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QT n. 2, febbraio 2021 Servizi

Giochi sull’acqua

Bloccata per ora la nuova legge che rischia di espropriare i comuni delle loro piccole centrali idroelettriche. 

Doveva essere solo un “piccolo cambiamento tecnico”, secondo quanto ci ha detto il consigliere della Lega Ivano Job, presidente della Terza commissione del Consiglio provinciale dove va discussa in prima battuta la nuova legge regolativa delle piccole centrali idroelettriche.

Ma il primo febbraio, quando l’assessore Mario Tonina l’ha proposta alla discussione della commissione, ne è uscito un bailamme.

Perché quello proposto da Tonina è tutto meno che un piccolo cambiamento tecnico. In sintesi viene modificata strutturalmente la norma che regola le concessioni delle piccole centrali, qualche centinaio distribuite sul nostro territorio, di cui un’ottantina non proprio piccolissime perché producono fino ad un massimo di 3.000 kilowatt. E che per circa due terzi sono di proprietà dei Comuni, che da quella produzione di energia ricavano soldini fondamentali per i loro bilanci.

Nota importantissima: la nuova regolamentazione esporrebbe d’ora in poi le piccole centrali alla legge del mercato. Le nuove concessioni infatti, secondo la proposta di legge, dovranno andare a gara. Col rischio che molti Comuni possano perdere una preziosa fonte di introiti.

Mario Tonina

Praticamente il mondo intero ha detto a Tonina: stai facendo un grave errore. Gliel’hanno detto i Comuni per le ragioni di cui sopra, gliel’hanno detto gli ambientalisti, ma a questo giro Tonina si è trovato contro anche le categorie economiche, Confindustria in prima fila.

Non siamo pronti, la situazione non è matura, non l’ha fatto nessun altro in Europa perché volete farlo voi adesso?

In questo ventaglio di posizioni stanno motivazioni anche molto diverse, ma quello che in realtà ha accomunato tutti è stata la vibrata protesta contro i tempi stretti che l’assessore Tonina voleva imporre per l’approvazione delle norme. Annunciate un giovedì sera, da discutere il lunedì mattina per poter arrivare in consiglio provinciale entro fine febbraio.

Di fronte a questo coro di proteste, Tonina ha accettato di sospendere per ora la questione e riportarla alla discussione a marzo.

In realtà queste nuove regole erano state già stoppate a ridosso di Natale, quando la giunta le aveva presentate ai Comuni trentini per la valutazione preventiva prevista dalle procedure. Ed erano state infilate dentro una legge cosiddetta omnibus che parla di semplificazioni in materia di territorio e ambiente. In quella sede i Comuni avevano detto alt. Poi, nelle settimane di gennaio, si è svolta una trattativa tra giunta e Comuni, che ha consentito di salvaguardare almeno le concessioni comunali già in fase avanzata di rinnovo. Concessioni che erano state, in un primo momento, buttate a mare dicendo a Comuni che lavoravano alle pratiche da molto tempo e che la loro richiesta di rinnovo sarebbe stata archiviata.

L’assessore in commissione, prima di gettare la spugna, si è difeso dicendo che comunque questa materia va regolata secondo le norme della concorrenza europee e che Bolzano ha già messo a posto il settore qualche anno fa. Ma non ha spiegato la sua evidente fretta.

Partiamo dal merito

Tecnicamente Mario Tonina ha ragione. La famigerata direttiva Bolkenstein sottopone anche questo settore alle tagliole del mercato. Tuttavia nessuno in Europa, stando alla nostra ricognizione giuridica, ha ancora fatto questo passo. E tutti i paesi europei recalcitrano, facendo finta di niente sulla questione. E non solo: anche sui grandi impianti idroelettrici molti stati fanno orecchie da mercante ai richiami della Commissione Europea in materia di concessioni.

Dunque, perché il Trentino deve fare il primo della classe?

Bolzano, dice Tonina, ha già fatto i compiti. Con un particolare non da poco: Bolzano non ha messo a gara le centrali dei Comuni. Le ha assorbite dentro la società idroelettrica provinciale - completamente pubblica - e ha dato ai Comuni quote azionarie corrispondenti. Un po’ diverso.

La fretta invece rimane un mistero.

Sappiamo però che la questione ha a che fare con il ricorso di un privato che qualche tempo fa ha richiamato la Provincia all’applicazione della Bolkenstein in questo settore. Questa è la motivazione data da Mario Tonina ai sindaci che, in prima battuta, sono insorti contro la norma.

Un privato che si chiama Fabio Binelli, fratello dell’onorevole leghista nonché attuale segretario della Lega in Trentino.

Un privato che da anni combatte con il Comune di Sella Giudicarie per una sua richiesta di costruzione di una nuova centralina sul torrente Arnò. Permesso ripetutamente negato. Anche dal Tar.

Abbiamo chiesto all’ingegner Binelli che tipo di ricorso ha fatto a nome della sua società, la Measure srl di Tione. Ci ha gentilmente spiegato che c’è un giudizio in corso e non poteva darci particolari.

Non entriamo qui nella vicenda specifica, lunga e complessa. Però è giusto domandarsi se questa questione privata abbia influenzato la decisione della giunta di proporre la nuova legge. Non conoscendo il “ricorso” non sappiamo in che termini la Provincia sia stata richiamata, né se ci siano delle scadenze per cui si rischiano sanzioni. Ma se ci fossero possibili conseguenze sarebbe stato logico che Tonina le usasse a propria difesa.

Siamo solo al primo tempo di questa partita. Per il secondo, speriamo, verrà preso in considerazione dalla giunta l’aspetto politico più importante della questione: l’acqua va difesa dagli appetiti eccessivi del mercato. Anche a livello comunale.

La Giunta cerca il compromesso

Tra le norme portate in Commissione lo scorso 1° febbraio c’era anche una modifica della legge sulle grandi concessioni idroelettriche. Una modifica che, ha affermato l’assessore Tonina, va incontro alle richieste del governo, che ha recentemente impugnato la nostra legge provinciale per gli affidamenti degli impianti idroelettrici, sia per violazione della competenza che per le norme sulla concorrenza.

Per la competenza, l’Avvocatura dello stato si basa sulla legge che nel 2018 ha delegato alle Regioni ordinarie il potere di regolare la materia. Peccato che la norma su cui si fonda il nostro potere non sia quella, ma lo Statuto d’autonomia, che ci dà competenza primaria. Cosa che viene citata nello stesso ricorso senza però trarne le ovvie conseguenze giuridiche. Per la concorrenza ci si rifà alla direttiva europea in materia, la cosiddetta Bolkenstein.

Vengono proposti due elementi: il fatto che la nostra legge richieda ai futuri concessionari una sede operativa locale e che siano stati stabiliti requisiti di partecipazione alle gare “eccessivamente restrittivi e idonei, quindi, a restringere la più ampia partecipazione alle future gare”.

Un commento d’impulso: se uno deve gestire una serie di dighe tra cui alcune della portata di Santa Massenza o dell’impianto di Molveno, vorrà ben avere una sede operativa in Trentino. O pensano di aprire e chiudere Santa Giustina da remoto?

Complessivamente l’impugnazione non ha argomenti forti, oltre a qualche passaggio che potrebbe portare la Corte a dichiararla inammissibile, in tutto o in parte, fin dall’inizio. Ma sono gli interessi economici che quasi certamente stanno dietro a questa impugnazione a guidare il gioco e quindi non sappiamo se quello che ha offerto la Provincia sarà sufficiente perché la giunta raggiunga l’obiettivo che si pone: far revocare direttamente il ricorso governativo, senza arrivare davanti alla Corte.

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