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QT n. 9, settembre 2015 Cover story

L’estate calda della PiRuBi

L’autostrada della Valdastico si avvicina, stretta nella tenaglia del governo Renzi da una parte e del presidente “autonomista” Rossi dall’altra.

Ugo Rossi, in realtà, lo aveva annunciato già nella sua campagna per le primarie: “Sulla questione Valdastico Ugo Rossi non dice ‘no’” aveva infatti titolato l’Adige del 5 luglio 2013 dopo il primo incontro della campagna, a Trento. Aveva detto allora le stesse cose che dice ora: “Il Veneto vuole passare dal Trentino anche perché vuole il rinnovo della concessione dell’autostrada Serenissima, ma deve decidere insieme a noi se o come passare. Dobbiamo tenere conto che dobbiamo confrontarci con altri senza posizioni ideologiche, ma l’importante è che non si decida senza di noi”, che è già un sì, seppur non gratuito, ma remunerato. Ma poi bisognava vincere le elezioni, come presidente del centrosinistra, e quindi si è rimangiato tutto. Il programma della coalizione, sulla Valdastico diceva un no secco, e Rossi deve abbozzare.

L’11 novembre dello stesso 2013, nel momento in cui si ipotizzavano fusioni fra Autobrennero e Serenissima, dichiara all’Adige: “Con la maxifusione offriamo una garanzia di rinnovo della concessione [anche alla Serenissima] che prescinde dalla Valdastico. Su cui non si può fare marcia indietro: il popolo trentino si è espresso in modo inequivocabile, col 58% di voti al programma in cui la Valdastico non c’è”.

Invece questa estate, il 27 giugno, i trentini hanno appreso da un titolo dell’Adige che Gilmozzi, l’assessore competente della giunta Rossi, aveva cambiato idea, dichiarando che la Valdastico sarebbe, secondo lui, “utile per la Valsugana e per Trento”. Il giorno dopo, il 28, Rossi conferma l’inversione di rotta della sua giunta: “La Valdastico, nella nostra prospettiva - afferma al solito Adige - può agire su flussi di traffico locali e li va a risolvere intercettandoli. Ci consente di evitare di fare ulteriori opere in Trentino, come il tunnel di Tenna, e di evitare che arrivi ulteriore traffico nella Bassa Valsugana, visto che noi diciamo no alla superstrada a pagamento in progetto in Veneto”. La famosa “remunerazione” quindi sarebbe:

Caldonazzo, 17 agosto: assemblea sulla Valdastico. Parla la vicesindaco Elisabetta Wolf.

1) una bretella che esce in Valsugana, travolge Caldonazzo scendendo per la Valle del Centa, e si allunga fino a Levico, onde intercettare il traffico che sale per la superstrada della Valsugana e portarlo, tramite l’autostrada della Valdastico, a Trento sud, dove in questa nuova ipotesi la nuova autostrada dovrebbe entrare nell’Autobrennero;

2) il bluff del blocco del progetto veneto in project financing della Nuova Valsugana, una superstrada a pagamento che si dovrebbe allungare fino all’imbocco est della Valsugana, per il quale rimandiamo al box in basso.

In questa inversione di marcia di Rossi & Gilmozzi c’è un incidentato (oltre al 58% dei voti dei trentini): il PD. Il più votato partito trentino ha ereditato questo che è stato per decenni un tema fondamentale dell’ambientalismo trentino, fin dai tempi di Walter Micheli, considerandosene il garante in giunta. Non è escluso che questo calcio negli stinchi al PD venga comminato con particolare soddisfazione da parte di Rossi, anche se la motivazione principale è senza dubbio la compiacenza nei confronti delle pressioni del governo nazionale (non a caso è un presidente “autonomista”!), ispirato dalla logica dello Sblocca Italia, che sta sbloccando fin le trivellazioni nell’Adriatico alla ricerca del petrolio.

