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QT n. 5, 7 marzo 1998 Cover story

Nuovo PRG: la Rovereto che verrà

Una città "carente di identità", e un piano che vorrebbe aiutarla a ritrovare se stessa.

E' una strana città Rovereto, per chi viene da fuori, anche solo, come chi scrive, da Trento. Sui giornali ogni settimana si leggono vibranti proteste di cittadini indignati per "la morsa del traffico" e invece si viaggia che è un piacere; e allora leggi meglio e vedi che ce l'hanno perché "le automobili sono troppo veloci" o perché "per andare a sud mi tocca partire in direzione nord", insomma, perché ci sono i sensi unici.

Roba di un altro mondo: ma i roveretani, proprio non hanno problemi, che per discutere sono costretti a inventarli? Oppure i problemi veri ci sono, ma non ci se ne rende conto?

In queste settimane l'amministrazione sta avviando la redazione del nuovo piano regolatore: a un anno dall'affidamento dell'incarico all'arch. Luigi Cervellati, nome di grande rilievo dell'urbanistica nazionale, dopo la fase degli studi e delle analisi conoscitive, è venuto il momento delle scelte operative. E questa è la prova vera della giunta Ballardini, la prima giunta di sinistra alla guida di una delle nostre città; ma soprattutto è un'occasione unica per Rovereto per guardare dentro se stessa, per migliorarsi, per adeguarsi.

Cominciamo da un dato di fondo, importante, che tutti i nostri interlocutori roveretani confermano. La città, a differenza di Trento, non ha dovuto subire l'assalto della speculazione, né ha sofferto della commistione politica-affari edilizi. Mentre a Trento, con la sola eccezione del boy-scout Tenoni, tutti gli altri sindaci sono stati toccati, colpiti e anche affondati dagli scandali edilizi (fino al punto di avere un primo cittadino esplicitamente finanziato dal massimo tangentaro della provincia) e l'edificazione del dopoguerra ne è risultata logicamente compromessa; a Rovereto invece (se escludiamo il tentativo del megalomane Centro Tennis Baldresca, peraltro non andato in porto) scandali significativi non ce ne sono stati. "E' perché qui soldi ne circolano pochi" - ci dice un po' sconsolato un interlocutore; "Beh, in fin dei conti e 'è anche stata una tradizione di buon governo" - corregge più ottimista l'assessore all'urbanistica Bruschetti; "Il nostro sistema-città ha effettivamente meno redditività - ci dice un professionista, l'arch. Sandro Aita - il che da una parte ha ridotto le spinte speculative e impedito interventi dirompenti; ma dall'altra non ha fornito la base economica per interventi positivi, ad esempio nel recupero del centro storico."

E questo è forse il primo punto: Rovereto non è compromessa, anzi - come vedremo meglio - ha notevoli potenzialità; la pianificazione urbanistica dovrà essere realistica, facendo i conti con le risorse possibili, ma allo stesso tempo dovrà far uscire la città da una sorta di torpore che l'ha frenata, indirizzandone lo sviluppo recente verso soluzioni più facili ma purtroppo meno qualificate. E' il caso - esempio più eclatante, ma non unico - delle recenti espansioni: "Si è preferito lo sviluppo di nuova edificazione nelle borgate (Brione, Borgo Sacco ecc) a quello del più complicato riuso del centro storico - afferma l'arch. Aita - Forse era una scelta obbligata: ma di certo in questa maniera abbiamo un grande patrimonio, il centro, non valorizzato."

E Cervellati difatti è partito da questa idea di fondo, che è anche una critica non lieve: Rovereto è carente di identità, non ha un'immagine unitaria riconoscibile. Le periferie si sono sviluppate senza qualità; gli ingressi alla città sono anonimi, da nord e da sud sono una povera serie di incroci (al confronto Trento-nord e Madonna Bianca, visti dalla circonvallazione e dalla ferrovia, sono architettonicamente molto più significativi), dalla Vallarsa ad est si precipita in pieno centro; e il centro storico, come già detto, è abbandonato a se stesso, con pochi residenti e pochissime attività commerciali, con il concreto rischio di essere esso stesso un'ulteriore periferia.

