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QT n. 12, dicembre 2020 Servizi

Il nostro Piergiorgio

Un piccolo corpo e una forza immensa. L’infinita generosità nel dare tutto se stesso: per il bene della società, sempre, fino all’ultimo respiro.

Piergiorgio Cattani

Piergiorgio Cattani era per noi di QT, e per tutti quello che lo conoscevano, un esempio. A me capitava, quando incontravo un amico reduce da un incidente o una menomazione, di cercare di rincuorarlo con queste parole, forse non pienamente opportune, ma che sempre sortivano un effetto confortante: “Pensa a Piergiorgio...”. A come lui ha reagito e continua a reagire. Affetto da una grave sindrome, era costretto in un corpo inabile a qualsiasi movimento se non delle estremità delle dita, e parzialmente del viso e della laringe. E degli occhi: grandi occhi azzurri con cui avido leggeva, scrutava le persone.

Dal degrado del corpo si era salvato il cervello: e tanto gli bastava. Aveva conseguito tre lauree, pubblicato almeno una decina di libri, scritto centinaia di editoriali, di articoli, oltre che su QT, sul Trentino, su Vita Trentina, su Unimondo di cui era presidente; era tra i fondatori e il presidente del gruppo politico Futura, ultimo approdo di un costante impegno politico, generoso seppur disincantato.

Di Questotrentino apprezzava due cose. La prima, come scrisse nel libro “Guarigione, un disabile in codice rosso”, era l’assenza di compassione. Non lo trattavamo come il povero disabile, ma come un redattore al pari degli altri, con responsabilità e compiti definiti. Non esisteva il discorso “Beh, Piergiorgio fa quel che può...”, ma un franco confronto su eventuali – invero rarissime – défaillance. Questo, nel suo giusto orgoglio, lui voleva: essere valutato, senza commiserazioni, per il valore di quello che produceva.

La libertà era il secondo merito che attribuiva a QT. Libertà di pensiero, di confronto, di scrittura, senza condizionamenti, dovuti alla politica, alle convenzioni, alle ideologie, alla religione, “È il posto dove mi sento più libero” diceva del nostro collettivo. Lui cattolico, gli altri soprattutto agnostici o atei. Assieme affrontammo temi molto delicati: cosa sia poi la fede, che senso abbiano le verità dei libri sacri (“La Bibbia è un libro barbarico, il Mein Kampf di un popolo che pretendeva di essere l’eletto del Signore” gli dicevo. “Ma no, guarda la cosa da un altro lato, era un popolo piccolo, debole, per decenni schiavo di altri, e che non praticava la schiavitù” replicava). Dovevamo fermarci nei nostri discorsi, nel timore di urtare sensibilità profonde: eppure poi ripensava alle parole che ci eravamo detti, e così facevamo noi, con la mente che si apriva a nuove prospettive. (In proposito si può vedere il dibattito a tre, con l’ordinario di Scienza Politica Gaspare Nevola, La religione è di per sé violenta?” su QT del marzo 2018).

Questo insomma era Piergiorgio: assetato di conoscenza, di profondità di pensiero. E se approfondendo si trovava di fronte a verità spiazzanti o scomode, meglio. Si fermava, ci rifletteva, e le riaffrontava da una nuova angolatura, con l’onestà intellettuale di chi è capace di fare anche passi indietro, sapendo che in realtà è così che si va avanti.

Così era anche nelle sue incursioni in politica. Nel 2003 era candidato nella lista dei DS alle provinciali: Lorenzo Dellai allora imperante cassò dalla lista della sinistra l’altro eretico, Luigi Casanova, con l’intenzione di silurare implicitamente anche Cattani, più difficilmente attaccabile. Piergiorgio all’istante rinunciò alla candidatura (e a uno scranno praticamente sicuro): a questi giochetti lui non ci stava, si sentiva, ed era, molto superiore. Era un uomo libero davvero Piergiorgio, e onesto nel profondo.

Per noi di QT era, tra le tante cose, un ponte prezioso verso la cultura cattolica. Dai cattolici, anche i più curiali, era rispettato. Forse intimoriva, oltre alla cultura e l’intelligenza, anche proprio la disabilità: era un eretico che sapeva farsi ascoltare ed apprezzare. Svolgeva quindi un ruolo prezioso di connessione tra culture diverse, difficile da ricoprire. Anche per questo ci mancherà.

Come si sarà capito, era anche generoso. Generoso nel dare se stesso: spendeva del tutto le sue tante qualità e le poche forze in progetti politici, sociali, culturali, che potessero avere una ricaduta positiva sulla società. In questo era immenso: dove, in quel corpo rattrappito, riuscisse a trovare tante energie, era un mistero. Probabilmente era proprio la sua generosità a dargli forza, a tenerlo in vita. Era lucidamente realista: non amava illudersi, andare dietro a vaghi sogni. Valutava i risultati del suo assiduo impegno. Credo che non abbia sbagliato nel ritenere che ne valesse la pena: lavorare per il bene della società, sempre, fino all’ultimo respiro..

Come uno di quei personaggi illuminati…

Ci siamo conosciuti nel 2007, quando grazie a Giovanni Agostini iniziai a collaborare con Questotrentino. Piergiorgio veniva alle riunioni di redazione tutti i giovedì alle cinque e aiutava i neo-arrivati a comprendere meglio i meccanismi della politica trentina. Alle volte facevo fatica a capire quello che diceva; ma sarebbe più giusto dire che già allora lui faceva fatica a parlare. Eppure, bastava poco ad abituarsi. Fu un periodo in cui imparai ad ascoltare.