In giunta viene presentata la proposta semplicemente di sedersi al tavolo con il governo e la Regione Veneto, per discuterne. Ma le dichiarazioni ai giornali - come abbiamo visto - vanno subito in tutt’altra direzione. E una serie di segnali “esterni” fa capire che sulla linea delle dichiarazioni di Rossi & Gilmozzi stanno, in realtà, precipitando le conclusioni di una trattativa opaca, che ha garantito al governo non la disponibilità alla discussione, ma il via-libera. L’ordine del giorno per la riunione preparatoria del 24 giugno 2015, emesso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Servizio di segreteria del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, recita al punto 1.A, “Autostrada Valdastico nord”, la proposta: “Il comitato è chiamato a prendere atto dell’intervenuta intesa della PAT sulla realizzazione dell’opera” dando il mandato al Ministero di richiedere alla Commissione europea di differire di 18 mesi il termine per l’approvazione del progetto... ecc.

Ed anche la finanza internazionale si muove come se l’intesa già fosse stata incassata. In agosto, pochi giorni dopo l’annuncio dell’avvio, da parte del CIPE, delle procedure per l’Intesa con la PAT, e quindi del rinnovo della concessione alla Serenissima (per la Brescia-Padova + Valdastico) fino al 2026, arriva anche l’annuncio di una proposta d’acquisto miliardaria per Il pacchetto di controllo della Serenissima (l’A4 Holding) da parte degli spagnoli dell’Abertis: chi comprerebbe una società di gestione autostradale come la Serenissima, con la concessione già scaduta (nel 2013), se non avesse ferree garanzie sulla certezza del rinnovo della concessione? Inoltre, sempre in coincidenza temporale con tutto ciò, arriva l’apertura del ministro competente Delrio al rinnovo in house, cioè senza gara, della concessione anche all’Autobrennero, dopo una sua completa ripubblicizzazione, cioè un acquisto da parte dei soci pubblici anche delle quote di quel 15% in mano a privati (mentre le quote della Serenissima sono in mani private per oltre il 66%, ed ora potrebbero andare in mano straniera).

Anche in Valsugana l’opposizione si organizza

Rossi la volpe pensa di fare bingo. Mettere con le spalle al muro il PD, dato che l’eventuale Intesa sulla Valdastico che qualcuno dovesse sottoscrivere a nome della giunta provinciale trentina dovrebbe venir poi tradotta in una variazione del Piano Urbanistico, e votata in Consiglio provinciale, dove troverebbe sicuramente favorevole l’opposizione (grillino escluso). E scompaginare l’opposizione territoriale all’infrastruttura, grazie allo spostamento dell’uscita in Val d’Adige da Besenello - dove nel tempo si è consolidata una opposizione irriducibile - a Trento sud (Mattarello), con la bretella in Valsugana dove invece - sulla carta - grazie alla continua insistenza sul dogma che la Valdastico porterebbe via traffico locale, sembrava che godesse di buon consenso.

Ma nessuno aveva mai parlato, da decenni, di farla passare proprio in Valsugana, e così la popolazione interessata, quella della zona dei laghi, si è subito preoccupata, mettendo in moto anche lì quel processo di informazione e mobilitazione, con alla testa amministratori locali, che promette di riprodurre la stessa situazione di conflitto che c’è in Val Lagarina. Anche il PD trentino, dopo aver preso la botta in ordine sparso, sta tentando di organizzarsi, mettendo in campo un ragionamento con il partito nazionale, per quanto senza effetti fino ad ora. Sapendo bene che dover trangugiare anche la Valdastico sarebbe una eclatante prova di inutilità, e non potrebbe portare che ad una emorragia elettorale.

