Diario di un cattolico errante", dal '92 al '97, ricorrono a questo proposito parole preoccupate: "C'è il tanfo di una mortale corruzione nei palazzi del potere, ma c'è anche fra la gente. Grandi masse ormai, vivono... di paura, cinismo, e rabbia insieme"; "I partiti sono considerati in blocco congreghe di malaffare"; "Dagli al politico, abbasso la politica. Al momento del voto: tutti a casa! " L'invito di Ettore Masina, giornalista, già parlamentare della Sinistra Indipendente, profondo conoscitore e appassionato promotore di iniziative per i diritti umani dei popoli del Terzo Mondo, come la Rete Radié Resch, è a impegnarsi sui grandi problemi della nostra epoca, a essere "uomini planetari-cittadini del mondo ", secondo il linguaggio di Ernesto Balducci. In una fase storica però di crescente "identità ristretta ", come dimostra la recente indagine del Forum trentino per la pace fra gli studenti della nostra provincia. Questi sentono di appartenere innanzitutto alla piccola comunità in cui vivono, e solo dopo alla nazione italiana, all'Europa, al mondo. Le storie raccontate in questo libro, di lavoratori, di donne, di bambini, sfruttati e uccisi nel lavoro, nel territorio, nella sessualità, ad opera di poteri economici e politici che hanno la sede nel nostro ricco e istruito Occidente, colpiscono al cuore.

Ci impediscono di continuare a leggere, in pace come vorremmo, la Repubblica invece che il Giornale, e sentirci così serenamente a sinistra. E con la sinistra Masina polemizza pungente, in quanto ha cessato di "essere coscienza critica della società (tanto più della borghesia al potere), pungolo incessante per riforme di struttura esigile dalla giustizia più elementare, garante dei diritti dei deboli contro l'intraprendenza dei forti".

La motivazione all'agire viene a lui dalla fede religiosa, di cristiano che si ispira alla Teologia della liberazione di Oscar Romero, di Leonardo Boff, di Rigoberta Menchù: fondare un'etica oggi è possibile solo se si guarda il mondo dalla parte delle vittime. Con Davide Maria Turoldo ripete che "non chi avrà detto 'Signore, Signore!' si salverà, ma chi avrà saputo servire la causa dei poveri con la quale Cristo si è identificato ". Su questa frontiera della giustizia, i "cristiani impegnati", stimati in Italia in un 15 %, possono collaborare politicamente con atei e agnostici, e dovrebbero incontrare la sinistra, se questa non apparisse loro ormai "sospesa nel vuoto".

Ettore Masina racconta deluso e indignato la sua ultima campagna elettorale, nel '92: "Bocciato. Tra uno che promette di occuparsi dei problemi degli artigiani o della viabilità, e uno che dice che si occuperà della cooperazione internazionale e del problema degli armamenti, è evidente chi sarà il preferito ". In questo contesto di valori forti è condannato ogni intervento armato anche per riportare la pace in situazioni drammatiche di guerra, il mercato è giudicato il male all'origine delle ingiustizie, il metodo elettorale maggioritario è criticato perché responsabile dell'annacquamento dei programmi elettorali.

Io non so chi i veneti, in quel '92, hanno eletto senatore invece di Ettore Masina. In Trentino, allora, venne eletto Enzo Boso, al posto dello studioso del pacifismo e della non-violenza Giuliano Pontara, e certo, al di là degli errori, delle colpe, delle meschinità della sinistra, quel voto fu segno di un tarlo che rode questa nostra società. E continua a rodere, anche se una favorevole congiunzione degli astri (la divisione fra Polo e Lega Nord) ci ha permesso di frenare elettoralmente la china.

Non penso però basti l'indignazione morale, pur giustificata, a cui talvolta indulge Masina. Chi, religioso, è mosso ad agire politicamente dai valori, dall'utopia, da un sentimento etico, vede, incredulo, che oggi, a smisto, caduto il mito del comunismo, prevalgano interessi, norme, ragioni e calcoli. Qua e là però, anche in quest'area, sopravvivono, o si scoprono, ideali, mentre fra i "cattolici praticanti"- lo riconosce Masina - si votano tranquillamente Berlusconi e Bossi, in nome del nuovo e dell'antipolitica: entrambi i campi, cioè, sono scompigliati in profondità.

Il problema, difficile, per la sinistra, è una sintesi fra realismo e utopia, ragione o sentimento, norme e valori. Fra 'viabilità locale' e 'cooperazione internazionale' . Avremo un giorno il politico, l'uomo, onnilaterale, di marxiana memoria? Intanto almeno proviamo a costruire il gruppo politico onnilaterale, per cui, in un irrinunciabile sistema maggioritario, nel collegio elettorale sicuro, al Mugello ad esempio, si possa candidare un Ettore Masina "esperto" di campesinos e mine antiuomo. Ci è richiesta una sintesi forse, addirittura, fra egoismo e solidarietà.

Nella recente presentazione a Trento del diario, lo stesso autore ne ha portato un esempio efficace, a proposito della distruzione in atto della foresta amazzonica: "Quale foresta avrai tu, trentino, fra qualche anno, se non ti occupi oggi delle sorti del mondo? O vuoi un buco nell'ozono sempre più ampio? O un'immigrazione sempre più massiccia e arrabbiata ? "

Forse intrecciando l'educazione alla solidità e la riflessione sul proprio interesse, chinandosi a incontrare gli uomini e i giovani soprattutto, lì dove sono, trentini in sella al motorino, con la Gazzetta nello zainetto, e favorevoli alla pena di morte, lì dove la storia li ha portati, sarà possibile ricondurli alla politica, e alla sinistra.

Il ritrarsi in massa dalla politica nelle società democratiche opulente, intasata di ordigni, ha origine forse dalla sensazione profonda che questo benessere non è frutto della partecipazione politica, ma proprio del rifiuto di essa.

Il processo di globalizzazione economica in corso però è irreversibile, e l'opporsi è vano, riconosce anche il teologo Enrico Chiavacci, di fronte ai suoi effetti contraddittori: più produttivo è accettare la sfida del mercato globale, e predisporre strumenti per arginare, imbrigliare, sollecitare, indirizzare. Nemmeno lo spazio convesso della politica.

E la nostra città, ormai, è il planisfero.

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