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Ecomostri o beni da tutelare?

Non si mettono le richieste di demolizione dei padiglioni ex ANMIL, siti nel Bosco della Città di Rovereto

Passano i mesi, mutano le stagioni e immancabilmente si rinnovano sulla stampa e nelle stanze dell’Amministrazione Comunale le richieste di demolizione dei padiglioni ex ANMIL, siti nel Bosco della Città di Rovereto, in località Vallunga.

Non si comprende perché tanta forza strutturale e bellezza architettonica siano oggetto di così ostinata intenzione distruttiva, dato che il responsabile della Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee del Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto del 19 aprile 2019, ha riconosciuto, ai sensi della Legge 22 aprile 1941, n. 633, “l’importante carattere artistico del complesso architettonico ex ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro)”, quale “esempio di rilievo nel panorama dell’architettura italiana della seconda metà del Novecento per le notevoli qualità architettoniche e l’uso innovativo dei materiali”. Ciò riferito al solo padiglione ovest, in quanto quello est non è stato ultimato.

Nella relazione storico-artistica così si esprime il funzionario ministeriale:

“L’articolazione planimetrica e la configurazione tipologica che connotano l’intero complesso sono il risultato di una lettura progettuale che coniuga aspetti compositivi ed esigenze funzionali con soluzioni tecnologiche volte a garantire ottimi livelli d’illuminamento e di esposizione. A tal fine, gioca un ruolo dominante il sistema di coperture distinto per padiglioni in virtù delle differenti esigenze funzionali di aereo-illuminazione, elegantemente risolto con l’inserimento di shed posti lungo le linee di ‘sutura’ di grandi vele in cemento armato come nel caso della sala ‘convegni’. Sull’articolazione dei percorsi invece, si è adottata una soluzione binata di scale e rampe di risalita esterne ed interne. Quest’ultime, di notevole ampiezza, assolvono anche ai requisiti di legge sull’eliminazione delle barriere architettoniche…” con forte anticipazione delle normative in tal campo.

E prosegue: “Il continuo variare delle linee architettoniche, il movimento plastico delle facciate creano motivi di grande interesse, frutto di una sapiente conoscenza dei materiali utilizzati (prevalentemente cemento armato) e di una capacità progettuale che attinge al repertorio architettonico del Movimento Moderno per confluire nelle sollecitazioni ‘brutalistiche’ a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta. La ‘sincerità’ dei materiali esposti alla vista si pone in contrapposizione alle raffinate finiture dell’architettura tradizionale. Qui, l’uso del materiale plastico di nuova generazione, quale il cemento, assolve la duplice funzione estetica e strutturale e, al contempo, funzionale per la possibilità intrinseca di poter realizzare spazi fluidi e ampi, non ottenibili secondo sistemi costruttivi cari ad un modus operandi passato. Una connessione tra ‘pelle e corpo’ che trova conferma nel pensiero di autorevoli progettisti vicini alla ‘corrente neo-espressionista’…”

Il giudizio ministeriale sui padiglioni ex-ANMIL è quindi pienamente positivo, quasi ammirato, e non lascia dubbi sulla necessità di protezione e salvaguardia, indipendentemente dal rispetto del diritto d’autore. Sono da aggiungere alcune considerazioni:

la superficie di circa 8.900 m² occupata dagli edifici è modesta rispetto alla vasta estensione del Bosco della Città e del Monte Ghello, a questo contiguo verso nord;

i fabbricati sono sapientemente inseriti nel terreno e schermati dal fitto bosco circostante, poco visibili e comunque ben inseriti paesaggisticamente;

gli architetti trentini hanno esplicitamente apprezzato quest’opera dell’arch. ing. Luciano Perini, tanto da dedicarle una conferenza nella sala del SASS, sotto piazza Cesare Battisti.

Tutte le persone di cultura dovrebbero quindi auspicare l’individuazione di un uso che ne consenta il recupero. L’ambiente silenzioso e stimolante sarebbe ideale per l’insegnamento della musica, e del resto il luogo di grande valore naturalistico, raggiungibile agevolmente dalla città, avrebbe tutte le prerogative per diventare un centro sportivo, per tutte le attività all’interno e all’esterno, o un centro di servizi (assistenzali, residenzali, socio-sanitari, ricreativi, educativi), come la struttura gemella di San Benedetto Val di Sambro. In provincia di Bologna, infatti, negli anni ‘60 è stato costruito un altro complesso dell’ANMIL, progettato dallo stesso Perini, molto simile a quello di Rovereto e destinato alla medesima sorte: mai usato e abbandonato al degrado. Dopo uno studio di fattibilità redatto da Nomisma nel 2017, l’anno successivo è stato sottoscritto un accordo di programma, del valore di 11 milioni, per il recupero di 8.000 m² di superficie da destinare a una lunga serie di attività. Per le famiglie: tre appartamenti per famiglie con micronido da 14 posti e due comunità per minori, da 6-10 ospiti. Per gli anziani: una casa di riposo da 60 posti, appartamenti protetti per anziani autosufficienti, una comunità alloggio da 12 persone, attività socio-ricreative per 20 persone. Per la sanità: Casa della Salute di dimensioni ridotte, tre ambulatori di base, uno infermieristico, uno specialistico e uno per prelievi. Per le attività ricreative e commerciali: ambulatori privati libero-professionali, piscina sportiva con spazi per attività secondarie di tipo rieducativo-terapeutico, spazio ristoro ed edicola, salone barbiere / parrucchiera, lavanderia, piccola struttura ricettiva tipo B&B.

Forse il recupero dell’ex ANMIL non dipende da una funzione, ma da un insieme variabile di più funzioni. E forse una visita a San Benedetto potrebbe non essere inutile, quantomeno per rendersi conto dei modi, dei tempi e dei costi necessari per il recupero di una struttura pressoché identica che si trova nelle stesse condizioni.

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