Cala il gelo sul parco dello Stelvio
Piano parco: tutto è fermo a causa dello smembramento imposto da Bolzano
La provincia di Bolzano oggi protesta contro Roma e l’inerzia del ministro all’ambiente Gilberto Pichetto Fratin (il ministro che investe nell’energia nucleare) perché dallo smembramento del parco, imposto dalla commissione dei 12 allora guidata da Lorenzo Dellai (2015), a oggi non esiste un piano parco dell’ente.
Lo si ricorderà: da anni la SVP chiedeva lo smembramento del parco in tre realtà territoriali distinte. La motivazione sembrava logica: da 80 anni l’ente era ancora sprovvisto del piano parco. In realtà - ma SVP e Dellai non lo dicevano - il piano parco era pronto da anni, era costato studi severi, ma rimaneva bloccato al ministero dell’ambiente per volontà della SVP stessa, che fin dall’istituzione del parco lo aveva portato nella palude dell’immobilismo. Perché parco fascista, argomentava.

Una motivazione pretestuosa, interessava ben altro alla SVP e ai suoi rappresentanti: aprire le porte alla speculazione, ridurne i confini, ampliare le aree sciabili esistenti, rendere meno vincolanti le norme di gestione, specie sulla caccia. Trento e Bolzano erano convinti che lo smembramento, in pochi mesi (24 previsti dalla norma di attuazione) avrebbe portato al tanto atteso piano parco. Così non è stato e dieci anni dopo la norma di attuazione e novanta dalla nascita del parco, si è fermi al 1935.
Ora la Provincia di Bolzano è furibonda con la Regione Lombardia: è la giunta Fontana oggi a tenere ferma la pianificazione, perché spera di ottenere le autorizzazioni per i previsti nuovi caroselli sciistici olimpici e altre speculazioni immobiliari. In Regione Lombardia nel 2024 si era provato a distruggere la tundra artica presente a 2600 metri di quota per costruirvi un bacino di raccolta acque per l’innevamento artificiale, in località Lago Bianco-passo Gavia. Una zona di alto pregio naturalistico, dove sono presenti specie autoctone rarissime che si ritrovano solo nell’estremo nord europeo.

L’assenza di un piano approvato e condiviso dai tre enti e dal ministero provoca una situazione di stallo. Nella valle di Martello come a Prato allo Stelvio (realtà dove il territorio compreso nel parco supera il 90% della superficie) rimangono bloccate ristrutturazioni, lavori anche utili a garantire la corretta coltivazione del territorio e a offrire una risposta di sviluppo a diversi operatori nel settore dell’agricoltura di montagna.
Per superare lo stallo le due Province autonome avevano chiesto al ministero un’approvazione disgiunta dei loro piani parco pronti da tempo, specialmente Trento, lasciando la Lombardia a macerare nelle sue inadempienze. Ma il ministero non può concedere una simile deroga, violerebbe i contenuti della norma di attuazione (legge costituzionale). Da indiscrezioni ministeriali sembra che oggi si tratti sottobanco un accordo dopo la segnalazione delle criticità presenti (sono impraticabili perfino le assunzioni) e qualche intervento sarà forse reso possibile.
Il ministero, finanziaria dopo finanziaria, ha anche tagliato i contributi al parco. Oggi perfino dentro la SVP si afferma che si stava meglio prima dello smembramento. Ma la SVP non sente ragioni e considera il territorio una sua proprietà. Un esempio? Dal 2018 l’ambientalismo della val Venosta si oppone alla costruzione di una strada forestale particolarmente impattante, la Schweinbòden. La strada era stata bocciata perfino dall’ente parco, perché invadeva un’area di nidificazione del gufo reale, specie ad alta protezione. Inoltre avrebbe inciso zone con presenza di piante rare e di alta qualità nella biodiversità. Ma la voce autoritaria della SVP si è imposta e i lavori sono iniziati. È quindi evidente come alla SVP nulla interessi della gestione conservativa di un’area protetta e che il piano parco lo si tenti di imporre al ministero come lasciapassare solo per aprirsi a ulteriori speculazioni.