E così siamo arrivati al momento in cui stiamo scrivendo, alla fine dell’estate più calda della Valdastico. La situazione sembra compromessa data la tenaglia del PD nazionale renziano da una parte e del presidente “autonomista” dall’altra. Ma la lunga storia della opposizione trentina all’autostrada più inutile d’Italia (come ebbe a chiamarla l’Espresso) ha visto molti alti e bassi, che fino ad ora l’hanno tenuta lontana dai confini provinciali. In gioco - evidentemente - c’è proprio il modello di sviluppo, l’identità economico-sociale-ambientale del Trentino. Ed è curioso che ad aprire al modello veneto - quello che ha visto ben 4 presidenti incriminati per corruzione (si veda al riguardo il libro di Renzo Mazzaro “Veneto anno zero”, Laterza 2015) - sia un presidente pattino, che ha dietro gli Sch?tzen dal piumino all’austriaca sul cappello, mentre invece il Tirolo austriaco sceglie dal 2016 di sfoltire i TIR dall’autostrada tramite i divieti settoriali (vedi box a sinistra).

Il bluff della cancellazione della Valbrenta

Carpanè: Tir fra le case

Rossi ha presentato la sospensione del progetto per la nuova superstrada a pedaggio della Valbrenta - la “Nuova Valsugana”, da costruire in project financing - da parte della regione Veneto di Zaia, come una vittoria delle sue pressioni contro un’opera che avrebbe portato nuovi transiti anche sulla Valsugana trentina (che ne è la continuazione). In cambio di questo, oltre che della bretella su Caldonazzo e Levico, lui - Rossi - sarebbe intenzionato a concedere il passaggio attraverso il territorio trentino alla Valdastico. Nell’ottica del: non si può dir di no a tutto, concediamo il passaggio della Valdastico purché non facciano la Valbrenta. In questo gioco delle parti Rossi e Zaia si supportano vicendevolmente: il primo fa la figura dell’eroico affossatore della Valbrenta, il secondo quello che la spunta con Trento sulla annosa questione della Valdastico. Ma varie questioncelle non tornano in questo scenario.

Un campanello d’allarme, per questa interpretazione, avrebbero dovuto essere già alcune (molte) voci critiche che si erano levate contro la Valbrenta nelle zone in cui avrebbe dovuto passare. Vediamone alcune. Partiamo dall’opinione espressa dal sindaco di Bassano Riccardo Poletto pochi mesi fa, nel marzo 2015: “Nel progetto della nuova Valsugana sembra che a prevalere siano gli interessi privati, in uno squilibrio patologico... La preoccupazione deriva dalle consapevolezze a cui siamo giunti nel corso di molti incontri sul tema”. Un incontro, che ha visto presenti quasi tutti i sindaci della zona, si era tenuto nel gennaio 2015 a Carpané, ed è stato raccontato da Bassanonet mettendo in risalto la generale posizione critica sull’opera: “In linea di principio è una posizione che trova concordi tutti i sindaci della Valbrenta, nessuno dei quali ritiene accettabile una superstrada in project tarata dai proponenti sull’impossibile previsione di 40mila veicoli in transito al giorno”. Queste critiche nonostante la viabilità della zona sia molto in sofferenza, attraversando i paesi nel modo peggiore, e spesso i sindaci se ne sono lamentati, negli anni. Ma - ha sottolineato coloritamente il sindaco di Cismon Ferazzoli - “avevamo chiesto un bicchiere d’acqua, e ci è stata data un’alluvione”. Per questo - conclude Bassanonet - “i Comuni esprimeranno il loro parere sulle criticità dell’opera, affiancato dal parere negativo della Commissione Territorio e Ambiente dell’Unione Montana... ma per bocciare la superstrada a pagamento serve che la Regione Veneto, nel recepire le osservazioni dei sindaci, annulli la delibera che ne dichiara la pubblica utilità”. La pubblica utilità per la superstrada della Valbrenta era stata decretata nel 2011 dall’allora assessore regionale veneto Chisso, superassessore già dell’epoca Galan, poi passato con lo stesso ruolo nella successiva giunta di Zaia, ma finito lo scorso anno in prigione per essere stato un pilastro del sistema di corruzione sistematica nato intorno al MOSE all’epoca di Galan (dei 5 miliardi avuti negli anni in dotazione dal MOSE, gli inquirenti hanno scoperto che uno - il 20% - era finito direttamente in tangenti), ma poi da lì diramatosi anche in altre direzioni dell’amministrazione del Veneto.

