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QT n. 9, settembre 2018 L’intervista

Due migranti che “ce l’hanno fatta”

Chiacchierata a tre con Irisa, albanese, e Vicent, mozambicano, oggi avvocati

Irisa e Vincent, entrambi stranieri, arrivarono a Trento con tanti sogni ma senza conoscere una parola di italiano. Lei è albanese e oggi ha 32 anni; lui è del Mozambico e di anni ne ha 53. Sono due immigrati che “ce l’hanno fatta”, arrivando a laurearsi nella nostra università.

L’intervista ha fatto presto a diventare una chiacchierata a tre, in cui si sono confrontate non solo due generazioni e due mondi diversi, ma anche due modi, a volte simili altre meno, di approcciarsi alla vita e alla professione legale, che oggi entrambi esercitano.

Di dove sei?

Irisa Albania, Durazzo.

Vicent Non so dove sia.

Irisa Sul mare, di fronte a Bari.

Vicent Torneresti là?

Irisa No.

Lei non tornerebbe. Tu Vincent invece torni spesso in Mozambico.

Vicent La mia vita si divide tra il Mozambico, dove lavoro, e Trento, dove c’è la mia famiglia, che per me è molto importante. Per famiglia intendo mia moglie e i miei figli; i miei genitori non li chiamo più famiglia. Erano la mia famiglia, continueranno ad esserlo, però non sono più il centro della mia vita.

Perché hai scelto di tornare in Mozambico?

Vicent In Italia ci sono meno opportunità, non vedevo prospettive. In Mozambico nel giro di un anno puoi realizzare quello che qui non realizzi nemmeno in dieci anni.

Dipende dal fatto che sei immigrato o vale per tutti quelli che fanno la professione a Trento?

Vicent Riguarda tutti, ma gli stranieri ovviamente ne soffrono di più.

In Mozambico si hanno dunque più possibilità? Si sta muovendo più della realtà italiana?

Vicent Mamma mia! Talmente tanto che non so da dove iniziare. Sono spesso in televisione per parlare di cose che qua me le sognerei. Adesso che ci sono le elezioni faccio l’analista politico, scrivo per dire quali prospettive vedo per il Mozambico. Dal punto di vista economico è naturale che i paesi in via di sviluppo siano in movimento. Qui hai spazio per fare un centimetro alla volta, lì puoi fare dieci chilometri, perché sei in un paese dove tutto va fatto.

Irisa Nessuno s’intromette?

Vicent Questo è il grande problema: non troverai oggigiorno un paese africano, e credo non solo africano, che decida autonomamente il suo destino.

Irisa Avete problemi di corruzione?

Vicent La corruzione viaggia mano nella mano con la povertà. Diventa un problema se intendi fare carriera nel governo. Ma per chi fa l’avvocato è diverso.

Irisa Il privato è abbastanza libero? Se voglio aprire una società in Mozambico, posso farlo tranquillamente? Nessuno vuole tangenti o chiede favori?

Vicent Questo può succedere tanto in Mozambico quanto in Italia: anche qui saltano fuori scandali tutti i giorni.

Irisa, lei perché vuol fare la professione qui? Perché è attirata da Trento, o perché ritiene che in Albania non la potrebbe fare come vorrebbe?

Irisa In Albania non potrei lavorare come vorrei, non sarei libera. Lì la corruzione è alta, spesso sotto gli occhi di tutti: l’avvocato serve per passare il denaro dal cliente al magistrato. Si può guadagnare e anche subito, ma io non voglio fare questo.

In Mozambico non è così?

Vicent La corruzione di cui parla Irisa non è rappresentativa del paese, esiste perché esiste la povertà. Il povero è disposto a qualsiasi cosa pur di vivere e di migliorare la sua esistenza. Ma questo in Africa come nel resto del mondo.

Irisa È anche un problema culturale: per alcuni è più facile seguire la strada del “pago e ottengo quel che voglio”.

