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QT n. 1, gennaio 2016 Seconda cover

La resa dei Conti

Le bacchettate della Corte dei Conti alla PAT. È l’effetto dei nuovi controlli, italiani ed europei, che confliggono con il debito provinciale, fatto crescere con troppa allegria.

“A quanto ammonta il debito della Provincia? Rispondo subito: è zero, zero!! Qui in Trentino, con queste insinuazioni, vogliamo solo farci del male”.

Così rispondeva, saltando su dalla sedia, Lorenzo Dellai durante la presentazione del libro di Cattani a lui dedicato (“Un uomo solo al comando”) a chi dal pubblico chiedeva lumi in materia. E quando chi scrive, che era tra i relatori, precisava: “Ha ragione il Presidente se consideriamo la Pat in senso stretto, se invece consideriamo anche i comuni e le società partecipate, l’indebitamento è di 1,4 miliardi”, Dellai subito si inalberava: “Ah, così? Lei vuole considerare anche i Comuni? Lo fa bene allora, il giornalista!”.

Ah, perché i debiti dei Comuni li paga la Merkel? E quelli dell’Itea? Di Cassa del Trentino?” Seguiva battibecco.

Riteniamo l’episodio emblematico di come il tema dell’indebitamento sia malamente entrato nel dibattito politico trentino. Dapprima negato, poi minimizzato, oggi esploso con i pesanti rilievi effettuati dalla Corte dei Conti, e da questa inoltrati, dopo un’audizione ritenuta insoddisfacente del Presidente Ugo Rossi, al governo e al ministero dell’Economia.

Il tema è spinoso, e su di esso la pubblica opinione molto sensibile. Acuta infatti è la consapevolezza di quanto sia gravoso il peso del debito nazionale, per accettare che si possa allegramente aggiungervi anche un debito provinciale. E questa era la linea della stessa Provincia fino alla fine degli anni ‘90: “Niente debiti!” proclamava il custode delle casse provinciali, il super dirigente Ivano Dalmonego. Poi arrivò Dellai, e Dalmonego cambiò registro: i debiti si facevano, però non se ne doveva parlare. E così, quando in Consiglio Provinciale l’allora capogruppo Pd Luca Zeni (oggi passato a miglior vita nel ruolo di assessore signorsì di Ugo Rossi) poneva il problema, subito veniva trattato da sabotatore della maggioranza e dell’Autonomia.

Ugo Rossi e Diodoro Valente, presidente della Corte dei Conti

Le nuove regole

Oggi tutto deve cambiare. Per un semplice motivo: la crisi del 2007, con i suoi strascichi, ha evidenziato quanto nefaste siano le conseguenze di un debito fuori controllo, quanto illusorie le confidenze con le “magie” della finanza, con l’arte cioè di nascondere i debiti sotto il tappeto e - dal momento che non li si vede - magari continuare ad accrescerli. Di conseguenza l’Unione Europea, il Parlamento italiano, ma a cascata anche la nostra Autonomia, si sono dati delle regole stringenti, per impedire (anzitutto a se stessi) di far deragliare i conti.

Solo che una cosa sono gli aerei buoni propositi, un’altra i comportamenti concreti. Per cui quando la Giunta Provinciale ha redatto il bilancio di previsione del 2015, non deve aver molto tenuto in considerazione tutti questi nuovi vincoli, che peraltro anche il Trentino aveva testé approvato. Almeno stando alla Corte dei Conti, che, esaminato il bilancio, lo ha sonoramente bocciato.

Sui tanti, singoli rilievi, rimandiamo alla scheda a parte. Qui invece affrontiamo le questioni di fondo, che sono la ragione vera del nuovo quadro normativo testé confezionato, e anche della difficoltà con cui la Provincia sembra (non) adeguarsi.

Il tema più importante, oltre alla quantità del debito (su cui torneremo) è la sua qualità. In poche parole: il debito è ammesso solo se è investimento, questa la “regola aurea” dell’Unione Europea. Del tutto secondo logica: una famiglia contrae un mutuo per comperarsi una casa, e fa bene, perché alla fine non pagherà affitti e avrà un patrimonio. Così deve quindi essere per l’ente pubblico: il debito deve obbligatoriamente tradursi in un investimento.

