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Pensierino di Natale

“Nell’ambito della realtà le cui condizioni sono formulate dalla teoria quantistica, le leggi naturali non conducono a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere è piuttosto rimesso al gioco del caso”. (W.K. Heisenberg).

L’unica volta che sono morto è quando mi hanno mitragliato dei terroristi. In sogno. Il giorno dopo Breivik realizzava la sua carneficina in Norvegia. Fatalità. In effetti nell’arco di una vita può accadere di sognare, almeno una volta, qualcosa che somigli a ciò che accadrà domani... Insomma, questione di probabilità più che di veggenza. La scienza non assegna alcun neurone al sesto senso. E la scienza la sa lunga: va su Marte e ti fa campare sempre più a lungo.

Eppure proprio uno scienziato ci dice che tra le microparticelle succedono eventi non logici. Qualche ruota, estremamente piccola, non si aggancia al moto trasmesso dagli ingranaggi che fanno girare tutto il resto. Chissà, magari il suo profilo difetta di dentatura e così scivola e gira un po’ come le pare... Sia quel che sia, mi piace pensare che quel microcosmo che ospita le rotelline anarchiche giustifichi la sottilissima intrigante possibilità che il mio sogno configuri un magico evento verificatosi in acque oltre le 200 miglia nautiche dalla costa della ragione.

Su quelle acque potremmo veder camminare colui che per millenni ha assolto il ruolo di motore dell’universo e che ne ha via via perso la titolarità, implacabilmente erosa dalle scoperte scientifiche. La divinità si è oggi rattrappita nella remota possibilità di esistere in un ambito di incertezza, in quella terra di nessuno che costituisce l’hic sunt leones per la scienza. Eppure sta in quella variabile di sublime follia, che trova la sua metafora nella poetica particella di Heisenberg, la spinta a farci inseguire qualcosa di inesorabilmente inafferrabile. A non spegnerci nell’accettazione di un copione dell’esistenza come sequenza necessaria di fatti. A giocare con l’illusione di incidere indelebilmente nel tempo i nostri assurdi arabeschi.