Vicent Si può anche parlare dell’aspetto culturale, ma per me non è determinante. In una società occidentale, capitalista, il denaro la fa da padrone; certo ci sono altre realtà, guidate da ideali diversi, che non sono schiave dei soldi; ma sono un’eccezione. La corruzione è legata alla povertà: il poliziotto in Mozambico sa che il denaro che prende a fine mese non gli permetterà di mandare i figli in una scuola decente. Lui farà di tutto per mandare suo figlio in una buona scuola. Così nasce la corruzione. Trento è diversa: ha una scuola pubblica di alto livello, c’è un buon sistema sanitario. La gente qui dice “io non posso vivere”, ma sono sicuro che non è così. Non ha il problema di cosa dare da mangiare a suo figlio. In Africa se sei ammalato devi avere i soldi per prendere un aereo e andare in Europa. I nostri politici quando arrivano al potere, non sanno resistere alla tentazione se arriva l’europeo con delle valigie piene di milioni. Quei soldi sono la sua assicurazione e quindi si vende, non pensa a un domani. È brutto da dire, ma è la realtà. Per cambiare le cose si deve iniziare dal basso, potenziare il sistema educativo. Tutti devono poter frequentare la scuola. Ma da noi non è così: io sono stato testardo, lo volevo a tutti i costi; poi per fortuna ho avuto una borsa di studio che mi ha portato in Italia.

Chi te l’ha data?

Vicent Il governo italiano. Io ho fatto tre concorsi: per andare in Inghilterra, in India e in Italia. L’Italia è stata la prima che m’ha dato il biglietto.

Era previsto che arrivassi a Trento?

Vicent Sono partito dal Mozambico con l’idea di andare a Napoli, a fare economia navale; era la mia prima scelta. Come seconda opzione avevo giurisprudenza a Trento. A Roma mi hanno consigliato Trento perché Napoli era più disorganizzata. Tutti abbiamo optato per Trento, eravamo in sette, tutti dal Mozambico.

Lei Irisa non ha una situazione così. Il suo paese è povero, ma molto più ricco e più organizzato, siamo in Europa...

Irisa È più organizzato, il comunismo dava molto peso all’istruzione, quindi abbiamo ottime scuole pubbliche: si comincia a fare fisica e chimica già in terza media. C’è carenza nelle strutture ospedaliere pubbliche. Ci sono realtà povere, ma non così povere, assolutamente no. Ci sono delle diseguaglianze, un po’ come ovunque.

Vicent In Africa se ci fosse un paese così, la gente rimarrebbe lì. L’Albania è comunque in Europa, è una società millenaria, che ha la sua storia.

Irisa Tante persone stanno tornando in Albania. Chi ha imparato un mestiere in Italia torna e apre una sua attività. Purtroppo c’è questa corruzione molto diffusa a livello statale. Stanno cercando di cambiare, a maggior ragione perché vogliono entrare in Europa.

La sua è una famiglia benestante? Come mai ha deciso di venire qui?

Irisa Prima del comunismo la mia famiglia era benestante, poi hanno sequestrato tutto, dalle case ai terreni, ai soldi; pian piano lavorando sono diventati una classe media nella nuova società. Io ho avuto la fortuna di avere due genitori che è raro trovare: hanno assecondato il mio desiderio di finire il liceo in Italia. Mi hanno sempre spinto verso l’indipendenza. Per tanti nella nostra cultura la donna deve sempre avere accanto un uomo, deve sposarsi, fare figli. I miei mi hanno sempre detto che una donna deve essere indipendente. Sono cresciuta con questa idea di indipendenza, per questo ho deciso di venire qui.

La tua, Vicent, non era una famiglia ricca?

Vicent No. Mia mamma non ha mai visto l’entrata di una scuola. Mio padre era un muratore, non lavorava in un’impresa, ma quando qualcuno doveva fare un muretto o un lavoretto chiamavano lui. Tutto sommato si stava bene.

Irisa Questo prima dell’indipendenza?