Iniziai a frequentare Piergiorgio anche fuori da Questotrentino. Ogni tanto andavo a casa sua e parlavamo per un’ora. Ricordo l’accoglienza allegra dei genitori e le chiacchiere con lui, a tutto campo. Io gli chiedevo soprattutto dei suoi studi in filosofia (Piergiorgio amava molto Emmanuel Levinas e Dietrich Bonhoeffer) e dei libri che aveva scritto (all’epoca ne aveva già pubblicati due, ”Cara Valeria” e ”Dio sulle labbra dell’uomo”). Era soprattutto lui, però, che mi faceva domande: si informava sul mio punto di vista in materia di religione, mi chiedeva cosa ne pensassi della politica italiana, della politica internazionale, della mia generazione, dei miei studi. Aveva solo dieci anni più di me, ma era come uno di quei personaggi illuminati che compaiono nei libri: quelli che ti aiutano a guardarti intorno e capire come funziona la società. Mi piace pensare di essere stato speciale, ma la verità è che Piergiorgio faceva così con tutti.

Qualche tempo dopo essermi laureato, Piergiorgio diventò caporedattore di Unimondo e mi invitò a collaborare. Fu un grande riconoscimento: era la prima volta che ricevevo un compenso, seppur simbolico, per le mie ricerche giornalistiche. Grazie a quella collaborazione conobbi altre persone piene di forza e sviluppai una maggiore attenzione ai temi della giustizia sociale. Il caporedattore ci supervisionava con energia, presenza, spirito critico.

Il libro di Piergiorgio "Guarigione, un disabile in codice rosso"

Nel 2015 Piergiorgio si ammalò e venne ricoverato in ospedale. Ricordo perfettamente il momento in cui Alessandro me lo disse al telefono: ero sulla terrazza dell’Istituto Europeo e guardavo il tiglio in fiore. All’epoca Piergiorgio aveva quarant’anni: sembrava improvvisamente destinato a morire. Invece si salvò e scrisse un libro, ”Guarigione”, in cui lodava il personale medico, ma descriveva con filosofica minuzia l’atroce esperienza passata in ospedale. Credo che si riferisse a quell’esperienza quando, negli anni a venire, gli si chiedeva come stava e lui rispondeva “Per essere morto nel 2015, tutto sommato non mi sento troppo male”.

Negli anni successivi continuammo a sentirci, anche se in maniera meno regolare. A settembre di quest’anno Piergiorgio mi ha scritto, come faceva sempre a ridosso di un appuntamento politico. In quanto presidente di Futura, uno dei partiti in lista, voleva sapere cosa pensassi della campagna elettorale per le elezioni comunali di Trento. Si era messo in gioco ancora una volta, mostrando come, nonostante enormi difficoltà, ciascuno di noi possa trovare dentro di sé la riserva di forza per dare fiducia a giovani insicuri, costruire relazioni umane forti e avviare progetti entusiasmanti.

Lorenzo Piccoli

Soggezione e un po’ di invidia

Ho conosciuto Piergiorgio durante una riunione di redazione a Questotrentino, probabilmente una delle prime alle quali partecipava. Io collaboravo già da un paio d’anni e avevo visto più volte questa persona gracile e immobile intervenire in veste di relatore o spettatore in assemblee pubbliche, solitamente riguardanti il mondo della disabilità; ma non eravamo mai andati al di là di un saluto. Dopo esserci conosciuti a QT, la relazione si è fatta più intensa, soprattutto quando si trattava di programmi informatici, ausili, oppure osservazioni sulla realtà politica locale e la disabilità. Ho sempre avuto un po’ di soggezione di lui e gli invidiavo alcuni aspetti: anzitutto la memoria, io che fin da piccolo ho sempre faticato a memorizzare anche una breve poesia, mentre lui sembrava assimilare e custodire tutto con molta facilità. Poi la capacità di circondarsi di persone fidate: forse aveva fatto di necessità virtù, ma era sempre accompagnato da qualcuno che al suo minimo gesto capiva cosa doveva fare, e lo faceva in modo garbato, affettuoso; anche fosse solo fargli bere un sorso d’acqua, accomodare una giacca, o applicare correttamente la maschera per aiutarlo a respirare e parlare.

Un’esperienza traumatica ci ha accomunato nel marzo 2015, quando entrambi avemmo una brutta bronchite/polmonite; io ero ricoverato al Santa Chiara da una settimana quando anche lui arrivò in una stanza vicina. Bloccato a letto, vedevo i suoi parenti passare in corridoio in preda allo sconforto e capivo che le notizie non erano buone. Poi il pianto lasciò il posto ai sorrisi, e appresi che era stato sul punto di morire. Quando mi permisero di muovermi in carrozzina, andai a fargli visita; pensavo di trovarlo provato, invece lo vidi con un plexiglass sopra il letto dove era appoggiato un giornale, mentre il suo assistente prendeva nota dei suoi appunti al computer. Una veloce chiacchierata e poi cordialmente mi disse che aveva da fare, ogni istante gli era prezioso. Qualche settimana dopo mi contattò per chiedere le mie impressioni sulla recente degenza, dicendo che stava scrivendo un libro: “Guarigione, un disabile in codice rosso”.

Dopo di allora ci siamo visti o sentiti poco… Anche perché lui aveva ricominciato a lavorare come un forsennato: impegnato con l’associazione Unimondo, col nuovo progetto politico Futura, con la stesura di articoli per il Trentino e per il nostro QT. Un paio di settimane prima della sua morte si discuteva nella mailing-list interna di QT del titolo da dare alla cover story di novembre. Avevo proposto, fra gli altri, un mio titolo e lui commentò: “Quest’ultimo è eccezionale. Carlo, sei bravissimo”. Questo complimento, che allora mi riempì di orgoglio, ora acquista ancor più valore e mi rimane il rammarico di non aver risposto: “Piergiorgio, anche tu sei eccezionale!

Carlo Nichelatti