Fin qui tutti d’accordo, sia Dellai che Rossi si sono sempre sbracciati ad assicurare tale finalità. Però, calma: cosa è un investimento? Se si fossero acquistate le centrali elettriche (graziosamente invece lasciate a Isa, Lunelli, ecc) sicuramente sarebbe stato un investimento, i fondi sarebbero tornati indietro, e con gli interessi; ma quando si erogano contributi alle società impiantistiche? La legge nazionale, rafforzata da una sentenza della Corte Costituzionale e applicata anche alle autonomie speciali, stabilisce chiaramente cosa - su tutto il territorio nazionale - debba intendersi come investimento e cosa no. In pratica è investimento finanziabile col debito quello che “determina un incremento patrimoniale dell’Ente che assume il debito” (nel nostro caso la Provincia) non dei privati cui viene erogato un contributo. Ne consegue che “i progetti di sviluppo, di finanziamento e di sostegno del tessuto imprenditoriale locale” non possono essere realizzati a debito. Che è esattamente quello che invece ha realizzato la Provincia; nell’ottica, certo non deprecabile, di stimolare il tessuto imprenditoriale dal quale poi ci sarebbe stato un ritorno in termini di Pil e di tasse. Ma viene ritenuto un giro tortuoso, un ritorno non scontato; e quindi rischioso se finanziato con il debito.

Questo il robusto paletto piantato dalla nuova normativa, che non risolve certo la qualità della spesa pubblica: ad esempio, molto probabilmente si potrebbe continuare a costruire a debito due caserme dei vigili del fuoco a cento metri di distanza, mentre invece sarebbe proibito finanziare una giovane impresa innovativa. Ma è errato pensare che delle norme generali garantiscano una politica provinciale lungimirante: queste fissano dei limiti, degli argini, per evitare che la mala politica esondi; cosa poi succeda all’interno degli argini è un altro discorso.

Un secondo limite riguarda la politica economica trentina. Ed è la possibilità di attuare - sempre a debito - politiche economiche anticicliche, spendere cioè quando arriva la crisi, per attutirne l’impatto. È quanto fatto nel 2008 da Obama e - alla nostra scala - da Dellai (è uno dei suoi meriti; poi ci ha preso gusto a spendere ed ha subito esagerato, ma lasciamo perdere): oggi non sarebbe più possibile, la deroga a interventi anticiclici è riservata solo agli Stati. Ci sarà di sicuro chi si straccia le vesti sull’Autonomia calpestata, ma noi siamo inseriti dentro un quadro di reciproche influenze a livello nazionale prima, ed europeo poi; e l’insieme dell’Italia (Trentino compreso, che queste norme ha recepito con la riforma dello Statuto conseguente all’accordo di Roma dell’autunno del 2014) e dell’Europa, tali vincoli ha stabilito, bisogna conviverci.

Tutto questo poi comporta un adeguamento alla trasparenza democratica.

Dicevamo in apertura della pratica dellaiana di fare debito e in contemporanea di negarlo con veemenza. Rossi il debito lo ha (probabilmente) ridotto: probabilmente appunto, perché la trasparenza invece è rimasta uguale, tendente allo zero.

Tutta una serie di rilievi della Corte dei Conti riguardano infatti proprio l’assenza - endemica - di documentazioni dovute; la mancata istituzione di organi previsti come il Collegio dei Revisori; il disdicevole ritardo con cui si procede a disboscare il fitto groviglio di società partecipate, che sembra quasi fatto apposta per rendere opaco il bilancio complessivo, e a cui comunque portano debiti per oltre 1,5 miliardi; l’assenza perfino di un quadro riassuntivo sull’insieme del debito, di cui quindi non si ha chiara contezza (Rossi controbatte che è tenuto a farlo a partire dal 1° gennaio 2016, e la Corte commenta che, in nome della chiarezza, poteva farlo anche per il bilancio 2015. E come darle torto?).

È proprio questa assenza di trasparenza ad aver fatto emettere alla Corte un giudizio drastico di “indebitamento occulto”, solo ammorbidito nella delibera definitiva, dopo le rimostranze del Presidente, con un “indebitamento non esplicitato”, più diplomatico ma nella sostanza altrettanto negativo.

Il fatto è che la Provincia deve cambiare non solo le modalità di scrittura dei bilanci, ma tutto l’approccio alla spesa. E questi ritardi di gran lunga sopravanzano i meriti di Rossi, che pochi, ma ci sono: aver tagliato tutta una serie di follie dellaiane (da Metroland alle nuove scuole a Piedicastello, al centro congressi alla Michelin, ma non ancora, almeno esplicitamente, il NOT); aver fermato la spesa del personale (691 milioni contro una media di 706 milioni del triennio 2011-13, con una incidenza del 40,2% sulla spesa corrente, contro il 40,6% medio del 2011-13).

Rivedere quindi la politica della spesa: non si capisce come si potrà perseverando nelle laute mance elettorali come i 10 milioni alla LaVis (che, dice la normativa, NON sono investimenti) o come i nuovi impianti sciistici in tempi di conclamato riscaldamento del pianeta.