Vicent Sì. Dopo l’indipendenza la situazione è peggiorata, perché non c’era lavoro. Prima, da colonia portoghese, la nostra condizione di vita era accettabile, non c’era la fame. Mangiavamo le verdure, il riso, e poi c’erano arance, papaia, mango, tanta frutta. Non abbiamo mai comperato frutta al mercato. Al mercato si comperava lo zucchero, il sale, i fagioli, cose del genere. Io ho iniziato a lavorare finite le medie; avevo studiato meccanica della refrigerazione, che si occupa delle camere frigo per frutta e verdura; sono andato a lavorare su un peschereccio russo, dove il pesce veniva congelato ancora vivo. Restavamo in mare anche per un mese intero e si mangiava molto bene. Dopo un anno sono tornato a casa ed è stata una sfortuna perché ero stato chiamato per fare il servizio militare. Avevo poco più di diciassette anni. Per fortuna ho simpatizzato col comandante che mi ha lasciato tornare a casa dopo sette mesi; gli ho dovuto regalare un paio di scarpe che mi avevano dato i russi e che a lui piacevano, ma almeno sono potuto tornare.

Com’è stata l’esperienza da militare?

Vicent Quando ti svegliavi la mattina non potevi aspettarti la colazione, non c’era da mangiare. I miei compagni prendevano un bicchiere d’alluminio, aprivano la cartuccia del Kalashnikov, buttavano la polvere nel bicchiere, poi un po’ d’acqua e bevevano; con quella roba vai fuori di testa, ti rovina.

Irisa Puoi prendere delle malattie, c’è piombo!

Vicent Io non so se quelli che erano con me sono ancora vivi. Mi ha salvato il fatto che sono sempre stato un fifone. Fino a 32 anni non bevevo, non fumavo, mi sono liberato quando sono arrivato qui.

Quindi hai cominciato qui a bere e fumare?

Vicent Sì. A bere andavo al bar, era un bere sano, quelle due birre chiacchierando. Qui ho anche imparato a suonare la chitarra, da solo. Ho anche talento.

Quanti anni avete? A che età siete venuti in Italia?

Irisa Io sono dell’85, ho 32 anni. Sono venuta qui nel 2012, avevo 17 anni.

Vicent Tra noi c’è una generazione di differenza; Irisa ha la stessa età di mia figlia. Io ho 51 anni, sono venuto a Trento nel ‘93, a 26 anni. Sono un pioniere.

Tu Vicent parlavi il portoghese e lei Irisa l’albanese. Quando siete arrivati qui, avete cominciato a studiare, lei al liceo e tu all’università. Come avete fatto con la lingua?

Irisa È stato difficile all’inizio. Usavo il vocabolario mentre leggevo, sopra ogni parola scrivevo la traduzione. Per fortuna avevo buona memoria. Al terzo anno di università parlavo italiano correntemente, agli esami mai stata bocciata in cinque anni.

Vicent Anch’io l’ho imparato per i fatti miei. Mi sarebbe piaciuto fare il liceo qui.

Irisa Io l’ho voluto fortemente, ma non è stato per niente facile. Fare solo l’ultimo anno vuol dire che devi anche fare l’esame di maturità: devi studiare tutto quello che gli altri hanno fatto nei quattro anni precedenti.

Vicent Mi sarebbe piaciuto. È una cosa grandiosa; è una fatica, ma t’ha reso ciò che sei oggi. Arrivato in Italia sono stato un mese a Perugia, lì c’è un’università per stranieri. Ma parli tutto tranne l’italiano; ti insegnano come comprare un biglietto del treno, o a chiedere se la sedia è libera; ma questo non ti serve all’università. Dopo un mese sono arrivato a Trento. A fine luglio ero già iscritto all’università. La lingua l’ho imparata qui leggendo, ascoltando. Avevo problemi col fatto che non ci sono gli accenti: per me è sempre stato strano che uno che arriva da Roma dica: “Sono qua a Gardòlo”.

Superato l’ostacolo della lingua avete fatto l’università e tutti e due vi siete laureati.

Vicent Sì, ma all’università ho avuto meno problemi perché quando l’ho fatta io erano tutti esami orali.

Irisa Io ho fatto anche degli scritti. Procedura Civile o Costituzionale ad esempio.

All’università come vi siete trovati? Avete imparato, vi siete trovati a vostro agio?

Irisa Io mi sono trovata molto bene.

Vicent Anch’io. Trento ti dà una preparazione che da altri parti del mondo si sognano; girando molto mi sono reso conto di quanto fossi più preparato, rispetto agli altri; ma qui è facile, basta andare in biblioteca e trovi tutti i libri di cui hai bisogno.

