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Mele e paesaggio

Donata Lenzi

Una vera sventura, questa precoce nevicata con crollo delle reti anti-grandine sui frutteti, in cui le mele non erano ancora state raccolte, e con la distruzione di tutto.

Perché non facciamo venir fuori da questo ingentissimodanno un qualcosa di positivo?

Sono anni che lettere su lettere (anche alcuni politici si sono espressi in questo senso) lamentano il danno ambientale e paesaggistico provocato da questa massa di teli bianchi che deturpano le nostre valli coltivate a mele.

Anche se, per me, un danno altrettanto grave è dato dalle serre per la coltivazione dei piccoli frutti che devastano la Valsugana dal Cirè in giù ed il Pinetano (guarda un po’, il biotopo del lago Pudro!). Ogni volta che vedo queste serre mi viene in mente un accampamento di carri nel Far West, ma pare che per questi devastanti “carri” nessuno sia disposto a spendere una parola.

Per tornare ai teli anti-grandine, dato che - suppongo - bisognerà rimetterli, per favore!, non rimetteteli pari pari bianchi come quelli caduti, che già erano uno scempio, ma neri, o tutt’al più grigi scuri come nella Bassa Atesina dove, oltre alle viti, c’è pure una fiorente coltivazione di mele e il turismo, per cui sono molto attenti anche al paesaggio. Per non parlare della Val Venosta, paradiso delle mele, dove ci sono pochissimi teli bianchi ed un grosso turismo.

In Val di Non, invece, sembra che siano state messe ad asciugare le lenzuola di tutte le case, solo che queste lenzuola non si asciugheranno mai e resteranno sui meleti per i secoli a venire. Si dice che con i teli bianchi le mele diventino più “croccanti” e quindi più appetite dal mercato. E quelle dell’Alto Adige, coltivate sotto i teli neri, forse che restano invendute? Non mi pare proprio: lì hanno mele e paesaggio gradevole, noi mele e paesaggio non particolarmente bello.

Invito le associazioni dei contadini, l’Istituto di San Michele e quanti sono interessati in vario modo alla melicoltura ad avere un occhio di riguardo, oltre che per le mele, anche per il paesaggio e l’ambiente in cui le stesse vengono coltivate.

Approfittiamo di questa drammatica occasione per cambiare in meglio la faccia della Valle di Non.

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