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QT n. 1, gennaio 2018 Servizi

Montagne tinte di nero

Felice Benuzzi, diplomatico italiano e fondatore di Mountain Wilderness, strumentalizzato dai "Lupi delle vette".

Felice Benuzzi

Felice Benuzzi è stato un diplomatico italiano che ha onorato il nostro paese senza mai compiere scelte di appartenenza politica. Ha vissuto una attrazione particolare nei confronti della montagna, fin dalla gioventù, nella sua Trieste (era però nato a Vienna), dove ha studiato, e si recava ad arrampicare in compagnia di Emilio Comici, il fantasista dell’alpinismo verticale. Nel 1943, prigioniero nel lager inglese di Nanuyuti (Kenya), un campo dove gli inglesi avevano internato gli italiani presenti nel paese, era affascinato dalla grande montagna che sovrastava le distese e le grandi foreste, il monte Kenya. Convince così due amici, Giovanni Balletto e Vincenzo Barsotti, a tentare l’impossibile: fuggire, conquistare la vetta e quindi ritornare al campo.

In poco tempo i tre risparmiano viveri, costruiscono ramponi approssimativi, un’attrezzatura di fortuna, mettono da parte del vestiario e una bandiera italiana comperata al mercato nero, ed evadono. Il 6 febbraio, affamati, stravolti dalla fatica e dai rischi corsi, raggiungono una delle vette, la terza per altezza, Punta Lenana, a quota 4985 metri. Al loro ritorno vennero puniti con l’isolamento, ma godettero di grande rispetto presso i comandanti del campo di detenzione e l’impresa trovò grande spazio sulla stampa internazionale e nazionale. Una copertina de “La Tribuna Illustrata” del marzo 1943 li ricorda.

Nel dopoguerra, l’editore Feltrinelli, raccogliendo la testimonianza di Felice Benuzzi, pubblica un libro intitolato “17 giorni di libertà”, che verrà tradotto in cinque lingue, e in Italia trova fortuna non solo presso Feltrinelli, ma nell’ultimo decennio anche nelle edizioni Il Corbaccio (2012). Dal libro il regista Carlo Alberto Pinelli, accompagnato dallo scalatore e himalaista Fausto de Stefani, avendo conosciuto in profondità Benuzzi, trarrà nel 2002 un documentario (“Doppio sogno all’equatore”, presentato fra l’altro al Filmfestival di Trento) di forte intensità emotiva e fedele alle più profonde ragioni che avevano portato i tre a fuggire dal campo alla ricerca dell’inutile - direbbe qualcuno

Felice Benuzzi, abbandonata la carriera diplomatica per pensionamento, sarà fra i fondatori di Mountain Wilderness International, e sua moglie, Stefania Marx, di origini ebraiche, sarà fino alla morte la segretaria della associazione, l’anima spirituale l’ha definita Pinelli. Oggi i due amici delle montagne di tutto il mondo sono sepolti nel cimitero di Dro.

La strumentalizzazione della destra

L'impresa dei "Lupi delle vette"

Da tempo nel nostro paese è operativo un gruppo di alpinisti che si denomina “Lupi delle vette”. Sono personaggi vicini al gruppo fascista Libertà Azione e praticano le azioni tipiche della nuova destra italiana, come Casa Pound e Forza Nuova: distribuzione di pacchi alimentari alle famiglie in difficoltà, manifestazioni pubbliche per la sicurezza, ronde notturne. Ma la loro peculiare attenzione è rivolta alle gite in montagna, al ripristino di croci abbattute come avvenuto nella Grigna meridionale o alla rievocazione di imprese “eroiche”, portando il tricolore sulle vette (lo scorso anno sulle Alpi Apuane), e ripristinando, a loro dire, la storia che è stata rimossa (non è proprio il caso di Benuzzi).

L’arrivo in vetta dei tre fuggiaschi del 1943 era stata una vera impresa, idealmente nulla aveva a che fare con il culturame del riscatto fascista degli uomini, o con la cultura nazionalista e della separazione: gli alpinisti di allora erano animati da ambizioni di libertà, da un insieme di follia, emozione, avventura che da sempre costituiscono il significato più profondo dell’alpinismo.

L'accoglienza dell'ambasciatore italiano a Nairobi

Oggi Punta Lenana è una faticosa ascesa, che può essere raggiunta da molti escursionisti preparati (migliaia all’anno); non si fa dunque nulla di eroico se si sceglie di salire la via normale come hanno fatto i tre “lupi”. Il fatto grave dal punto di vista politico è che questo gruppo, che fa riferimento diretto agli skinhead di Riccardo Colato, un milanese già denunciato per discriminazione razziale, arrestato nel 2007 per violazione del Daspo, è stato ricevuto dall’ambasciatore italiano a Nairobi, Mauro Massoni, che li ha accolti con onore e dalle loro mani ha accettato il gagliardetto dei Lupi. Un fatto che ha lasciato sconcertata l’ANPI e che ha provocato interrogazioni parlamentari.

La destra europea è da sempre stata attratta dalle montagne, la loro conquista appare loro un esempio di eroismo, di forza da esibire; la montagna è vista da questi ambienti come purificatrice delle debolezze umane. Abbiamo ben presenti le fotografie di Benito Mussolini a petto nudo sul Terminillo, di Riccardo Cassin che dedica una via sulla piccolissima della Lavaredo ad Achille Starace (la via XXVIII ottobre), l’espulsione dal Club degli accademici del CAI di Emilio Comici (1932) e il valore che la Vetta d’Italia (Klockerkakopf) ha rappresentato nell’immaginario del fascista Tolomei nel ridefinire, in senso nazionalistico, i toponimi dei paesi e delle cime del Sudtirolo italiano. Il nazismo, su indicazioni di Himmler, aveva rivolto la sua attenzione verso l’Himalaya, a caccia degli ariani più puri, con una spedizione guidata dal naturalista Ernst Schæfer, arruolato nelle SS (1939) e con la presenza del conquistatore della terribile Nord dell’Eiger, Heinrich Harrer.

Oggi, mentre si assiste alla diffusione della cultura di destra nelle periferie abbandonate delle città, mentre monta un po’ ovunque il razzismo, un razzismo, ipocrita, mascherato dal sostegno dedicato alle popolazioni italiane abbandonate dallo stato, che afferma come i politici siano troppo attenti a favorire gli extracomunitari, anche la montagna ritorna pericolosamente alla attenzione della politica nazionalista.

E come sempre, la destra non esita a strumentalizzare, non si sofferma nel valutare la complessità dei temi che affronta o la profondità di figure come Benuzzi e dei suoi amici, riflettendo su cosa li abbia spinti nella loro “geniale follia”. La cultura razzista vive di semplificazione, banalizzazione, di gestualità esemplari; ben lo si vede, con troppa sottovalutazione mi sembra, nella cronaca di queste settimane, sempre più spesso. Ci deve quindi preoccupare che organismi istituzionali, come una ambasciata italiana, abbiano offerto credibilità e sostegno a simili personaggi.

L’aria che tira

Stamani, all’edicola del supermercato Conad di Sopramonte, trovo l’agenda 2018 di Mussolini. A due passi dalla casa natale di Ida Dalser. Non commento ma allego foto.

Se interessa conosco altri bar e negozi in provincia con affissi foto e scritte inneggianti il fascio. Forse non bisogna tacere.

Che ne pensate?

S. L.

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