Dopo l’università avete fatto la pratica. Come vi siete trovati?

Vicent Mi sono divertito, ma la professione d’avvocato nessuno te la insegna, la devi rubare. Ho avuto anche un’esperienza in Inghilterra; ho pensato che avessi avuto dieci anni in meno mi sarei fermato lì, ma sono tornato in Italia. Qui è meglio.

Irisa Trento è una realtà a sé. Già a Verona le cose sono diverse.

Vicent Anche per me. Trento è una favola. Non solo all’interno dell’Italia, ma nel mondo!

Irisa I trentini non se ne rendono neanche conto.

Vicent A Trento dal punto di vista dei servizi puoi vivere bene. I trentini, specialmente all’inizio, sono ostili, tipico delle persone di montagna secondo me.

Li hai trovati ostili nei tuoi confronti? Questo è dipeso dal fatto che si vede subito che sei un africano, perché hai la pelle nera, oppure semplicemente perché sei uno straniero o ancor più semplicemente perché non ti conoscevano?

Vicent Non sono andato all’asilo con loro! A Trento la vera amicizia si fa all’asilo. E se scompari per quattro, cinque anni, l’amicizia si perde. Non serve che tu sia straniero. Lo straniero questa cosa la soffre di più perché la questione del colore c’è; ma dipende anche da te, sei tu che devi decidere se considerarla o meno.

Lei Irisa ha sentito questa differenza?

Irisa No. Io non conosco neanche un albanese qui; ho iniziato fin da subito ad avere amici italiani; ho pensato che per integrarmi avrei dovuto imparare la vostra cultura, la vostra storia, conoscere il vostro dialetto. In questo modo non mi sono mai sentita fuori posto. Ogni tanto quando qualcuno mi parla in dialetto mi chiede se lo capisco e a me piacerebbe rispondergli che lo so parlare meglio di lui. Questa è l’unica cosa che mi dà un po’ fastidio.

E dopo la pratica? Tu Vicent hai iniziato a fare l’avvocato qui a Trento?

Vicent Nel 2000 ho fatto un master in Inghilterra, poi in Mozambico nel 2001. Sono stato lì per nove mesi, ma avevo una bambina piccola; mi ero appena sposato e sono rientrato in Italia. Nel 2002 ho iniziato la pratica. Nel 2011 in Mozambico m’hanno fatto una proposta; quando sono rientrato mi ha cercato un collega di Milano. Aveva un problema legale in Kenia, di cui conosco il sistema; ho iniziato così.

Non hai mai pensato di lavorare a Trento?

Vicent L’ho pensato all’inizio, ma era molto difficile per me.

Lei Irisa ha invece un’idea diversa, ha deciso di fare qui l’avvocato.

Irisa Sì e per fare l’avvocato ho anche rinunciato al posto fisso, ben pagato. Per tanti anni ho fatto il consulente tecnico in procura e in tribunale; mi occupavo di traduzioni. Poi, dopo aver vinto un concorso pubblico, ho avuto un’esperienza alla Trentino Riscossioni. Ma la mia vocazione è quella di fare l’avvocato. Ho notato che tantissimi albanesi che si rivolgono ad un avvocato non capiscono nulla di quel che gli viene spiegato. Un po’ per un problema di lingua, un po’ perché in tanti sono venuti qui per lavorare e non hanno studiato. Per cui la conoscenza dei termini giuridici non ce l’hanno. Io mi sforzo per cercare di far capire tutto quel che dico.

Vicent Tu hai la cittadinanza italiana?

Irisa Sì. Io mi sento quasi più trentina che albanese. Tu no?

Vicent No, no.

Ma scusa, ti sei sposato con una italiana!

Vicent Sì, ma non è automatico. Avrei potuto chiederla, ma non mi interessa. Sarei italiano solo sulla carta; poi io in realtà sono più italiano di tanti miei amici italiani, ma ho scelto di restare mozambicano; credo nel mio paese e credo che più che parlare bisogna fare. Io faccio un sacco di cose e sono sicuro che non sarò io a raccoglierne i frutti, ma so che prima o poi arriveranno. La cittadinanza sarebbe anche comoda perché mi permetterebbe di viaggiare senza chiedere visti, ma mi sono sempre detto che se fossi diventato italiano non sarebbe stato per i vantaggi che avrei avuto, ma per una causa in cui credo. Ci tengo invece che i miei figli abbiano radici solide, questo sì.