Chi non è di Rovereto e va con il ricordo agli amici della città della Quercia di 15-20 anni fa, non può non rammentare il loro orgoglio, la loro conclamata alterità; oggi nelle stesse persone e nei loro figli, quei sentimenti sono molto più tenui. L'urbanistica è sicuramente solo una concausa, ma è un fatto che l'identità urbana di Rovereto si è negli anni appannata.

Il nuovo piano intende affrontare di petto la situazione. E l'assessore Bruschetti, architetta e urbanista, ha molto lavorato su un punto: il piano deve essere uno strumento vero, efficace, realizzabile. Se non ci si accontenta di chiacchiere, ma la città la si vuole cambiare davvero, bisogna fare i conti con i soldi, con i tempi, con la burocrazia, con il consenso dei cittadini. "Il Prg non deve essere un libro dei sogni" - ripete.

Per questo motivo il lavoro di Cervellati e Bruschetti non è approdato ad eclatant! nuove idee: Vittorini, nel presentare l'ultimo Prg del capoluogo, parlava di "Trento capitale " ed è andata a finire nella mediocrità più assoluta; il tandem roveretano invece parla di "riqualificare" di "ricucire" e soprattutto di "metodologia".

Andiamo con ordine. "L'espansione urbana di questi anni è stata criticabile - afferma Bruschetti - ma non disastrosa. Vediamo l'esempio del Brione: quando in un quartiere che a prima vista sembrava uno scempio, si sono inseriti servizi, punti d'incontro, una piazza, si è avuta una riappropriazione della socialità, un incremento vero della qualità della vita."

Di qui due convergenti direttrici d'intervento. Da una parte il recupero dei centri storici ( "al plurale, perché ci sono anche i nuclei storici originari attorno ai quali sono cresciute le attuali periferie - afferma Aita - Riscoprendoli, valorizzandoli, si fornisce di un centro anche le nuove edificazioni, e si da identità, storia alle persone che le

abitano"); dall'altra parte, nei quartieri con i condomini in serie, di qualità architettonica ormai irrecuperabile, si tratta di realizzare, dice Bruschetti, "parti nuove che diano senso e identità: il giardino, la piazza, la via, l'edificio come luoghi di legami vitali..."

Il tutto dovrebbe poggiare su un'idea-base unificante: Rovereto, se vuole riappropriarsi di una significativa immagine di se stessa, "deve partire dalle cose forti, dai valori che fanno parte della storia dell'oggi; che non sono solo i muri, ma la nostra tradizione di cultura e formazione (la famosa Atene del Trentino, ndr) attorno a cui oggi può passare una rinnovata identità: università, polo museale, grandi eventi culturali, tutti fattori cui bisogna dare gambe attraverso gli strumenti urbanistici."

Calma. Non è che stiamo ancora andando verso il libro dei sogni?

"Beh, allo stato attuale è difficile a dirsi... ancora non si vedono scelte operative concrete..." - risponde prudente l'arch. Aita.

Dove invece il lavoro sul piano è già ad una fase convincente, è il discorso del metodo. Che al semplice cittadino può, di primo acchito, sembrare un discorso troppo specialistico. Ma che Bruschetti ritiene fondamentale.

Come abbiamo visto, il precedente Prg, dell'arch. Mancuso, in vigore dall'85, è sostanzialmente fallito (nel senso che ha promosso solo gli interventi più agevoli e meno qualificati). E questo perché era poco operativo.

L'ambizione di Bruschetti è invece quella di varare un piano "realizzabile il giorno dopo la sua approvazione. E' vero, il problema principe dell'urbanistica è la sua realizzabilità in tempi ragionevoli; perché, se gli anni passano e il piano non si attua, la realtà lo supera, lo rende obsoleto; e allora diventa un impaccio."

Di qui le novità metodologiche del nuovo piano: su tre fronti. I soldi innanzitutto: gli interventi dovranno essere calibrati rispetto alle effettive possibilità economiche della città, magari "opportunamente sollecitate attraverso la costituzione di società miste pubblico-privato di trasformazione urbana, operanti con successo in Francia e in Spagna, e oggi possibili anche da noi grazie alla legge Bassanini."

Poi l'operatività della normativa: "Questo non sarà un piano che fissa le linee generali, e demanda l'attuazione a piani successivi, del centro storico, di comparto, particolareggiati, ecc: una volta approvato il Prg, per costruire basterà la licenza edilizia."