Il project per la superstrada a pedaggio della Valbrenta (progettazione, realizzazione e gestione) se lo era aggiudicato (ma mancava ancora la stipula della convenzione) una associazione di imprese che vedeva alla guida la Mantovani presieduta da Piergiorgio Baita, uno degli imprenditori chiave della “cupola” del MOSE, arrestato quando è emerso il sistema corruttivo che c’era intorno. Baita ha raccontato agli inquirenti di aver profumatamente pagato l’assessore Chisso, e - per restare al nostro argomento - anche giudici del TAR e del Consiglio di Stato per respingere ricorsi sulla Nuova Valsugana. Direi che ce n’era abbastanza perché a Zaia la patata bollente scottasse fra le mani anche senza i ruggiti di Rossi. Sono infatti tempi duri per i project financing, soprattutto quelli stradali, come dimostra in modo esemplare il caso della BreBeMi. Una seconda autostrada fra Brescia, Bergamo e Milano, parallela alla vecchia A4, affiancata nell’intenzione di spartirsi il traffico. Inaugurata da Renzi un anno fa con l’enfasi della “prima autostrada costruita coi soldi dei privati”, secondo le previsioni doveva costare 800 milioni (per 62 km in pianura) ma invece è costata quasi due miliardi e mezzo, e alla fine del primo anno era in rosso per 35,4 milioni. Il fatto è che erano stati previsti - solo per andare in pari - almeno 40.000 transiti nei primi 6 mesi, 60.000 dal 2015. E invece ad oggi la punta (cioè il massimo, non la media) è stata di 38.000 accessi. La BreBeMi a quel punto ha minacciato il recesso dalla convenzione con la richiesta di rimborso dallo Stato di oltre 2 miliardi, e ha ottenuto dal CIPE contributi per 320 milioni: 260 dallo Stato, 60 dalla Regione Lombardia, più una proroga della concessione fino a 25 anni e ½, e la previsione del subentro da parte dello Stato alla scadenza della concessione, al costo (per lo Stato) di oltre un miliardo.

Per tornare al nostro argomento - la superstrada della Valbrenta - c’aveva azzeccato l’allora vicesindaco di Pove, Paolo Edgardo Gobbato, che già nel febbraio 2012 aveva dichiarato a La Domenica di Vicenza: “Mi sono domandato perché una società debba investire in un progetto che, secondo l’ultima presentazione, non è finanziariamente sostenibile... Il pedaggio dell’arteria, con l’esenzione (forse) dal pagamento di una importante fetta di residenti, ed in mancanza di un’adeguata continuità verso Trento, dovrebbe essere così elevato da scoraggiare chiunque a percorrerla e tantomeno di investirci capitali per la sua realizzazione... Quindi il progetto della Valsugana altro non sarebbe se non lo strumento di pressione sui trentini per convincerli a mollare sulla Valdastico Nord”.

Pare che l’espediente abbia ottenuto l’effetto voluto.

Gli industriali trentini e la Valdastico

Dagli industriali uno si aspetterebbe proposte precise ed efficaci, attente ai costi ed ai benefici... proprio loro che contestano continuamente la politica per inefficienza! Invece sulla Valdastico non c’è verso di sentire da loro qualcosa di serio, ma solo la stanca ripetizione di vecchi slogan, affermazioni basate sul nulla, senza riscontri concreti, senza dati di supporto (e ci si rende conto che la crisi economica è anche crisi di idee).