Come vedete voi l’immigrazione oggi?

Irisa Sulla politica sono molto cauta. Non è con le chiacchiere che si risolvono i problemi. L’immigrazione dall’Albania non c’è più, è finita perché ora la gente può lavorare lì. Il problema è di chi viene nella speranza di trovare tanti soldi e subito. Ma ora si sono resi conto che nemmeno qui è così, e preferiscono stare lì, perché quasi tutti hanno una casa e trovare lavoro non è impossibile.

Ma sono un problema secondo lei gli immigrati che arrivano a Trento?

Irisa Sì e no. Non è tanto il problema dell’immigrato che arriva in Italia, perché ci sono sempre stati, arrivano adesso, arriveranno sempre. Ma andrebbe rivista la politica di accoglienza: i soldi con cui si gestisce tutto arrivano dall’Unione Europea, e ci sono cooperative che non sempre lavorano bene. Se arriva un ragazzo di vent’anni non puoi lasciarlo chiuso in una casa tutto il giorno senza la possibilità di lavorare; spesso non possono lavorare perché non hanno i documenti in regola, hanno uno stato giuridico che non si sa cosa sia. Mi metto nei panni di un ragazzo così, che va in giro e vede le altre persone che prendono un gelato o bevono un caffè e lui non può. Poi si avvicina qualcuno e gli propone un modo facile per guadagnare dei soldi. E allora nascono i problemi.

Vicent Concordo. Alcuni di questi ragazzi li ho conosciuti appena arrivati. E li ho visti cambiare negli anni. C’è chi ancora non sa se avrà diritto o meno ai documenti. Oggi li vedo in piazza Dante, che non lavorano. Non possono lavorare perché ancora non hanno i documenti.

E cosa fanno? Spacciano?

Vicent Sì. Guadagnano dai 50 ai 100 euro al giorno, quando va male; adesso ammettiamo anche che riusciranno ad avere i documenti, tu pensi che cercheranno un altro lavoro? Pensi che andranno in fabbrica? Per guadagnare molto meno e lavorare di più, con il capo che magari ti insulta?

Irisa Beh però questo è lo spirito di sacrificio. Anche io sono arrivata qui con zero.

Vicent Sono d’accordo, ma tu non hai visto come sia facile poter arrivare a cento; per poi dover tornare indietro e guadagnare faticosamente dieci.

Ma secondo voi, con l’immigrazione è aumentata la criminalità?

Vicent Non è aumentata, è solo reclamizzata di più. Diciamo che è aumentata la percezione della criminalità. Ma la criminalità non è un monopolio degli stranieri.

Cosa pensate di Salvini non lasciava entrare la nave Aquarius e l’ha fatta andare in Spagna?

Vicent Io credo che Salvini abbia un linguaggio fuori dagli schemi, molto aggressivo. Per questo tutti lo vedono come razzista; ma da lui so come difendermi; mi preoccupa di più chi pensa e fa le stesse cose senza però manifestare le sue idee. Lui le cose le dice, gli altri no. La situazione che abbiamo si è creata con altri al potere; Salvini ha usato una formula molto dura però ha attirato l’attenzione dell’Europa. Si può discutere del metodo, ma almeno ora si discute della questione.

Irisa È furbo Salvini, ha capito gli umori della popolazione e dice quel che vogliono sentirsi dire.

Vicent Qui in Italia si parla sempre di tolleranza. Io preferisco il termine accettazione; la tolleranza non ha momenti di sviluppo, è statica. Una persona non può tollerare per sempre, prima o poi perde la pazienza, esplode. Qui c’è la tendenza a tollerare, ma solo se accetto vado avanti. Mi è capitato in autobus che i bambini mi guardassero stupiti, perché ero nero. Chiedevano se potevano toccarmi; le madri erano imbarazzatissime, ma quello non è razzismo. È anzi il miglior modo per sconfiggerlo. Perché vuol dire curiosità e la curiosità porta alla conoscenza. E la conoscenza è nemica del razzismo.

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