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QT n. 9, settembre 2018 Monitor: Teatro

Un giro a Pergine Festival e Drodesera

Il racconto dei due festival attraverso i temi cardine, l’approccio adottato per svolgerli, le proposte più interessanti per attinenza ad essi, la capacità di parlare al presente e la qualità artistica

“Birdie”

Luglio, in Trentino, è il mese dei più longevi e importanti festival di teatro e arti performative. Parliamo, naturalmente, di Pergine Festival (non più Pergine Spettacolo Aperto) e Drodesera, rassegne giunte rispettivamente all’edizione 43 e 38. Due manifestazioni che, come mescolano diversi linguaggi artistici, intrecciano – ciascuna a proprio modo – la volontà di radicamento nella comunità e/o nel territorio ed una forte apertura all’internazionale. Questa recensione intende raccontare i due festival attraverso i temi cardine, l’approccio adottato per svolgerli, le proposte più interessanti per attinenza ad essi, la capacità di parlare al presente e, non da ultimo, la qualità artistica.

Si rinnova Pergine Festival, e non solo nel nome. La prima edizione, diretta per intero da Carla Esperanza Tommasini, ha puntato su un rapporto più consapevole con comunità e territorio, uno sguardo ancora più aperto verso l’Europa, una sempre più convinta attenzione ai linguaggi del contemporaneo. Linee che si sono riflesse anche a livello tematico, suscitando idee guida e domande fondamentali: “In un’epoca caratterizzata da dispersioni, chiusure e confusioni identitarie, ci siamo chiesti che cosa stia alla base delle relazioni umane, individuali e sociali, e come poter ripensare, attraverso molteplici pratiche artistiche, la propria idea di appartenenza e di relazione. Cosa ci fa sentire parte di un gruppo, una coppia, una comunità, un territorio? Quali modalità di relazione possiamo attivare per costruire nuovi spazi, visioni e trasformazioni condivise, che rispecchino una comunità aperta all’ascolto, accessibile ed inclusiva?”. A questi interrogativi hanno cercato di rispondere gli artisti tramite spettacoli, performance, installazioni, laboratori, musica e incontri. Tra le varie proposte, da citare Atlas Pergine, installazione fotografica di Elisa di Benedetto, e ABC. Abbecedario del teatro quotidiano, primo step di un progetto partecipativo ideato dai Dynamis. Una menzione speciale per Stanze, audioguida site-specific a Palazzo Crivelli: ancora una volta, in luoghi, spazi, oggetti, elementi inanimati e lasciati andare, raccontati in cuffia e attraversati dal vivo, Circolo Bergman riesce a mettere la vita.

Spostandosi a Dro, già il titolo è tutto un programma. Supercontinent2: un seguito, o un quadrato, dell’edizione 2017, con la volontà di addentrarsi ancor più in una immaginaria nuova Pangea “data dai movimenti geologici e dalle tratte migratorie”, una terrain movimento perpetuo che non cessa di generare domande, ipotesi, spostamenti, incontri inaspettati” e che è “di chi la vive così come di chi la attraversa”, autoctono o straniero che sia. Idee che sembrano tagliate su misura per prendere forma in quel peculiarissimo microcosmo che è Centrale Fies.

Un luogo che vive non solo nei giorni del festival ma tutto l’anno, come impresa culturale creativa e spazio di residenza, ovvero di attraversamento. Un luogo che spalanca le porte al contemporaneo e all’internazionale, ma è anche volano di sviluppo del territorio.

Questa identità si rivela in scelte artistiche che spaziano tra teatro, danza, arti visive, installazioni, musica, film session e incontri. All’interno della variegata offerta, da segnalare By heart, invito di Tiago Rodrigues alla resistenza tramite la memoria di una poesia, e Germinal, performance in cui L’Amicale de Production tenta, come per gioco, di creare un nuovo ecosistema. Ancor più convincente e in grado di toccare corde profonde Curon/Graun, incontro di OHT con il teatro musicale che ha prodotto un’opera che ha per protagonisti il campanile sommerso di Curon Venosta, l’immobilità e il silenzio.

La palma di spettacoli più rappresentativi, più attuali e meglio costruiti va però a Overload di Sotterraneo (Drodesera) e soprattutto Birdie di Agrupación Señor Serrano (Pergine Festival). Entrambe produzioni che riflettono sul tema della comunicazione. Overload rappresenta in maniera ludica e agghiacciante come, nell’era della saturazione delle informazioni, la nostra soglia di attenzione si stia inesorabilmente abbassando e frammentando. Le molteplici sollecitazioni della modernità diventano godibili e umoristici espedienti scenici.

Birdie è un’occasione imperdibile per vedere cosa succede artisticamente fuori dall’Italia. Un gioiello per idea, drammaturgia, regia, allestimento, sapiente uso di linguaggi diversi. Colpisce per la non comune capacità di giocare con realtà e finzione. Una creazione che si fonda molto sulle immagini, sul digitale, su dettagli solo in apparenza inutili, elementi che al giorno d’oggi abbiamo costantemente sotto gli occhi e tra le mani e riconosciamo come realtà, quando spesso invece ci fermiamo alla superficie senza andare a vedere cosa c’è dietro. Ecco che, attraverso un teatro svelato, il collettivo catalano smaschera questa presunta realtà, analizzandola e scavando in profondità. Partendo da una foto, da uno scatto istantaneo, per raccontare qualcosa dell’essere umano.

Si potrebbero fare mille considerazioni finali, ma lo spazio scarseggia.

Mi limiterò ad augurare ai due festival, pur mantenendo un giusto sguardo all’Europa e al mondo, un ancora maggiore radicamento nel tessuto del territorio.

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