Prendiamo il caso dell’intervento sull’Adige del 26 agosto del presidente di Confindustria Trento Giulio Bonazzi. Il capo degli industriali trentini è favorevole, e questo lo si sapeva, ma si fatica a capire in base a quali motivazioni: “Leggo - afferma - che c’è chi dice che è un’opera inutile, mi viene quasi da non commentare”. Ma quando poi si convince a commentare cosa vien fuori? La solita vecchia storia della Valsugana: “Tutti i camion che arrivano dall’est Europa e che non è che possono fare più degli 80 all’ora, guardano i chilometri percorsi e quindi se devono scegliere una strada che li porti verso nord andranno sulla Valsugana, dove troveremo una colonna di camion che renderà la vita impossibile in quell’area”.

Se Bonazzi frequentasse i dibattiti che si stanno facendo sul territorio potrebbe sentire Emanuele Curzel commentare i dati che risultano dallo studio fatto fare all’Università di Trento dalla Comunità di Valle, che smentisce completamente queste idee: il traffico sulla Valsugana è, dati alla mano, in stragrande maggioranza un traffico generato dalla Valsugana stessa e sarebbe sostanzialmente insensibile all’apertura della Valdastico (vedi nella pagina a fianco). Quanto poi al famoso camion venuto dall’est, anche in presenza dell’autostrada della Valdastico completata ma a pagamento, perché mai dovrebbe deviare dalla gratuita Valsugana e farsi un pezzo in più per andare a prenderla?

Ma anche le idee viabilistiche degli industriali trentini sembrano poche e confuse. “Il traffico che oggi va sull’A22 - continua Bonazzi - arriverà attraverso un’altra strada ma non è che aumenterà. Sarà solo distribuito meglio rispetto a oggi”.

Meglio in che senso? Attualmente viaggia in pianura facendo fra Vicenza e Trento il giro per Verona, attraversando un territorio già completamente industrializzato e percorrendo un’autostrada che c’è già ed i cui costi di costruzione sono già stati ammortizzati da decenni. Ed a Verona, volendo (e si tratta di instillare questa volontà, anche con politiche tariffare ad hoc), può trovare il centro di scambio modale Quadrante Europa per il passaggio dalla gomma alla rotaia. Per “distribuire meglio rispetto ad oggi”, cioè per farlo viaggiare sulla Valdastico, bisogna prima costruirla, al costo di vari miliardi (da scaricare poi sugli utenti tramite i pedaggi), e conseguentemente sventrare una integra vallata prealpina portando anche lì cemento, inquinamento, traffico. Aggirando il filtro modale del Quadrante Europa, che verrà così vanificato. Bel vantaggio, eh? Sia dal punto di vista economico che da quello viabilistico.

Sono tutte qui le idee degli industriali trentini?

Autostrada della Valdastico, il casello di Piovene, l’ultimo, al momento.

I “divieti settoriali” dell’Austria, e le dichiarazioni di Gilmozzi

Il Ponte Europa presso Innsbruck

Secondo il Rapporto 2014 dell’Agenzia provinciale per l’Ambiente di Bolzano sulla qualità dell’aria, le concentrazioni annuali delle emissioni di biossido di azoto lungo l’asse del Brennero - prodotte dal traffico su gomma - sono abbondantemente superiori al limite di 40 µg/m³ stabilito dalle norme europee, recepite anche in Italia. Dietro questi dati c’è ovviamente un problema di salute pubblica, perché i limiti di ammissibilità per il biossido di azoto vengono introdotti per la sua nocività. Questa grave situazione d’inquinamento ha mosso l’Europa ad avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Da parte sua il Tirolo austriaco ha già annunciato che correrà ai ripari nel 2016 introducendo una serie di divieti settoriali, cioè vieterà di attraversare il proprio tratto autostradale - quindi dal Brennero verso l’Austria - ad automezzi che trasporteranno determinati settori merceologici (materiali pietrosi e terrosi, rifiuti, tronchi, automezzi, minerali ferrosi, marmo, piastrelle ecc.).