Infine il consenso della pubblica opinione. Sempre importante, perché l'urbanistica non sia vissuta come peso, come limite; e vitale nell'attuale Rovereto, in cui "dopo le proteste sul traffico o sulla Rsa al Brione, il cittadino ha riscoperto il gusto del dibattito, sente la città come cosa propria - afferma l'arch. Aita - E allora le modalità con cui si mettono in cantiere progetti, idee diventa importantissima, e anche il Prg deve trovare le forme adeguate di comunicazione con i cittadini. Anche perché oggi le mediazioni tra i partiti non sono più sufficienti, anzi - vedi il caso Baldresca - sono viste con sospetto; e con il Consiglio comunale che ha poco potere, e tutto è in mano a sindaco e giunta, manca un anello di congiunzione, una camera di compensazione."

Insomma, il problema della comunicazione con i cittadini/condivisione del progetto, è oggi basilare.

Cervellati e Bruschetti l'hanno affrontato; ma non da politici o da pubblicitari, bensì da architetti.

Da due punti di vista. Il primo è quello di riunificare il momento dell'urbanistica con quello dell'architettura: il piano urbanistico e i progetti di architettura devono correre paralleli e integrarsi; il piano non deve essere solo vincolo, norma, ma anche proposta architettonica, nuova fisionomia. Il piano si eleva dalla bidimensionalità delle cartine, per acquistare la terza dimensione, quella del progetto architettonico; e contemporaneamente diventa anche esigenza estetica, mezzo per rafforzare l'identità dei luoghi. E acquista comprensibilità di fronte al vasto pubblico. Tutto bello. Ma come si realizza?

E qui è il secondo aspetto, forse quello già più operativo. Rovereto, città industriale, ha una carta in più per riqualificare il tessuto urbano: il riuso delle aree di industrie dismesse a ridosso del centro, aree oggi di pregio, già acquisite dal pubblico o facilmente acquisibili. Attraverso queste superfici, e altre di proprietà pubblica, il piano ha individuato otto aree di crisi: oggi in tutto o in parte degradate, ma situate in posizioni strategiche (vedi scheda e foto), e che si prestano ad una celere opera di riqualificazione, attraverso progetti che siano a cavallo, integrino, l'urbanistica e l'architettura.

Attorno a questo disegno l'arch. Bruschetti ha messo in moto un'ampia mobilitazione, con l'obiettivo di coinvolgere prima i professionisti, poi l'opinione pubblica. Otto aree vogliono dire otto progetti; per ognuno di esse ci sarà un concorso, cui saranno invitati quattro professionisti (singoli o raggruppati), ognuno dei quali presenterà un progetto.

Si sono avute 170 richieste di partecipazione, e in base ai curriculum professionali, un'apposita commissione sta selezionando quattro professionisti (singoli o raggruppati) per ogni area: questi 4 faranno il concorso, i progetti verranno esposti, ci sarà un dibattito, verrà proclamato un vincitore, che coprogetterà quell'area insieme a Cervellati. Verranno quindi direttamente coinvolti 32 gruppi di professionisti, attivando capacità, stimolando idee, prima nel mondo professionale, e poi, sperabilmente, nella città.

"C'è un grande interesse di partecipazione - commenta soddisfatta Manuela Bruschetti - non certo motivato da ragioni economiche (ognuno dei 32 gruppi riceverà solo 5 milioni di rimborsi spese; e gli otto vincitori del concorso saranno coprogettisti, di certo non si arricchiranno). Mi piace pensare invece che ci sia interesse a mettersi in relazione con il pubblico, con la città, per far fruttare le proprie competenze. E voglio sottolineare un ulteriore aspetto, la costruzione di opportunità per i giovani: dei 32 progettisti, un 25% sarà riservato ai giovani professionisti, che avranno da subito la possibilità di farsi conoscere, cimentarsi con una committenza di prestigio."

Queste le grandi linee del Prg che vorrebbe riconquistare a se stessa la città. Uno cui è correlata la politica intesa come progetto, o come assetto istituzionale ("sipario tanto e giustamente di coinvolgimento dei cittadini - lamenta Aita - E lo Statuto comunale da tre anni prevede strumenti parteciparvi della cittadinanza; che però non sono attivati, perché in tre anni non si sono varati i regolamenti. E ora troveremo che questi strumenti mancano, e la cosa può pesare").

Speriamo che il dibattito si mantenga al livello adeguato.