Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 10, ottobre 2014 L’editoriale

A Trento il Papa non fa testo

Girolamo Savonarola

Questa volta Papa Francesco è passato dalle parole ai fatti. L’arresto (in Vaticano!) di un monsignore polacco, già ridotto allo stato laicale, sotto processo per pedofilia, segna davvero un cambio di stagione. Un tempo oltrepassare le mura leonine significava essere al sicuro: tutto sarebbe stato insabbiato e dimenticato. Magari ci sarebbe stato uno spostamento ad altra diocesi. Oggi pure il segretario CEI critica questa prassi, fa mea culpa e si propone “tolleranza zero”. Un’ulteriore novità sta nel fatto che il Papa rivendichi pubblicamente la sua azione, promettendo di non guardare in faccia nessuno. Da Roma sembra spirare un vento nuovo, con parole nuove, un vento che però fatica ad arrivare dappertutto.

Mons. Luigi Bressan

Fatica almeno a giungere a Trento, dove l’Arcivescovo Bressan si mostra capace di scivoloni inauditi nel delicato campo dei diritti civili e del rapporto con la politica. Bressan di solito è prudente - secondo un ragionare democristiano in grado di non dire nulla moltiplicando i discorsi - ed è aggiornato sulle tendenze ecclesiali del momento. Ma in un’intervista a Vita Trentina in merito alla legge sull’omofobia in discussione in Consiglio Provinciale, il presule riesce a inanellare una serie di luoghi comuni incredibile che la dice lunga sulla sua conoscenza della materia. Pressato evidentemente dai gruppi cattolici più oltranzisti, dalle “Sentinelle in piedi” alle associazioni “per la famiglia” di ogni ordine e grado, mons. Bressan in poche righe paragona l’omosessualità alla pedofilia, teme la riduzione della libertà di coscienza proprio in Trentino e addirittura la fine della distinzione tra reparti maschili e femminili negli ospedali (peccato che sia già così nella massima parte dei casi). Comunque sia, “anche un omosessuale può diventare santo”, purché viva in castità.

Questa intervista potrebbe non interessare a QT, anche se testimonia una volta per tutte l’arretratezza su certi temi della nostra diocesi che per altro non si segnala per grandi novità in altri campi. Ricordiamo che a celebrare l’anniversario del Concilio è arrivato l’applauditissimo cardinale Brandmueller, ora nel gruppo dei conservatori più conservatori che vogliono bloccare qualsiasi riforma in vista del sinodo sulla famiglia che comincerà ai primi di ottobre.

Meraviglia invece che il nostro vescovo si meravigli perché nessun politico è andato a bussare alla porta della curia prima di proporre la legge in questione. Bisognava forse avere il suo benestare? Sembra che non sia arrivato alle nostre contrade il vento che si sta respirando Oltretevere: mai come con Papa Francesco la Chiesa è stata lontana dagli affari della politica italiana. Così il Parlamento può finalmente varare la legge sul divorzio breve, e pure la famigerata legge 40, quella sulla fecondazione assistita, è ormai stata completamente superata, anche se per via di sentenze della magistratura.

Possibile che invece il nostro Consiglio Provinciale si lasci influenzare così tanto? Per fortuna questa volta abbiamo sentito almeno un profumo di laicità. Al di là di qualche sbandata iniziale la maggioranza di centro sinistra ha tenuto nella difesa della legge, trovando un punto di accordo positivo. Il relatore Mattia Civico, un cattolico senza ombra di dubbio, ha sostenuto in aula le ragioni di un provvedimento includente, di stampo europeo, che tutela i diritti di tutti. Altro che ideologia di genere!

Sulla questione si sono riviste anche le due anime del Patt: ma se anche il capogruppo Lorenzo Baratter si dice favorevole alla legge, vuol dire che i timori vescovili sono del tutto infondati. Niente da fare invece per Rodolfo Borga (Civica Trentina), sentinella in piedi contro la presunta lobby omosessuale che vuole togliere alle famiglie la possibilità di educare liberamente i propri figli: l’ostruzionismo suo e del centrodestra sta bloccando da giorni il varo della legge.

Sarà importante capire come la maggioranza porterà a casa questa norma. Potrebbe essere uno dei primi e pochissimi segni distintivi dell’azione del Partito Democratico. Perché, se la legge era di iniziativa popolare, va riconosciuto che a livello istituzionale è stato il gruppo democratico (peraltro spesso abulico) a portarla avanti.