A fine luglio si è tenuto a Bolzano un vertice fra Tirolo austriaco e province di Bolzano e Trento per valutare gli effetti dell’introduzione in Austria di questi divieti settoriali, e discutere come è possibile armonizzare queste norme con quelle in vigore nelle confinanti province italiane. Era presente per Trento l’assessore Gilmozzi, che ha auspicato “il dialogo tra le parti per poter lavorare in modo strutturato e trovare un equilibrio fra le richieste e le limitazioni... l’iniziativa del Tirolo del divieto settoriale di transito è un primo impulso in questa direzione... è necessario individuare con le regioni vicine e con il mondo dell’economia misure per una mobilità sostenibile” (L’Adige, 1.8.’15).

Pochi giorni prima, il 27 giugno, aveva dichiarato allo stesso giornale che la nuova autostrada della Valdastico sarebbe “utile per la Valsugana e per Trento”. C’è una palese contraddizione fra queste due diverse posizioni. Apprezzare i divieti settoriali austriaci significa apprezzare modalità introdotte per eliminare parte del traffico, spostandolo obbligatoriamente su rotaia (e fare quindi diminuire l’inquinamento). Sponsorizzare l’apertura di una nuova autostrada diretta sull’asse del Brennero significa l’opposto, portare altro traffico, e, aggirando il filtro modale (per il trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia) veronese del Quadrante Europa, boicottare la ferrovia.

Lettera del sen. Giorgio Tonini (PD) al Comitato contro la Valdastico della Valsugana

Giorgio Tonini

Ho incontrato il ministro Delrio qualche giorno fa, a margine del coordinamento cui ha partecipato anche il presidente della Giunta provinciale Ugo Rossi; gli ho consegnato l’appello e le firme raccolte nel corso della serata di Caldonazzo dello scorso 17 agosto e ho discusso con lui delle prospettive circa l’eventualità della progettazione e della costruzione dell’autostrada A31 Valdastico Nord.

Il ministro ha ricordato come la situazione attuale nasca dal fatto che l’allora governo Berlusconi aveva inserito l’A31 Valdastico Nord nelle infrastrutture strategiche (“Legge obiettivo”). L’attuale governo non può che prendere atto di quella decisione, che se venisse ora disattesa permetterebbe alle controparti interessate (la Regione Veneto e l’A4) di chiedere i danni. E il governo attuale non intende pagare per non far fare l’A31. È dunque costretto ad assecondare l’iniziativa dei proponenti. Quando si parla di spinte dell’attuale governo nazionale sulla PAT per giungere a una definizione del progetto si parla di questo.

Il governo attuale non ha però alcuna intenzione di finanziare l’A31, che riconosce come opera non coerente con l’attuale politica dei trasporti e con i grandi investimenti strategici nel settore ferroviario (per favorire il quale è riuscito ad ottenere anche ulteriori finanziamenti dall’UE). Dunque intende lasciare alla regione Veneto e all’imprenditore privato tutto l’onere di tale costruzione.

Il governo non può dunque costringere l’A4 ad abbandonare il progetto dell’A31 e non può fare in modo che la concessione del tratto Brescia-Padova sia rinnovata in cambio di un investimento nel settore ferroviario (come è stato fatto invece con l’A22).

È però noto che la Valdastico costa troppo per potersi autofinanziare: dunque il sostegno della finanza pubblica sarebbe indispensabile. Se la costruzione dell’A31 non verrà in alcun modo sostenuta dall’attuale Governo - cosa che Delrio ha garantito - è ragionevole sperare che saranno gli stessi soggetti che ora dicono di volere l’A31 (Regione Veneto e A4) ad abbandonare quel progetto in favore del potenziamento della ferrovia.

Roma, 3 settembre 2015

Giorgio Tonini