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La Tassullo deve fallire?

Da alcuni anni la Tassullo spa, storica società di produzione di materiali cementizi, versa in gravi condizioni di crisi. Aveva molto puntato sull’innovazione, brevettando e producendo calci particolari, molto adatte ai restauri di monumenti storici (il colonnato del Bernini a San Pietro, per esempio); e sfruttando al meglio delle cave di dolomia dalle peculiari e pregiate qualità. Poi il passo più lungo della gamba, con un’espansione dell’attività in Romania rivelatasi velleitaria; per cui, quando è sopraggiunta la crisi, profonda e perdurante soprattutto nell’edilizia, la società si è trovata decisamente a mal partito.

Nel 2015 viene ammessa a un concordato preventivo (presenta cioè un piano, approvato dal Tribunale, per un pagamento dilazionato dei creditori) su cui viene chiamato a vigilare, come Commissario Giudiziale, il dot. Alberto Bombardelli. Il 27 aprile di quest’anno il patatrac: Bombardelli ravvisa nei comportamenti della Tassullo, atti di frode, chiede la revoca del concordato e il conseguente fallimento.

La Tassullo non ci sta, e contesta le accuse di frode. Che prevalentemente sono riferite a due circostanze. La prima è che Tassullo ha continuato a fornire di materie prime due società controllate, la Tassullo Beton srl e la HD System, nonostante queste fossero in arretrato nel pagamento delle forniture; avrebbe invece dovuto la Tassullo – secondo il Commissario – interrompere le forniture alle controllate e vendere direttamente lei, ai clienti, il prodotto finale. E questa secondo Bombardelli sarebbe una frode a danno dei creditori, perché così facendo si è incrementato il disavanzo. Replica Tassullo: la Beton e la HD System sono due nostre società, integrate nel ciclo produttivo, senza di loro non possiamo produrre né vendere con economicità, perché non abbiamo i mezzi, le autorizzazioni, i brevetti. Facendo quello che suggerisce il Curatore ci condanniamo a morte; mentre invece i ritardi nei pagamenti delle fatture sono fisiologici, dipendono dai pagamenti da parte dei clienti finali.

Seconda contestazione di Bombardelli: la società ha utilizzato la Cassa Integrazione in maniera ridotta rispetto a quanto previsto dal piano di rientro, spendendo quindi più del previsto. Qui la risposta della Tassullo è risentita. Ma come? Abbiamo avuto meno Cassa Integrazione perché abbiamo lavorato di più, la società sta andando bene, il risanamento procede. E porta i dati: rispetto a quanto previsto nel piano di rientro, da gennaio ad aprile 2016 ha fatturato oltre 300.000 euro in più, logico – e positivo – che ci sia meno Cassa Integrazione. E qui in effetti anche i sindacati sono molto ma molto perplessi: come mai si vuole chiudere l’azienda, proprio ora che va bene?

A pensare male si fa peccato. Ma in genere ci si azzecca. Il fatto è che la Tassullo sembra non avere santi in paradiso, ma neanche in terra. Ha una proprietà diffusa (oltre 600 persone tra le valli di Non e di Sole) ma non organizzata; ed è una spa, non una cooperativa, quindi non gode dei servizi, le assistenze e le tutele di un intero sistema. E sembra che del suo fallimento non si curi nessuno. Anzi, ci sia chi ci guadagna.

Sì, perché la Tassullo ha in pancia le uova d’oro. Le gallerie. Le immense cavità nelle montagne frutto di decenni di scavi, e che una difficile e accorta operazione notarile (curata dal notaio Paolo Piccoli) è riuscita ad intestare alla società.

Ora le gallerie sono soprattutto state propagandate ed utilizzate per lo stoccaggio delle mele (vedi QT del novembre 2014) un’operazione ottima dal punto di vista ambientale ma controversa da quello economico. Il vero business invece sembra risiedere altrove: nel loro utilizzo come data-center, per il rimessaggio dei server delle aziende informatiche in un luogo a temperatura costante e sicurissimo, a prova (letteralmente) di bomba. Già più di una multinazionale ha manifestato concreto interesse.

Ora, la società che pare gestirà le gallerie è la CAE (Conservazione Alta Efficienza) Srl, in cui, oltre alla Tassullo al 60%, confluiscono Finanziaria Trentina Real Estate (in cui ci sono i maggiori gruppi industriali trentini, da Lunelli a Marangoni a Poli) al 20% e – guarda un po’ - ISA al 20%.