Fare di necessità virtù

Insomma, a questa rivoluzione nell’apprestamento dei bilanci, la Pat è arrivata tardi. Ma può fare di necessità virtù. Perché “con il nuovo sistema di bilancio europeo, tradotto in modifiche costituzionali e statutarie - ci dice il consigliere della Corte dott. Gianfranco Postal - la Provincia viene ad assumere il coordinamento e la responsabilità di tutte le articolazioni pubbliche, cioè dei debiti dei Comuni, Comunità, società partecipate, Università; similmente a come lo Stato italiano farà con le Regioni e Province autonome rispetto all’Unione Europea”.

Questo vuol dire che se la Pat non ottempera alle vostre raccomandazioni saranno guai con Roma, cui voi trasmettete le vostre deliberazioni?

Trasmettiamo a Roma, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma per conoscenza. Il nostro principale destinatario è il Consiglio Provinciale e la Giunta. Perché valutino come adeguarsi alle grandi novità intervenute. Ricordo che la Corte dei Conti riveste un ruolo di controllo esterno, terzo, non contro l’Ente controllato, ma nel suo interesse, e a garanzia dell’insieme del sistema”.

I principali rilievi della Corte

  1. Mancata istituzione del Collegio dei Revisori.
  2. Crediti concessi dalla Regione non iscritti come debiti (con tutta una serie di conseguenze sull’attendibilità di vari documenti contabili e sul rispetto di molteplici normative, italiane ed europee)
  3. L’indebitamento ammesso solo se è investimento, secondo la “regola aurea” dell’UE. Sul concetto di investimento l’interpretazione non può essere variabile: e quella di Provincia e Regione - “progetti di crescita, rafforzamento patrimoniale, innovazione e internazionalizzazione delle imprese” in sostanza attraverso l’erogazione di contributi alle imprese - è espressamente vietata da legge nazionale confermata dalla Corte Costituzionale, il debito si può fare solo per aumentare il patrimonio dell’Ente che lo assume, non quello di altri (imprese, alberghi, proprietari di abitazioni). Non solo: a debito la Provincia non può neanche intervenire con manovre anticicliche: l’unico che può farlo è lo Stato.
  4. Come conseguenza dei punti 2 e 3: mancata predisposizione di un piano di ammortamento del debito che, sottolinea la Corte, avrebbe dovuto essere “contestuale”; mancata trasmissione alle autorità europee del regime di aiuto alle imprese locali previsto con i fondi di cui sopra, che potrebbe essere ritenuto come illegittimo.
  5. Garanzie prestate dalla PAT: a Cassa del Trentino, Patrimonio del Trentino, Università, Trentino Trasporti per un totale di 1,5 miliardi (erano 2,2 a inizio 2015). Cui andrebbero aggiunti 136 milioni a Mediocredito e Set Distribuzione. Si lamenta la mancanza delle finalità degli investimenti e quindi “rendendo di fatto impossibile verificare il rispetto della ‘regola aurea’, corrispondenza tra indebitamento e spese di investimento”.
  6. Derivati: si riscontra una passività di 14,6 milioni, stipulati contro il divieto di legge (ma per la Pat, non esplicitamente per le controllate) e mancanza di accantonamento del fondo rischi. Da Cassa del Trentino ci fanno notare che i derivati in oggetto sono “di copertura”, sottoscritti nel 2008 quando i tassi erano alti, una sorta di assicurazione contro un loro ulteriore aumento; poi i tassi sono invece scesi e allora si registra una perdita, ma è il senno di poi, come se si giudicassero soldi buttati via quelli di un’assicurazione auto perché non si sono fatti incidenti.
  7. NOT: mancanza di accantonamento del fondo rischi per probabili indennizzi alle ditte partecipanti alla gara annullata.
  8. Non è stata compilata la tabella dimostrativa del rispetto del vincolo quantitativo del debito. La Pat replica che è tenuta a farlo solo dal 1°/1/2016, e la Corte conclude che poteva ben compilarla ugualmente, per fornire un’informazione completa. Mentre per il vincolo qualitativo, non sono state fornite spiegazioni per l’indebitamento conseguente alle garanzie di cui al punto 5, quando espressamente la legge prescrive che “il rilascio di garanzie può essere effettuato in presenza di... nuovo corrispondente valore al patrimonio dell’ente che lo effettua
  9. Conto economico. Pareggio del bilancio 2015 raggiunto attraverso l’avanzo del bilancio 2014. Ma questo avanzo è aleatorio (anche perché una parte andava computata come ammortamento del debito con la Regione), quindi “perplessità sulla copertura finanziaria”.
  10. Dubbi sulla copertura delle agevolazioni IRAP.
  11. Non attendibile previsione delle entrate derivanti alla restituzione delle somme anticipate ai Comuni.
  12. Mancata razionalizzazione delle partecipate.